Nella mitologia, nelle fiabe che leggiamo ai bambini, alla donna assegniamo sempre gli stessi ruoli. È Arianna abbandonata, Penelope al telaio, Andromeda incatenata. È Cenerentola, o la Bella addormentata nel bosco che attende di essere salvata dal Principe azzurro. È colei che attende, che può trovare il proprio posto nel mondo solo attraverso l’amore di un uomo.
La bambina impara presto ad ammirare gli uomini, gli eroi tradizionali. Molto spesso prova solo pietà e disprezzo per la misera vita domestica di sua madre. Magnifica invece la personalità del padre: è lui a rappresentare la forza, il potere, una finestra sul mondo, sulla vita e sul futuro. La bambina desidera identificarsi con lui, e in questo modo riconosce e ammette la superiorità dell’uomo sulla donna che è destinata a diventare. Il desiderio di piacere agli altri è radicato in ogni bambino. I bambini amano sentirsi vivi. Giocando, sviluppano il senso dell’indipendenza, ma per loro è anche importante sentire di avere sopra la testa il tetto rassicurante dell’approvazione adulta. Il bambino maschio impara presto che, per guadagnarsi la stima degli adulti, non deve sforzarsi di compiacerli troppo. Dev’essere forte, autonomo, avventuroso, deve cercare di conquistare il mondo e dominare i compagni. La bambina invece è incoraggiata da genitori, insegnanti, amici, di fatto dal mondo intero, a sviluppare il suo potere di seduzione, a essere aggraziata, ben vestita, educata. Queste richieste le impediscono di godersi i piaceri del gioco, dello sport e dell’amicizia con la stessa spontaneità dei compagni maschi. Inizia a crearsi un circolo vizioso: più si conforma con docilità all’ideale che le è stato imposto, meno sviluppa le sue potenzialità personali e meno troverà delle risorse dentro di sé. È costantemente spinta a rivolgersi agli uomini, a cercare un aiuto esterno. Il suo senso di dipendenza e la sua debolezza aumentano. Il fatto che sia la prima a esserne convinta rende reale la sua inferiorità.
In questa prospettiva si spiega perché finora le donne abbiano raggiunto solo di rado quello che è comunemente chiamato genio. I geni sono creature eccezionali che in circostanze specifiche hanno osato ciò che nessuno aveva mai osato prima. Cosa che di per sé presuppone solitudine e fierezza. Presuppone che non si cerchi con ansia lo sguardo degli altri per capire se esso racchiuda approvazione o biasimo, ma che si guardi con coraggio verso orizzonti ancora insospettabili. L’educazione - il mondo intero, di fatto - insegna alle donne la timidezza.
Frivole o serie, le donne sono sempre ligie. In altre parole, accettano il mondo: il loro sforzo consiste solo nel cercare un posto su questa Terra. Le donne temono che perdendo questo senso di inferiorità possano perdere anche ciò che le valorizza agli occhi degli uomini: la femminilità. La donna che si sente femminile non osa partecipare alle attività politiche o intellettuali dell’uomo, né considerarsi una sua pari. Viceversa, se una donna si libera dal complesso d’inferiorità nei confronti degli uomini, se ha un brillante successo negli affari, nella vita sociale e professionale, spesso soffre di un complesso d’inferiorità nei confronti delle altre donne. Si sente meno affascinante, meno amabile, meno piacevole proprio perché priva di femminilità.
In questa prospettiva si spiega perché finora le donne abbiano raggiunto solo di rado quello che è comunemente chiamato genio. I geni sono creature eccezionali che in circostanze specifiche hanno osato ciò che nessuno aveva mai osato prima. Cosa che di per sé presuppone solitudine e fierezza. Presuppone che non si cerchi con ansia lo sguardo degli altri per capire se esso racchiuda approvazione o biasimo, ma che si guardi con coraggio verso orizzonti ancora insospettabili. L’educazione - il mondo intero, di fatto - insegna alle donne la timidezza.
Frivole o serie, le donne sono sempre ligie. In altre parole, accettano il mondo: il loro sforzo consiste solo nel cercare un posto su questa Terra. Le donne temono che perdendo questo senso di inferiorità possano perdere anche ciò che le valorizza agli occhi degli uomini: la femminilità. La donna che si sente femminile non osa partecipare alle attività politiche o intellettuali dell’uomo, né considerarsi una sua pari. Viceversa, se una donna si libera dal complesso d’inferiorità nei confronti degli uomini, se ha un brillante successo negli affari, nella vita sociale e professionale, spesso soffre di un complesso d’inferiorità nei confronti delle altre donne. Si sente meno affascinante, meno amabile, meno piacevole proprio perché priva di femminilità.
Sa che il successo non rappresenta un vantaggio agli occhi degli uomini, ma rischia anzi di allontanarli. L’uomo invece deve lottare a un solo livello. C’è una perfetta omogeneità nel modo in cui cerca di realizzare la propria personalità. Se ottiene potere nel mondo, prestigio agli occhi degli altri uomini, fierezza e sicurezza interiori, acquisisce al tempo stesso più virilità perché sono esattamente l’indipendenza e la forza le qualità che le donne si aspettano da un uomo. È questa la contraddizione che affligge molte donne oggi: o rinunciano in parte a realizzare la propria personalità, o rinunciano in parte al potere di seduzione sugli uomini. È un mondo maschile; sono gli uomini, con i loro desideri, le loro speranze, le loro paure, a creare le condizioni che le donne cercano di combattere nel proprio percorso di risalita.
[Simone de Beauvoir, La femminilità, una trappola]