Spider (di David Cronenberg, Canada 2002). Il piccolo ragno trae esclusivamente da se stesso la “realtà” che pensa essere invece fuori di sé, costruisce mondi possibili traendoli dalla propria mente e restando alla fine imprigionato nella tela che egli stesso ha intessuto, conformemente al destino imposto ad Aracne, capostipite di quella “specie” di individui che autoalimentano i propri affanni. Ciò che appare in forma estremizzata nel piccolo Spider, è presente anche, con modalità meno vistose, in ciascuno di noi: la tendenza a vivere in un proprio mondo, diverso e separato rispetto a quello dei nostri simili, l’alimentare con la nostra immaginazione – i nostri sogni, ma anche i nostri incubi – la nostra vita, l’inclinazione a vivere una realtà che si rifornisce prevalentemente della nostra elaborazione, piuttosto che di autentico rapporto con gli altri. Dovremmo riuscire ad aprirci all’”altro”, riconoscendone l’irriducibile alterità, e insieme accettandone il ruolo insostituibile per la costituzione della nostra identità.
(da Umberto Curi, Un filosofo al cinema)
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