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giovedì 30 giugno 2016

letture di giugno

In preparazione del prossimo mese, che da un po' di anni è quello del festival del contemporaneo PopSophia - dove la filosofia indaga il pop e il pop racconta la filosofia -, un po' di letture in cui filosofia e cultura popolare si ibridano, si affrontano e si scoprono. Ovviamente si inizia dal tema di quest'anno del festival, Il Ritorno della Forza, con Star Wars and Philosophy: libertà e predestinazione nella famiglia Skywalker, stoicismo e filosofie orientali nel culto Jedi, ambiguità morali, il problema del male e della sua giustificazione, l'etica della guerra, la questione della tecnica, i dilemmi dell'intelligenza artificiale, la dialettica hegeliana, interrogativi politici su tirannide, democrazia e repubblica.
Due letture per Sherlock Holmes - tema anche dei buoni apocrifi di Luca Martinelli Il palio di Sherlock Holmes e Sherlock Holmes e la morte del cardinale Tosca - con il mediocre The Philosophy of Sherlock Holmes e con il migliore Sherlock Holmes and Philosophy: Holmes come lo spinoziano uomo saggio capace di non essere affetto dalle passioni che rendono schiavi - modello che pone le basi per eroi moderni come Dr. House, Bones, Spock -, le regole del ragionamento logico deduttivo, induttivo e abduttivo, uno studio sull'amicizia, il tema della noia, i rapporti con la fortuna, l'azione, l'immaginazione, l'inganno e la menzogna.
Ancora filosofia e letteratura con il bel Stephen King and Philosophy: Dio e il male, la costruzione dell'identità femminile in un confronto tra Carrie e Simon de Beauvoir, la sfida tra transumanismo e bioconservatorismo, Roland della serie La Torre Nera e il nicciano eterno ritorno - ma anche l'etica utilitaristica -, l'analisi aristotelica dell'amicizia e i racconti di Stagioni diverse, l'Overlock Hotel di Shining come foucaultiana eterotopia, utopia e distopia in L'uomo che corre e La lunga marcia, il genere horror e la compassione schopenhaueriana, viaggi nel tempo e preveggenza. 
Passando ai fumetti, Batman Unauthorized: il realismo e il grottesco, sovversione e conservatorismo, l'essenza del Joker, la figura paterna di Ra's al Ghul, la (im)possibilità di un ritiro per Bruce Wayne, la follia di Arkham.

In Deadpool Killustrated il mercenario chiacchierone dei fumetti Marvel, consapevole di essere solo un personaggio dei comics e di vivere in una dimensione perciò fittizia, e vista l'impossibilità di liberarsi e di liberare gli altri da tale realtà di finzione perché gli autori continuano a riscriverli, decide di andare alla fonte del problema, a quella realtà prima e ideale da cui il suo mondo finto deriva, cioè la letteratura classica e si mette a ucciderne tutti i protagonisti (Moby Dick, Don Chisciotte, Dracula, etc.) cosicché il mondo dei fumetti non possa più essere riscritto perché ne è venuto a mancare il modello, l'archetipo, l'idea. Deadpool uccide i classici per porre fine a quel mondo falso, di favola, di finzione, che sa essere la sua realtà. Più che un fumetto un saggio filosofico.

Da aggiungere: il non splendido ma lunghissimo romanzo di Yehoshua Kenaz Non temere e non sperare, sul servizio militare nello Stato di Israele; il thriller Un finale perfetto del sempre affidabile John Katzenbachfinito il seminario a scuola sulle Meditazioni metafisiche di Cartesio; molto interessante e ricco di spunti, suggestioni e temi da approfondire il saggio di David Graeber sul perché ci perseguita e insieme ci rende felici la Burocrazia; i saggi di Gianni Vattimo raccolti in Le avventure della differenzaquelli di Carlo Sini su semiotica e filosofia di Eracle al bivio, quelli di Claudio Magris sul "grande stile" nella letteratura moderna in L'anello di Clarisse.

