Questo mese sono riuscito a scrivere poco o nulla - anche per i tanti pomeriggi passati a scuola tra collegio docenti, ricevimento generale delle famiglie, corsi di formazione sul gioco strutturato nella sua pratica educativa quotidiana e sul fare storia mediante il gioco e i mattoncini. Ma il post che raccoglie, in ordine crescente di preferenza, le letture mensili che non sono state oggetto di specifici post non poteva mancare.
Opera prima di Hiroko Oyamada, La fabbrica ritrae il titanico ecosistema della vita lavorativa moderna, in cui l'esistenza umana sembra naufragare. La fabbrica è grande, grigia e assomiglia in tutto e per tutto a una vera e propria città, con un ponte a due corsie, un servizio di autobus e una propria compagnia di taxi, vetture e furgoni con il suo celebre logo che percorrono tutti i giorni le strade dei dintorni, e non vi è genitore che non auguri ai figli una brillante carriera alle sue dipendenze. Per la giovane Yoshiko, fresca di laurea, l’assunzione nella fabbrica rappresenta di certo un sogno che si realizza, e poco importa che il lavoro le venga pagato a ore, sia a tempo determinato e preveda un’unica mansione: azionare una macchina distruggi documenti per tutto il giorno, in qualità di membro della cosiddetta «Squadra distruttori». Per il briologo esperto in muschi Yoshio il salto di qualità è evidente: da ricercatore precario di una università di provincia a dipendente a tempo indeterminato nella famosa azienda in cui, a detta del suo professore, tutti i migliori laureati del paese sognano di entrare. E così Yoshio si ritrova a dirigere l’ufficio «sviluppo tetti verdi» del Reparto nuove soluzioni ambientali, che nemmeno esisteva prima del suo arrivo. L’assunzione nella fabbrica pare provvidenziale anche per Ushiyama, che lavorava come tecnico informatico per una piccola ditta prima di essere licenziato in tronco e senza spiegazioni: ora lavora come correttore di bozze al Reparto dati e documenti della fabbrica, ha a che fare solo con fogli di carta, penne e matite e ancora non ha capito se deve ritenersi fortunato. Tre giovani vite dedicate a una liturgia, il lavoro nella fabbrica, che, come un servizio di culto dovuto a un dio sconosciuto, governa il loro tempo. Che cosa produce, infatti, la fabbrica? Ed esiste ancora un mondo oltre i suoi confini?
Con Il giardino magico, Kaho Nashiki omaggia i giardini segreti dell’infanzia di ognuno e incoraggia i lettori a affrontare le proprie ferite, accettarle e convivere con esse. L'ambientazione è costituita da una grande villa in stile occidentale - dove erano vissuti i Burness prima di tornare in Inghilterra allo scoppio della Seconda guerra mondiale -, nel parco, ormai abbandonato, della quale avevano giocato generazioni di bambini. Una di loro, Terumi, è ora un’adolescente in conflitto con i genitori. La sua famiglia è stata colpita da una tragedia difficile da superare e lei ha trovato rifugio nei racconti del nonno di un’amica. Ma anche le storie più incredibili hanno un fondo di verità, e Terumi è venuta a conoscenza dell’esistenza di un giardino segreto a cui si può accedere pronunciando una formula magica davanti a un antico specchio di villa Burness. Ha quindi inizio la sua avventura in un mondo fantastico strettamente intrecciato alla realtà che la porterà a scoprire la verità sulla sua famiglia e su se stessa.
I Nove racconti di J.D. Salinger mostrano lo humor, la spietatezza, la grazia e la tragica amarezza del loro autore. Il loro punto di partenza è il "parlato" più colloquiale e modulato sulle effimere cadenze della moda. Per Salinger solo i bambini e chi ha vissuto l'orrore della guerra è vicino alla verità. Il dialogo dei bambini è una finestra su una realtà diversa e vertiginosa. Ma anche una conversazione pomeridiana tra amiche o la telefonata di un uomo che è a letto con una donna non sua diventano occasioni di poesia, nutrita di grande pietà umana.
Con Missitalia Claudia Durastanti consegna un romanzo in cui la geografia prevale sulla storia. Nella Lucania, infatti, ambienta tre storie di epoche diverse, in cui il paesaggio è lo stesso ma le vicende sono profondamente dievrse e slegate. Amalia Spada è un’avventuriera lontana dai tumulti che agitano la nazione che sta per nascere: donna dallo spirito irrequieto e temerario, vive in una casa tra i calanchi lucani diventata un rifugio per creature diseredate e ribelli in cerca di una nuova vita, per ragazze selvatiche e uomini dalla forza mozzata. Quando arriva l’industrializzazione, la fabbrica piomba nelle loro vite come un oscuro oggetto del desiderio, mutandone per sempre il destino. Negli anni del dopoguerra e della corsa all’energia, una giovane antropologa di nome Ada esplora la Basilicata del sortilegio e del petrolio mentre scopre diverse incarnazioni dell’amore: muovendosi tra centri di potere e impianti d’estrazione, Ada si ritrova invischiata in un Sud perturbante e magnetico che rivoluziona il corso della sua esistenza. Cento anni più tardi, la Lucania è diventata la base per la colonizzazione della Luna, da cui partono le navicelle dell’Agenzia Spaziale Mediterranea dirette al Mondo Nuovo. In questo insediamento avveniristico, si trova A, una donna solitaria e libera che ridà vita a oggetti non più desiderati per conto dell’Agenzia, donna nel cui passato c’è stato un marito, ma anche il bisogno di andare lontano, e nel cui presente c'è la voglia di conciliarsi con l’idea della fine.
