Soldatini di piombo, reggimenti di carta
Il wargame come lo intendiamo oggi ebbe origine intorno alla fine del XVIII secolo presso la corte prussiana: Kriegsspiel, per l’appunto, gioco di guerra. In tale forma, uscirà rapidamente dai salotti degli aristocratici di corte, per entrare nelle caserme dei militari che ne avevano subito intravisto l’utilità. Già in questa prima epoca rinveniamo sui tavoli del Kriegsspiel riproduzioni topografiche, calcoli statistici e accorgimenti come l’inserimento di tabelle casuali ponderate da confrontare con il tiro di quantità e tipologie ben definite di dadi: tutti elementi che ritroviamo ancora oggi nel wargame civile. Né mancavano rievocazioni di battaglie e campagne militari effettivamente avvenute, con scenari scritti sulla base delle fonti dell’epoca.
La fama di questo nuovo strumento si diffonde rapidamente nel continente europeo, ma nel mondo anglosassone diventerà uno svago intellettuale da storici e scrittori quali Robert Louis Stevenson, sia nella sua versione su mappa che con l’ausilio di plastici e miniature. A questi si unirà in seguito anche un altro grande autore, H. G. Wells, che in una breve opera, Little Wars (1913), descrive regole relative agli scontri tra soldatini della sua collezione schierati sul pavimento del salotto.
Il gioco storico di argomento militare subisce una vera e propria rivoluzione verso il finire degli anni Cinquanta. È infatti nel 1958 che Charles S. Roberts pubblica con la casa editrice Avalon Hill il gioco Tactics II, simulazione di un conflitto tra due nazioni ipotetiche, e nel 1961 Gettysburg, il primo wargame su mappa dedicato a una battaglia storica. Nel 1964 Roberts sostituisce la griglia ortogonale con una più versatile griglia a esagoni e da allora la “mappa esagonata” diverrà una costante di questo genere di giochi. La Avalon Hill sarà in breve tempo affiancata da altre ditte, che incrementeranno il livello di realismo e di ricerca storica.
Fin dalle origini esiste nei wargame una dicotomia tra simulazioni basate su segnalini che si spostano su una mappa (counters) e regolamenti che prevedono lo spostamento fisico di componenti di gioco su plastici tridimensionali: dai primi avremo quelli che vengono definiti boardwargames, dai secondi i miniature wargames. Non si tratta di differenze meramente estetiche, il supporto materiale condiziona il gioco anche dal punto di vista funzionale, imponendo all'attività ludica focus ben diversi. Il gioco su tabellone (hex-and-counter) si rivela eccezionalmente versatile per la descrizione di fenomeni storici complessi, che vanno al di là del mero aspetto bellico. Così, accanto a giochi più prettamente militari compaiono titoli politico-diplomatici come Origins of World War Two (1971) e The Plot to Assassinate Hitler (1976).
Maggiormente legato alla tradizionale raffigurazione bellica appare invece il wargame tridimensionale. La sua dipendenza da un elemento esterno come la presenza di miniature e l’interazione fisica con un plastico del terreno spingono a concentrare l’attenzione sull’hic et nunc della simulazione.
Bi o tridimensionale che sia, il gioco storico appare riconducibile a un comune tentativo di infondere nuova vitalità alla consapevolezza del passato nel grande pubblico.
La Storia si mette in gioco
Quali sono i canali attraverso cui il gioco può davvero farsi strumento di crescita culturale?
- Il primo impiego del gioco di simulazione nell’ambito di un percorso di avvicinamento alla storia è quello legato a programmi didattici istituzionalizzati. Il gioco di simulazione permette a un docente di affiancare alla lezione su un determinato argomento la spiegazione delle regole del gioco stesso, con l’occasione analizzando i motivi che hanno spinto l’autore a dare un certo valore alle unità, a escogitare una certa meccanica, a definire certi parametri. Per garantire l’imprescindibile approfondimento storico sarà sempre necessario fare ricorso a testi specialistici e a fonti dirette, ma tali materiali - una volta rivisti nell’ambito di un processo interattivo di apprendimento - verranno come “rivitalizzati”.
- In una seconda modalità, quella forse più vicina al tradizionale concetto di public history, l’impiego pubblico del gioco storico si affianca a altre forme di rievocazione più frequenti, con partite dimostrative, tornei o lezioni ludico-interattive. Un esempio in tal senso è stato l’incontro tenuto dal game designer Andrea Angiolino presso il Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle, durante il quale ha guidato il pubblico in una partita collettiva del suo libro-gioco dedicato alle imprese dei bombardieri e aerosiluranti SM79, commentandola con notazioni di carattere storico sul secondo conflitto mondiale nel Mediterraneo. Per citare un altro caso, per quasi venti anni nei pressi di Parigi si è svolto il Trophée du Bicentenaire, giocando i numerosi scenari del regolamento Jours de Gloire/Triumph & Glory esattamente a 200 anni dalla data storica delle rispettive battaglie rappresentate [Lonato, 1796 - Waterloo, 1815]. Un ulteriore esempio in tal senso è rappresentato da Memoir ‘44, wargame leggero sulla Seconda guerra mondiale che ha ottenuto grande successo nei negozi di souvenir della Normandia proprio durante le celebrazioni del sessantesimo anniversario del D-Day. Ancora, realtà pubbliche di rilevanza culturale e amministrazioni locali dedicate alla salvaguardia delle aree in cui si sono svolti eventi storici e bellici hanno in diversi casi patrocinato o collaborato alla creazione di giochi di simulazione, fornendo materiali e organizzando sopralluoghi sul campo: questo il caso del wargame Radetzky’s March, arricchito dal contributo dell’Associazione Amici del Parco della Battaglia di Novara.