Inizia, infine, un periodo di letture su Nietzsche con la biografia di un'apolide dell'esistenza scritta da Massimo Fini, l'introduzione di Gianni Vattimo e uno dei primi saggi critici sul filosofo, Il culto di Nietzsche di Ferdinand Tönnies.

giovedì 23 giugno 2016

infilzato dall'allievo

Dal considerare un maestro come una meta, un fine, un arrivo, si deve essere preservati dalla sequenza di tre termini, gesti, momenti, che nelle arti giapponesi tracciano il cammino dall’apprendistato alla maestria.
Shu, difendere, proteggere, custodire: osservare, conoscere, amare i modelli espressi dal maestro. 
Ha, rompere, spezzare, distruggere: colpire con il martello, tagliare con la katana.
Ri, lasciare, abbandonare, liberare: separazione ingrata, dare nuova forma e nuovo stile. 
La dinamica dell’apprendere è quella di un duello: il maestro deve essere affrontato, unico motore possibile per la crescita dell’allievo. L’allievo deve essere in tensione verso la formazione di sé, verso la costruzione di un suo proprio stile. Solo quando è infilzato dall’allievo il maestro ha avuto successo. Il maestro non deve essere pastore, né l’allievo gregge, ma qualcosa di diverso, totalmente.

(Filosofare con la katana. Nietzsche reboot)

martedì 14 giugno 2016

tre competenze per cui si ha bisogno di educatori

A scuola è tempo di imparare a programmare per competenze, ecco allora le tre competenze per insegnare le quali si ha bisogno di educatori: allargare il buco del culo, danzare, forgiare. 
Sembra che nel linguaggio tipico delle canaglie giapponesi su due ruote – che possono rivelarsi grandi insegnanti – avere il buco del culo piccolo sia un modo di dire, forse crudo, che significa essere meschino. Quindi la prima competenza è la generosità, la nobiltà del disinteresse e dell’ospitalità: sospendere il giudizio, che discrimina l’ostile, l’estraneo, il nuovo, imparare a aprirsi alla conoscenza, alla comprensione, all’assenso. Questa generosità riempie, colma il fondo degli occhi di unicorni e draghi di fuoco, castelli e isole. Questa generosità restituisce futuri più ricchi, garantisce un vero avvenire, eventi a venire.
Seconda competenza, insegnare a danzare, e che i fremiti dei piedi leggeri si riversino e diffondano per tutti i muscoli, sciogliendone la rigida imbranataggine, fino anche a quella di una goffa mano, fino a avere dita buone per le sfumature, per l’arte di piegare la carta e ottenere da un piano foglio gru che sbattono le ali distese e rane pronte al salto – ancora, unicorni e draghi. Insegnare a danzare con i piedi, con le idee, con le parole, con la scrittura. Danzare, finché c’è musica, senza fermarsi né chiedersi perché o che significhi, senza bloccare i piedi – piedi leggeri, nudi, sciolti, liberi. Senza fermarsi, danzare anche se si può sembrare stupidi, un passo dopo l’altro continuare a danzare, senza avere paura, finché i piedi non siano più leggeri e sicuri. Danzare, danzare, danzare – e bene, con maestria, con grande stile. 
Terza competenza, forgiarsi un’arma o un’armatura: colpisce forte il martello, risuona limpido l’acciaio, rosso e ardente, sempre più duro. Di esso fare la corazza della propria marca e la katana rifinita con la bellezza e l’eleganza di uno stile singolare.

(Filosofare con la katana. Nietzsche reboot)

lunedì 6 giugno 2016

il beccarsi il colpo migliore dell’altro

Il modo in cui affrontare il pensiero filosofico è la lotta, la pulsione agonistica. Non si ha bisogno solo di amici ma anche di rivali. Il pensiero è un agone più che un’infinita conversazione, una discussione seduti intorno a un tavolo – o peggio una comunicazione da dietro una cattedra, da sopra un rialzo. Nel pensiero si ha bisogno di atleti: che cos’è la filosofia se non un esercizio pericoloso, lo scivolare su nuovi piani come su un’onda il surfista, il beccarsi il colpo migliore dell’altro e rimanere ancora in piedi come un boxer, il contrattaccare a un fiero servizio come un tennista? Si ha bisogno di guerrieri: che cos’è la filosofia se non lo sfrontato fiondare pietre creandone meteoriti, il forsennato fondere vecchi concetti come si può fare con un cannone per ricavarne nuove armi, proiettili con cui a forza forare le assuefatte opinioni? Non ci si può, non ci si deve, limitare a rimestare concetti antichi e, soprattutto, già belli e pronti, a ripulire scheletri o rosicchiare ossi.
Nell’agone tra atleti rivali che è il pensiero, a chi pratica la lotta senza avere una preparazione apposita, a quelli che se ne vanno intorno dando colpi fiacchi, loffi, e credendosi ingannevolmente padroni del campo, si deve saper rispondere, con argomenti insoliti nelle diatribe accademiche ma filosoficamente del tutto leciti. 

(Filosofare con la katana. Nietzsche reboot)

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