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giovedì 27 gennaio 2022

la debilitata ragione del mondo

Per l'incontro mensile del gruppo di lettura che ormai da qualche anno organizziamo a scuola, il tema dell'appuntamento di gennaio è stato la letteratura italiana. Io ho scelto di leggere Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda. Trovandomi in una condizione simile a quella in cui l'autore, stando alla presentazione dell'edizione Garzanti, ha scritto il romanzo - parafrasando, lo ho letto a Prato nel ricordo non lontano di vissuti romani, rinverditi da recenti immersioni nella lettura e visione di Zerocalcare - mi sembrava fosse una buona scelta.

I delitti - un furto e, pochi giorni dopo, un omicidio - su cui si incentrano le vicende del romanzo avvengono nel palazzo degli ori, o dei pescicani, di via Merulana 219, scala A, piano terzo. Il commissario-filosofo Ingravallo, coinvolto nelle indagini, è subito presentato chiarendo l'opinione centrale e persistente che lo muove nel suo lavoro, quello secondo la quale andrebbe riformato il senso della categoria di causa, sostituendo alla causa le cause

Le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti.
Così, proprio così, avveniva dei "suoi" delitti. La causale apparente, la causale principe, era sì, una. Ma il fattaccio era l'effetto di tutta una rosa di causali che gli eran soffiate addosso a molinello e avevano finito per strizzare nel vortice del delitto la debilitata "ragione del mondo". Come si storce il collo a un pollo.

Si tratta, quindi, di avere a che fare con un nodo o groviglio, o garbuglio, o gomitolo, con un pasticciaccio. E se il romanzo può considerarsi in ciò, secondo lo stesso Gadda, letterariamente concluso, perché il poliziotto capisce chi è l'assassino e questo basta, in esso però ogni ipotesi, ogni deduzione, per ben congegnata risulta offrire un punto debole, come una rete che si smaglia. E il pesciolino... addio! Il pesciolino della "ricostruzione" impeccabile. Nella ricostruzione dei fatti, quello spirito o demone che martella nelle tempie di chi indaga, le somme non si tirano a ragione, il colpevole non è smascherato. Questo infrangere lo schema del thriller, questa negazione e quasi dissoluzione parodica di un genere, è l'equivalente luogo della scrittura di un mondo la cui ragione è debilitata.

Altro aspetto interessante del romanzo è la scelta del dialetto, di uno strumento linguistico parlato o vissuto che per Gadda rappresenta, sottolinea la nota conclusiva del volume, un'insopprimibile esigenza etica e gnoseologica, in cui si fondono ansia di verità, affermazione della propria "autonomia del discernere", vocazione antiaccademica e sfiducia nelle possibilità della lingua-codice. In una breve nota in risposta a un'inchiesta del 1956 su Perché cinema e radio e scrittori ci parlano in romanesco?, Gadda argomenta:

Il romanesco ci ha offerto quella vivezza pittorica, quei liberi toni del parlato, quell'humor che arricchiscono di armoniche sapienti e profonde lo schematismo cachettico delle idee seriose.

Ecco quindi giustificato un espressionismo linguistico fatto di alterazione di s in z, rafforzamento delle consonanti iniziali, raddoppiamento intervocalico, rotacismo e voci tipicamente dialettali.

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