Nel saggio a quattro mani Noi che abbiamo l'animo libero Edoardo Boncinelli e Giulio Giorello fanno incontrare due grandi personaggi del teatro di Shakespeare: il primo, biologo e genetista, racconta un Amleto capace di prendere decisioni "non nel mezzogiorno della certezza, ma nel crepuscolo della probabilità" (John Locke), di giocare d'azzardo di fronte all'invisibile ma senza scommettere in modo del tutto arbitrario o irrazionale, di agire coraggiosamente nelle nebbie del domani, lui che sostiene che "chi ci fece con tanto discernimento, capaci di guardare in avanti e indietro, non ci diede tali abilità e una ragione quasi divina perché ammuffissero in noi per il disuso"; il secondo, filosofo, descrive invece una Cleopatra smisurata nel piacere, posseduta da un eroico/erotico furore che corrisponde all'immenso dell'universo nuovo di Copernico e Bruno. Dopo i due singoli saggi, gli autori completano l'opera incontrandosi e facendo incontrare i personaggi shakespeariani in un dialogo in cui la pazzia di Amleto e la dismisura d'amore di Cleopatra sono entrambe espressioni del nuovo cielo - di una diversa immagine dell'universo - e della nuova terra - di una differente concezione dell'esistenza umana -, del cosmo infinito in tutte le direzioni in cui Shakespeare ci mostra come si vive, nelle diverse sfumature della fosca malinconia amletica e dell'entusiasmo di Cleopatra. In entrambi i casi, comunque, "noi che abbiamo l'animo libero" troviamo ragioni per non arrendersi di fronte a questo infinito.
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14 ore fa
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