Se c'è un personaggio tra gli X-Men che ben rappresenta il concetto di mutazione è senza dubbio Psylocke. Non solo, nel corso della sua vita, è stata tantissime "cose" (pilota, modella, spia, giustiziere mascherato), ma è proprio nel cuore del suo essere che risiede un'inquietante e perturbante instabilità, come se il suo naturale stato di riposo consistesse proprio nel mutare. Mutando riposa, per usare un'oscura espressione di Eraclito. I suoi poteri telepatici e telecinetici, infatti, si manifestano in due forme espressive apparentemente alternative e contraddittorie: una farfalla e una katana. Come due espressioni di due opposti estremi: il potere e il controllo.
Ma la contraddizione è, appunto, soltanto apparente e superficiale. La farfalla, infatti, è sì simbolo di finezza, tocco delicato, controllo, ma – come del resto spiega anche Peter Milligan nella serie 5 Ronin, in cui alcuni personaggi della Marvel, tra cui Psylocke appunto, vengono trasportati nel Giappone medievale e impegnati ognuno a percorrere il proprio sentiero verso la vendetta – «in Giappone le farfalle sono venerate perché combinano vigore e grazia. Il vigore del volo e la grazia e la leggerezza per posarsi su questi delicati fiori», abilità di cui avrà bisogno anche la giovane O-Chiyo/Psylocke se dovrà farsi strada in questo mondo violento.
D'altra parte, come invece in un'occasione spiega la stessa Psylocke (su testo di Mike Carey), «per maneggiare una katana, la forza, il potere grezzo, non è neanche la metà di ciò di cui si ha bisogno. La spada deve divenire un'estensione del braccio, della volontà. Bisogna lasciarla volare, e dopo richiamarla a casa. Come se fosse un essere vivente sensibile ad ogni pensiero». Lasciare volare la spada, come un essere vivente, come una farfalla, leggera e vigorosa.
La farfalla e la katana, allora, non sono semplicemente due differenti espressioni del potere tra cui scegliere: «la spada può essere la farfalla. La delicatezza può vivere dentro il potere. Dirigendolo. Focalizzandolo. È come certe ambigue immagini di un vecchio libro: due volti o un vaso; una vecchia donna o una giovane ragazza. Non sono due cose. È la stessa cosa vista sotto prospettive diverse».
Come nelle classiche figure ambigue ed enigmatiche della psicologia, come in alcune litografie di Escher, come nell'eraclitea strada all'in su e all'in giù che è in realtà la stessa, il divenire, l'instabilità o la non fissità dell'identità, la fluidità dell'essere al di là delle superficiali e sbrigative apparenze, sembra essere la regola di ogni realtà.