Per cominciare, tentare d’individuare la statura del testo nietzscheano, d’interrogarne l’essenza filosofica.
In seguito, domandarsi in quale misura il XX secolo sia stato nietzscheano. Da Heidegger a Deleuze si dirigerà, mi sembra, una sorta di arco o di scarto massimale attorno alla questione della contemporaneità di Nietzsche.
Infine, si tratterà di determinare la natura del rapporto fra la filosofia e l’arte. All’annuncio hegeliano della fine dell’interesse filosofico per l’arte, in opposizione a questo, si è avviata, a partire dall'inizio del XIX secolo, una vigorosa promozione dell’arte come condizione radicale del pensare. L’arte è innanzitutto, per Nietzsche, un tipo soggettivo. Prima e più essenzialmente dell’opera, l’arte è la figura dell’artista. Rispetto al quale Nietzsche disegna il tipo del filosofo-artista, che non è o non è più il prete. È la questione dell’arte come figura di verità. Essendo l’arte, nel mio linguaggio, una procedura generica, come ogni procedura di verità.
La mia strategia in questo seminario consisterà dunque nell’intrecciare queste tre interrogazioni: topica, storica e generica.
Interrogare il testo nietzscheano suscita poi un’altra difficoltà. Quella di sapere cosa vuol dire con esattezza utilizzare il testo nietzscheano. O più precisamente: quale domanda possiamo rivolgere a un testo siffatto? Il testo è qui, ma non è aperto. Non si dà nella forma della proposizione: espone più di quanto non proponga. Il montaggio nietzscheano non è un montaggio in cui la negazione precederebbe o costituirebbe la possibilità dell’affermazione. Al contrario - ed è un punto che Deleuze sottolinea con grande pertinenza -, c’è una sorta di stallo, di distacco singolare fra la dimensione negativa, critica, o, diciamo, distruttiva, e il regime della serenità affermativa che Nietzsche chiama il “Grande Meriggio”. O ancora, se volete, il testo nietzscheano non è per nulla dialogico. Nietzsche è un pensatore che espone il proprio pensiero attraverso una figura sottratta tanto alla dialogicità quanto alla dialettica. Il sottotitolo del Crepuscolo degli idoli ce lo ricorda: Come si filosofa col martello. Un colpo di martello non è affatto ciò cui si rivolge una domanda. Il colpo di martello è contemporaneamente ciò che deve distruggere quel che merita di esser distrutto e ciò che deve conficcare il chiodo dell’affermazione primordiale. Su quest’incudine arroventata dal fuoco della potenza si forgia sempre più duramente, intensificata a ogni colpo, la formula che poi corazza di bronzo il suo spirito, quella della grandezza dell’uomo. Si può anche dire che il dispositivo nietzscheano consiste nel disfare il regime argomentativo. Ricordatevi della massima decisiva nel Crepuscolo degli idoli e della sua forza d’urto:
quel che si limita a lasciarsi dimostrare ha poco valore.
Bisogna intenderla in senso forte: è un giudizio essenziale, perché, beninteso, il valore, la valutazione è appunto l’operazione-chiave in Nietzsche. La sua filosofia è fondamentalmente una filosofia della valutazione, della trasvalutazione. Dal momento che la ragione è valutante, la filosofia non può essere dialogica.
[Alain Badiou, Nietzsche. L'antifilosofia 1. Seminario 1992-1993]
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