Un grande appassionato di gialli è il protagonista della serie di Piergiorgio Pulixi il cui primo volume è La libreria dei gatti neri. Questo - o, meglio, Les Chats Noirs, omaggio anche ai due gatti neri che un giorno si sono presentati in negozio e non se ne sono più andati, da lui soprannominati Miss Marple e Poirot - il nome della piccola libreria specializzata in romanzi polizieschi che Marzio Montecristo ha aperto da qualche anno nel centro di Cagliari. Nonostante il brutto carattere del proprietario, la libreria è molto frequentata, ed è Patricia, la giovane collaboratrice di Montecristo, di origini eritree, a salvare i clienti dalle sfuriate del titolare. La libreria ha anche un gruppo di lettura, “gli investigatori del martedì”, un manipolo di super esperti di gialli che si riuniscono dopo la chiusura per discettare del romanzo della settimana. È una banda mal assembrata ma molto unita, di cui Marzio è diventato l’anima, suo malgrado. Un anno prima il gruppo si è dimostrato capace di aiutare una vecchia amica di Montecristo, la sovrintendente Angela Dimase, a risolvere un vero caso da tutti considerato senza speranza, amica che ora torna a chiedere la loro collaborazione per un’indagine che le sta togliendo il sonno: un uomo incappucciato si è presentato a casa di una famiglia, ha immobilizzato due coniugi e il loro figlioletto e ha intimato all’uomo di scegliere chi doveva morire tra la moglie e il figlio, e se non avesse deciso entro un minuto, li avrebbe uccisi tutti e due. Il sadico killer viene presto soprannominato «l’assassino delle clessidre», visto che sulla scena del crimine ne lascia sempre una. Riusciranno gli improbabili “investigatori del martedì” a sbrogliare anche questo caso?
La donna della mansarda è il sesto caso del commissario Arcadipane e di Corso Bramard, i personaggi di Davide Longo, ma è il primo suo romanzo che leggo. Nell'ottobre del 2013, a Torino una donna di trentasette anni scompare senza lasciare tracce. Niente di clamoroso, se la donna in questione non fosse stata Tina, pittrice di fama internazionale che da tempo viveva rinchiusa nel suo appartamento-studio all'interno della Prora, il bizzarro palazzo progettato dal bisnonno architetto. Quando il caso viene archiviato come allontanamento volontario, Muriel Gallirossi - agente, confidente e tuttofare di Tina - si rivolge a Bramard: è sicura che l'amica sia stata assassinata. Corso sa che le indagini sono state approfondite e che il presunto responsabile ha un alibi di ferro, eppure - nemmeno lui saprebbe dire perché, forse a turbarlo sono i quadri di Tina, forse la bellezza di Muriel - decide di parlarne con Arcadipane.
A Trieste Marco Balzano ambienta il suo romanzo Bambino. La Seconda guerra mondiale è appena finita, un uomo beve un caffè al bancone del bar, qualcuno lo chiama, lui si gira ma sente già la canna di una pistola puntata contro la schiena. Tutti lo conoscono come «Bambino»: è stato la camicia nera più spietata della città, ha ucciso e fatto uccidere, ha sempre cercato di stare dalla parte del più forte e si è sempre ritrovato dalla parte sbagliata. Una romanzo storico e civile, una storia veloce quanto un proiettile che attraversa guerre, confini, tradimenti, che indaga il rapporto tra individuo e collettività, tra le scelte personali e i grandi rivolgimenti della Storia, e con un personaggio duro. Mattia nasce a Trieste nel 1900, la sua infanzia irrequieta, forse, è già un presagio: un fratello che parte per l’America, un amico che presto lo abbandona. Quando scopre che la donna che lo ha cresciuto non è la sua vera madre, dentro di lui qualcosa si spezza e nel petto divampa un fuoco freddo che non saprà mai domare. L’ingresso tra le file degli squadristi è una conseguenza quasi naturale. Nonostante il soprannome che gli hanno affibbiato per il suo viso da fanciullo, «Bambino», Mattia ostenta una ferocia da boia. Ma prima ancora dell’ideologia, prima della violenza e della brutalità antislava, il motivo per cui indossa la camicia nera e batte palmo a palmo le terre contese è la speranza di ritrovare quella madre senza nome né volto. La ricerca di una donna che non ha mai conosciuto diventa il senso di tutto. Suo padre, un vecchio orologiaio sicuro che le persone si possano riparare come gli ingranaggi, è l’unico a conoscere la verità ma la tiene sigillata in un silenzio blindato quanto una cassaforte. Nella frontiera d’Italia più dilaniata, la vita di Mattia scivola su un piano inclinato: ogni giorno una nuova spedizione, un nuovo assalto, una nuova rapina. E poi, tutto d’un fiato, lo scoppio della guerra, i nazisti in città, l’occupazione jugoslava di Trieste, le foibe. Un’esistenza vissuta da cane sciolto, scandita da un implacabile conto alla rovescia. Un romanzo palpitante in cui il giudizio - anche di fronte alle azioni più estreme - è sempre fuori scena.
Aggiungo qui anche Va', metti una sentinella, seguito del romanzo di Harper Lee, in cui la ventiseienne Jean Louise "Scout" Finch torna a casa da New York per visitare l'anziano padre, Atticus. Ambientato sullo sfondo delle tensioni per i diritti civili e il trambusto politico che negli anni cinquanta stanno trasformando il Sud degli Stati Uniti, questo ritorno assume un sapore agrodolce quando "Scout" viene a sapere verità inquietanti sulla sua famiglia, sulla cittadina e sulle persone che le sono più care. Questo ritorno è però estremamente deludente dal punto di vista della lettura, fatto da ricordi dell'infanzia giustapposti alla narrazione che sembrano solo parti espunte o non utilizzate del primo romanzo, e da personaggi che, più che essere compresi in modo più completo, appaiono quasi stravolti rispetto a quello che erano.