- Un terzo modo di esplicarsi del rapporto tra gioco storico e public history è quello per certi versi rimasto più legato alle sue origini. Il Kriegsspiel arriva infatti ai giorni nostri sotto forma di professional wargaming, ossia l’impiego della simulazione da parte di militari e analisti di intelligence. Fu quel che accadde con l’Operazione Desert Shield del 1990, quando a seguito dell’invasione del Kuwait da parte delle truppe irachene, la leadership militare americana fu chiamata a organizzare in tutta fretta un dispiegamento difensivo senza avere predisposto in precedenza alcun piano operativo. Un ufficiale appassionato di wargames propose allora di sfruttare uno scenario ipotetico che descriveva proprio un intervento analogo contenuto in Gulf Strike (1983), trasformato così nel primo gioco di simulazione civile a essere utilizzato nell’ambito di una pianificazione militare reale. Tre sono i settori in cui si esplica l’impiego professionale del gioco di simulazione: definizione di modelli predittivi, addestramento del personale, formazione indiretta. Nel primo caso ci troviamo davvero al cospetto dell’utilizzo più classico del Kriegsspiel: studiare piani operativi e alternative strategiche in esercitazioni su mappa o plastico; un esempio in tal senso è rappresentato dalle simulazioni navali tridimensionali tenute dalla Western Approaches Tactical Unit nel corso della cosiddetta Battaglia dell’Atlantico, dal 1942 al 1945. Il terzo e ultimo impiego operativo del gioco è quello di affinamento delle soft skills: lavoro di squadra, sviluppo dell’empatia, addestramento al problem solving.
Esaminate le manifestazioni del rapporto tra gioco storico e public history, non ci resta che esaminare le sue problematiche ma anche i suoi punti di forza. Partiamo dalle prime.
- La simulazione è per sua natura una semplificazione. I giochi storici sono frutto della visione che il rispettivo autore ha dei fatti rappresentati e di scelte nel suo processo creativo. Appare così chiaro come un utilizzo combinato e ragionato del rigore della storiografia tradizionale e della libertà del gioco di simulazione possa dare ottimi risultati a patto che l’intera esperienza sia mediata da esperti capaci di evidenziare i punti più critici.
- Altre critiche possono appuntarsi sulla opportunità etica. Il gioco di simulazione, per ottenere il suo obiettivo di rappresentare la realtà, deve mettere i giocatori nei panni di tutti i contendenti e per farlo deve “sollevarsi” da qualsiasi valutazione di carattere etico o politico. Questo però non significa che i partecipanti siano incoraggiati a giustificare le opinioni di coloro che rappresentano in gioco. Si recupera anzi la lezione di H. G. Wells sull’impiego del gioco come strumento di comprensione delle storture e dell’ipocrisia del momento bellico, o anche il messaggio contenuto nella Lettera a mio figlio di Umberto Eco.
- Infine, esiste un terzo aspetto. Come conciliare le esigenze formative con l’indisciplinatezza insita nel momento ludico.
- Il primo di questi elementi è insito alla natura stessa del gioco di simulazione. Gli studiosi di storia militare ben conoscono la diatriba esistente tra due grandi teorici del passato: Antoine-Henri de Jomini e Carl von Clausewitz. Laddove il primo appare più attento all’analisi geometrica dell’applicazione delle forze e all’elencazione delle casistiche tattico-strategiche, il secondo è tra i primi a aver definito l’elemento irrazionale dei conflitti. I wargames si piazzano esattamente nel mezzo. Due sono infatti i componenti base del gioco di simulazione che simboleggiano l’equilibrio raggiunto tra dinamica delle forze e calcolo dei fattori irrazionali: da una parte le griglie sulle mappe o il centimetro usato per le misurazioni, dall’altra il dado che con la sua casualità in vari modi inserisce nel gioco l’aspetto casuale ponderato. Considerando ciò, il gioco di simulazione è in grado di mostrare con estrema chiarezza l’interazione sul campo e negli eventi storici di queste due grandi forze: la pianificazione e l’imprevisto.
- Parlando di casualità ponderata, viene facile trattare di un altro elemento di pregio del gioco storico, ossia l’inclusione sempre crescente di fattori storici complessi nella simulazione (controllo politico, dinamiche economiche, rivolte e tradimenti). La simulazione si fa sempre meno lineare e geometrica, andando a approfondire la ricerca storica e indagando sulle cause remote degli eventi anche al di là dei fatti contingenti mostrati dalla simulazione. Lo scotto da pagare per un’integrazione così profonda degli elementi storici complessi è certo un aumento della complessità generale, una diminuzione dell’immediatezza del gioco.
(da Riccardo Masini, Il Wargame storico. Una public history diffusa, in Mettere in gioco il passato. La storia contemporanea nell’esperienza ludica).