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domenica 20 marzo 2022

esistenza, infanzia e desiderio

L'obiettivo che Massimo Recalcati si prefigge con il suo volume Ritorno a Jean-Paul Sartre. Esistenza, infanzia e desiderio è quello di correggere la versione stereotipata del soggetto sartriano come pura trascendenza della libertà, mostrando invece come il movimento più profondo del suo pensiero implica una concezione della soggettività come ripresa, assunzione retroattiva, soggettivazione di quello che il filosofo francese stesso definisce il carattere insuperabile e inassimilabile dell’infanzia.
Il soggetto, infatti, non è Sovrano, non è Sostanza, non è un Ego, e questo poiché, semplicemente, nessun soggetto può essere senza infanzia. La sua vocazione originaria non sorge dall’intenzionalità, non è, paradossalmente, una libera scelta del soggetto, ma proviene sempre, come direbbe Lacan, dal discorso dell’Altro. Il soggetto può certo guadagnare la sua singolarità, ma solo rimodellando incessantemente le tracce indelebili di questo discorso. Perciò, il Sartre più maturo dissolve l’idea di un’esistenza libera che precede ogni essenza, mostrando invece quanto l’esistenza si trovi da sempre sommersa, insabbiata, presa in circuiti di costrizione eterodiretti, inclusa nell’alienazione della storia, obbligata ad una passività di fondo costituita dalle marche traumatiche del desiderio degli Altri. Costituzione e personalizzazione scandiscono il rapporto necessario del soggetto con gli eventi contingenti della propria infanzia.
È allora possibile per il soggetto essere libero, se la sua vita è costituita dall’Altro? E come dobbiamo ripensare una libertà che non escluda il destino? Ancora, cosa significa scegliere la propria vita se la nostra prima vocazione è stata scelta dagli Altri? Cosa significa, insomma, pensare, come sostiene Sartre, l’infanzia al futuro?
L'interesse sartriano per l’infanzia è profondamente legato a quello nei confronti del processo di soggettivazione. L’infanzia viene infatti considerata un tempo originario dell’esistenza in cui l’evento della soggettività è preceduto dal discorso dell’Altro, anticipato come oggetto di questo discorso, costretto in una necessità profonda. Per questo l’infanzia viene descritta da Sartre come insuperabile, inassimilabile, un’opaca profondità che impone al processo di soggettivazione ritorni spiraliformi continui su di essa. Sono i resti indimenticabili, i traumi, le parole dell’Altro, le sue impronte a contrassegnare in modo indelebile ogni processo di soggettivazione. È qui che si gioca il destino del soggetto e la sua libertà di riuscire a fare qualcosa di ciò che lo si è reso.
Questa nozione di libertà come petit décalage (piccolo scarto) ci consegna una soggettività dai caratteri molto diversi da quella definita nell’ontologia esistenzialista de L’essere e il nulla come progetto e scelta.
È, secondo Recalcati, il grande tema dell’eredità. L’ereditare non come acquisizione passiva, ma come movimento in avanti, aperto sull’avvenire, riconquista, impegno a riscrivere le tracce già scritte nel nostro passato. È l’eredità come invenzione singolare che non può che generarsi come una conversione inedita e singolare della ripetizione che scaturisce dal nucleo opaco della nostra infanzia primordiale
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