I primi due libri letti quest'anno - anno per il quale ho posto l'obiettivo della mia reading challenge di Goodreads a 104 libri in un anno, stante che nel 2024 sono riuscito a leggerne 138 e che i 104 li avevo raggiunti o superati anche nel 2021 e nel 2022 - sono stati due romanzi di J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion e I figli di Húrin.
Con Tolkien cominciai nell'estate tra la seconda e la terza superiore - quindi a 16 anni, quindi quasi 30 anni fa - durante la quale lessi Il Signore degli anelli. Rilessi la saga negli anni dell'università, insieme a Il Silmarillion e Lo Hobbit. E poi ne feci una terza lettura nel 2020, quando consigliandolo a un mio studente in cerca di epicità scelsi di (ri)fare quel viaggio della compagnia, attraverso le due torri e fino al ritorno del re con lui.Ora ho riletto per la seconda volta la storia che dalla musica degli Ainur arriva agli anelli del potere e alla Terza Età. Il pretesto per tale rilettura è stato il prossimo incontro del gruppo di lettura che faremo a scuola a febbraio, e che avrà per tema su cui confrontarsi e scambiarsi consigli quello dell'albero. Certo, nella saga tolkieniana gli alberi rivestono un ruolo, a partire appunto dall'inizio dei giorni, momento dal quale il destino dei due alberi di Valinor diventano il perno di tutte le narrazioni. Con loro comincia anche il calcolo del tempo: Nel giro di sette ore, la gloria di ciascuno dei due alberi raggiungeva il pieno e svaniva nel nulla; e ciascuno tornava alla vita un'ora prima che l'altro cessasse di splendere. Sicché a Valinor due volte al giorno era una dolce ora di luce più tenue, quando entrambi gli alberi sbiadivano, e i loro raggi d'oro e d'argento si mescolavano.
Ma avevo voglia di tornare a leggere Tolkien, questa è la verità. Quando Eru, l'Uno, Ilùvatar, convoca gli Ainur, i Santi, rampolli del suo pensiero, per cantare, Melkor tenta di sovrastare l'altra musica con la violenza della propria voce, ma si ha l'impressione che le sue note anche le più trionfanti fossero sussunte dal tema musicale di Eru e integrate nella sua propria, solenne struttura. Effettivamente, spiega l'Uno, nessun tema può essere eseguito, che non abbia la sua più remota fonte in lui, poiché colui che vi si provi non farà che comprovare di essere suo strumento nell'immaginare cose più meravigliose di quante egli abbia potuto immaginare.
Sembra la teodicea cristiana di Agostino, o quella laica di Hegel. Sembra il Mefistofele del Faust di Goethe, una forza che vuole perennemente il male e opera perennemente il bene.
Quando la musica è tradotta nella creazione di Arda, Ilùvatar parlando a Ulmo, che sarà il Valar signore delle acque, gli fa notare come Melkor abbia mosso guerra alla sua provincia, figurandosi crudi geli smodati, eppure non è riuscito a distruggere la bellezza delle sue sorgenti né quella dei suoi chiari stagni, piuttosto si è data la neve, e l'opera astuta del gelo; e neppure i calori e fuoco illimitati da lui adoperati hanno prosciugato né completamente zittito la musica del mare, piuttosto sono nati l'altezza e la gloria delle nubi e delle brume sempre mutanti, il crosciare della pioggia sulla terra. Invero l'acqua è ora divenuta più bella di quanto immaginasse il cuore di Ulmo, e in quelle nubi egli è più vicino che mai a Manwë - che sarà il signore del respiro di Arda, il cui diletto sono i venti e tutte le regioni dell'aria -, il suo amico, colui che egli ama.
Quella de I figli di Húrin è una storia già narrata, in forma molto più sintetica, nel Silmarillion. Vicenda di eroismo, di amicizia, di tragedia, di amore per la libertà sopra la vita: Lungo la via può attenderti la morte. Ma, se rimarrai, ti toccherà una fine peggiore: sarai schiavo. Se vuoi essere un uomo quando sarai in età adulta, farai come ti dico, e coraggiosamente.
Questo era il primo dei libri mensili a sorpresa della pila preparata per me da Simona, quello per gennaio.
Ultimo superstite rimase Húrin, il quale gettò lo scudo e afferrò un'ascia di un capitano degli Orchi e la brandì con entrambe le mani. Si cantava che l'arma fumasse del sangue nero delle guardie troll di Gothmog finché questa tutta si dissolse e, ogniqualvolta Húrin menava un colpo, gridava: "Aure entuluva! Il giorno risorgerà!". Settanta volte lanciò quel grido.
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