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venerdì 1 novembre 2013

letture di ottobre (III)

Un po' di saggistica in questo mese di nuovo inizio universitario.
Un primo, brevissimo e in definitiva trascurabile, Sono uno spettro ma non lo so di Sergio Benvenuto, un testo senza particolari ed evidenti difetti ma anche un'esperienza di lettura nĂ© particolarmente interessante nĂ© esteticamente gradevole sulla figura filosofica, simbolica e cinematografica del fantasma e del non morto. Peccato, speravo in qualcosa di piĂą. 
Il secondo è, invece, l'ultimo lavoro di Umberto Curi, L'apparire del bello. Il bello nell'antichitĂ  classica (da Omero e i lirici ai filosofi quali Platone, Aristotele e Plotino) Ă¨, piĂą che un valore estetico e l'oggetto quindi di una specialistica disciplina, un complesso, non univoco, ossimorico e paradossale ideale di eccedenza piĂą che di presenza, di esperienza straordinaria, di chiamata a valicare un limite, di convocazione oltre le mura di "casa" delle condizioni materiali di vita, di itinerario di mutamento in cui si fondono al bello anche il vero e il virtuoso, di improvviso lampeggiamento e irruzione di un orizzonte altro e meraviglioso/traumatizzante cioè tremendo.

Nell'antichitĂ , del resto, mi ci sono iniziato a (re)immergere parecchio in questo mese, e non potrĂ  che continuare così. 
Due "scurrili" commedie di Aristofane, Gli Acarnesi e Le vespe, contro la guerra e contro il potere fintamente democratico che facendo sgranocchiare briciole al popolo lo rende contento e non solo si conserva ma lo asserve. 
Il dialogo di Platone Gorgia, con il fantastico multiplo parallelismo tra legislazione e giustizia (che politicamente mantengono il benessere dell'anima e ne correggono i mali) e sofistica e retorica, che rispetto alle prime sono come le seduttive e adulatorie cosmesi e culinaria rispetto alla reale e positiva cura del corpo che compete a ginnastica e medicina; ma anche con la straordinaria figura di Callicle, la sua moderna teoria della naturale morale dei forti e migliori piegata dalla legge della moltitudine dei deboli, il suo spiattellare in faccia al solito Socrate i suoi volgari sofismi efficaci solo perché chi dialoga con lui si vergogna di dire ciò che pensa e perciò cade in contraddizione.
Su Socrate e Platone, e proprio sul Gorgia e il Protagora, il saggio di Georgia Zeami e Francesca Presti DaimonicitĂ  del lògos, che presenta la mostruosa e demoniaca figura di Socrate, insieme e a un tempo educatore, amante, aperto dialogante, ma anche sapiente e rigido maestro di virtĂą, nel quale quindi aleggia lo spettro dell'intellettualismo e del moralismo. 

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