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martedì 5 aprile 2011

il gioco dei mondi: eterotropie e critica della normalità

«Vogliamo davvero far sì che l’esistenza si avvilisca in un esercizio da contabili e da matematici chiusi nel loro studio? Innanzitutto non si deve spogliare l’esistenza del suo carattere polimorfo: lo esige il buon gusto, signori miei, il gusto del rispetto di fronte a tutto quello che va al di là del vostro orizzonte! Un’interpretazione “scientifica” del mondo, come l’intendete voi, potrebbe esser pur sempre una delle più sciocche, cioè, tra tutte le possibili interpretazioni del mondo, una delle più povere di senso» (Friedrich Nietzsche).

Con le parole di Michel Foucault, «la filosofia è il movimento per cui ci si distacca – con sforzi, esitazioni, sogni e illusioni – da ciò che è acquisito come vero, per cercare altre regole del gioco» (Il filosofo mascherato, in Archivio Foucault 3. estetica dell’esistenza, etica, politica). La storia di Harry Potter inizia proprio con la rottura di un certo regime dell’esistenza supposto normale, con la messa in questione radicale della credenza secondo cui esisterebbe un solo mondo, il presunto mondo normale in cui orgogliosamente vive, e di cui è la triste espressione, la famiglia Dursley: «Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante» (Harry Potter e la pietra filosofale). Fin dall’inizio, dunque, la portata etico-politica dei romanzi della Rowling emerge come la necessità di decostruire l’idea dell’esistenza di un solo mondo e di imparare a esistere in più di un mondo. Non a caso la questione del male, incarnata dal Signore Oscuro, Lord Voldemort, si presenta come l’incubo dai precisi tratti nazisti di un unico mondo come totalità purificata da ogni alterità, un mondo di maghi purosangue.
Il mondo magico e il mondo normale (o babbano) sono due mondi distinti simultaneamente presenti, ripiegati l’uno nell’altro. Questa dimensione di ripiegatura è ben evidente nel caso dell’abitazione della famiglia Black al numero dodici di Grimmauld Place, che si trova ripiegata tra il numero undici e il numero tredici: «Una porta malconcia affiorò dal nulla. Era come se una casa in più si fosse gonfiata, spingendo da parte quelle ai lati» (Harry Potter e l’ordine della fenice). Si pensi, oltre che alla casa dei Black, a Diagon Alley che si apre “dietro” il Paiolo Magico situato in Charing Cross Road a Londra, e al binario nove e tre quarti che si trova “tra” il binario nove e il binario dieci di King’s Cross Station. Il mondo magico è uno spazio altro che abita nelle pieghe del mondo normale, al contempo fuori degli spazi in cui si trova incluso. L’altro mondo magico ha tratti in comune con quelle che Foucault chiamava eterotrofie, e più precisamente con quelle che chiamava eterotrofie di crisi: spazi riservati agli individui che vivono in uno stato di crisi nei confronti della società e dell’ambiente umano circostante, come ad esempio gli adolescenti.
Secondo Foucault le eterotopie di crisi stanno scomparendo a favore delle eterotopie di deviazione, spazi «in cui vengono collocati gli individui che hanno un comportamento deviante rispetto alla media o alla norma richiesta» (Eterotopia). L’eterotopia del mondo magico si presenta come la contestazione in atto, e l’effettiva decostruzione, non solo dell’unicità del mondo presunto normale, e del suo modello di razionalità tecnico-scientifica, ma anche dell’idea di eterotopie di deviazione quali spazi di reclusione dei soggetti che non si adeguano alla presunta normalità del mondo. La sua forza di rottura è quella propria del fantastico: «Tutto il fantastico – come scrive Caillois – è rottura dell’ordine riconosciuto, irruzione dell’inammissibile in seno all’inalterabile legalità quotidiana» (Nel cuore del fantastico), è l’incondizionata affermazione di un diritto all’esistenza di un mondo altro.
Il messaggio che ci arriva dai testi della Rowling è l’opposto di un invito a rifugiarsi nel sogno e nelle illusioni: è un invito, piuttosto, a non rassegnarsi a vivere imprigionati in un solo mondo – nel presunto mondo normale. Come all’interno del romanzo Harry Potter e la pietra filosofale le lettere rivelano a Harry la verità di un altro mondo in cui esistere – imparando nuovi linguaggi, acquisendo nuovi saperi, entrando in nuove reti di relazioni –, allo stesso modo la letteratura, e nel caso specifico la saga di Harry Potter, ci rivela un mondo: apre per noi la verità di un mondo in cui esistere. Ogni romanzo della saga è come una specie di lettera spedita dall’altro mondo, che ci chiede di rispondere: vale a dire di accogliere e farci carico della verità di quel mondo che rovescia l’ordinario. È quanto ha affermato Heidegger: «L’arte è il porsi in opera della verità», e «il porsi in opera della verità apre il prodigioso, rovescia l’ordinario e ciò che è mantenuto come tale». Nell’opera così intesa «ci colpisce l’urto del prodigioso, respingendo ciò che fino allora appariva normale» (L’origine dell’opera d’arte, in Sentieri interrotti).

(da Simone Regazzoni, Harry Potter e la filosofia)

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