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domenica 23 ottobre 2011

un weekend postmoderno (3)

patti smith, horses
La terza tappa di lettura del testo di Tondelli comprende le pagine più narrative di Un weekend postmoderno, in perfetto stile tondelliano, e gli Affari militari, che mi hanno fatto una certa impressione per come siano quasi riusciti a farmi rimpiangere di non aver vissuto certe esperienze.
Ma è la sessione sulla Fauna d'arte che si sta d
imostrando, per quanto mi riguarda, la più interessante: una perfetta descrizione e narrazione della postmodernità, una perfetta riflessione storica e filosofica su questo periodo, portata avanti attraverso il racconto del costume (anche nel senso di abbigliamento) e della cultura popolare.
Così ritroviamo insieme la cravatta indossata da Patti Smith nella foro per la copertina dell'album Horses, la nascita di una musica da guardare e toccare e vestire oltre che da ascoltare, il nuovo fumetto italiano
di Andrea Pazienza il James Joyce del fumetto che raccoglie sulle sue tavole «narcisismo e autobiografia, giochi di parole e slang giovanile, tecnica rivoluzionaria nel disegno e nella composizione della tavola, talento inverosimile nella coniugazione di stili opposti, ma sempre riconducibili a un tratto personalissimo, politica e Movimento, droga e sballi, donne e amici e branchi e gruppuscoli, deliri e paranoie» e del selvaggio RanXerox  «l'automa e macchina compiuterizzata, in grado di trasferirsi, senza brusche rotture, nei travestimenti dell'uomo primitivo o di quello spaziale e galattico».
Quello che viene narrato è un nuovo ellenismo in cui tutto è mischiato, confuso, fluttuante, stratificato, sovrapposto, coesistente, simultaneo, centrifugato, contaminato; che dà il senso
«di trovarsi nei chip di memoria di un computer di fronte all'avventura umana ricapitolata in vista della fine del millennio»; in cui la ricetta appare la seguente: «mischiare & citare & confondere»; la cui protagonista è «una generazione che, nell'impossibilità di offrire a se stessa una ben precisa identità culturale, ha preferito non darsene alcuna, o meglio, mischiare i generi, le fonti culturali, i padri putativi, fino ad arrivare alla compresenza degli opposti. Una generazione in cui i linguaggi si confondono e si sovrappongono, le citazioni si sprecano, gli atteggiamenti e le mode si miscelano in un cocktail gradevole e levigato che forse è il succo di questa tanto chiacchierata postmodernità».
Chi ha mai spiegato meglio la condizione postmoderna e i piaceri dell'era elettronica?




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