Pages

lunedì 31 marzo 2014

letture di marzo (II)

Letto il mese scorso  Shining apposta per prepararmi a questo, ecco è toccato al suo (in)atteso seguito, Doctor Sleep. Stephen King certo non delude per la qualità della sua scrittura, per la capacità di tenere e far sentire la tensione, di far penetrare nella psiche dei suoi personaggi, per l'arte di costruire gli intrecci narrativi e di dosare climax e pause. Certo, almeno all'inizio, dispiace un po' constatare che vita ha fatto il cresciuto e luccicante Danny, o forse dopo l'infanzia passata era inevitabile che questo sarebbe stato il suo destino più prossimo. Ma poi si entra, catturati, nella storia, e quel misto di frustrazione e dispiacere cede il posto all'ansia e al brivido, per una storia che più che al suo precedente sembra forse somigliare, per genere, alle lotte contro il male di It o Le notti di Salem. Comunque sempre bellissimo.

Tre saggi, risultati di diverso grado di interesse: molto interessante il saggio di Emanuele Coccia Il bene nelle cose, sulla pubblicità come discorso morale; interessante anche se forse un po' didascalico il repertorio di figure, personaggi, simboli e allegorie del male, tratto essenzialmente dalla cultura moderna tedesca, offerto da Eugenio Spedicato in La strana figura del caos; di poco spessore filosofico pur partendo da un interessante idea e offrendo qualche spunto l'analisi di Flavia Monceri sugli Anarchici nei film Matrix e Cloud Atlas

Di Amélie Nothomb penso che potrei leggere qualunque cosa, e sarebbe quanto meno una gradevolissima esperienza. Alla fine, però, vista la prolificità dell'autrice, mi riduco  leggere solo una minima parte di tutto ciò che la sua penna sforna. In questa selezione non poteva certo mancare l'ultimo La nostalgia felice, perché torna il Giappone, quello dell'infanzia di Metafisica dei tubi e delle pazze avventure giovanili di Tremore e stupori e, soprattutto, Né di Eva né di Adamo. Dopo sedici anni dalla fuga dall'amore nipponico dei suoi vent'anni, divenuta un'affermata scrittrice, la Nothomb torna nella terra del Sol Levante per un viaggio che si fa nostalgico tra i luoghi e le persone del suo passato. Ma i giapponesi definiscono "l'istante in cui la memoria rievoca un bel ricordo che la riempie di dolcezza" come natsukashii, nostalgia felice, perché quello di nostalgia triste non è affatto una nozione giapponese.

domenica 30 marzo 2014

anarchici

Purtroppo mi è sembrato di poco spessore filosofico, pur partendo da un interessante idea e offrendo qualche spunto, l'analisi di Flavia Monceri sugli Anarchici nei film Matrix e Cloud Atlas. L'autrice traccia un cambiamento nella figura dell'anarchico che da eletto, super-eroe avanguardista, dotato di un'aura di eccezionalità, come Neo passa - attraverso la mediazione filmica offerta dall'anonimo V di V per Vendetta - agli individui comuni di Cloud Atlas, esponenti di una nuova forma di (post-)anarchia che intende fare i conti con la vita quotidiana di persone che al massimo possono diventare rivoluzionari per caso, anarchici contro un principio di potere e dominazione non del regime politico sul suddito ma dell'uomo sull'uomo, potere che si esplica attraverso la violenza in tutte le sue possibili forme e che nel film è espresso nella ricorrente formula "il debole l'abbatte, il forte che lo inghiotte" ("the weak is meat and the strong do eat"). "In Cloud Atlas le cose cambiano: all'idea che esista un unico luogo del Potere si sostituisce quella di una sua interazione dinamica con tutti gli altri poteri che sono dappertutto, anche nel singolo individuo".
Il presupposto epistemologico di questo passaggio politico è la consapevolezza dell'interdipendenza e la connessione del tutto, chiaramente ed esplicitamente espressa in Cloud Atlas dal proclama di Sonmi-451: "Essere vuol dire essere percepiti. Pertanto, conoscere se stessi è possibile solo attraverso gli occhi degli altri. La natura della nostra vita immortale è nelle conseguenze delle nostre parole e delle nostre azioni, che continuano a suddividersi nell'arco di tutto il tempo. La nostra vita non è nostra. Da grembo a tomba siamo legati ad altri, passati e presenti, e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro".
"Non esistono gesti, azioni, pratiche, parole e silenzi che non cambino la realtà, perché nessuna di queste cose può rimanere senza conseguenze che si estendono al di là di ogni possibile controllo nel mondo nel quale accadono. Un mondo che non è governato da nessun principi, un mondo sostanzialmente an-archico".

lunedì 24 marzo 2014

la pubblicità come discorso morale

La tesi del bel saggio di Emanuele Coccia, Il bene nelle cose, è che le merci siano "la figura estrema del bene, l'ultimo nome che l'Occidente ha dato al bene" e, di conseguenza, che la pubblicità sia "un immenso esperimento dell'immaginazione morale collettiva contemporanea, quello assieme più vasto, più pervasivo, più visibile" e "un'immensa riflessione iconica e concettuale sul mondo e i suoi elementi, e assieme sulla felicità umana, le sue forme, le sue possibilità". Questo amore dell'uomo per le cose, quest'amore effimero di un uomo che vive di cose e per le cose, è affrontato dall'autore in modo interessante, originale e serio, evitando posizioni apocalittiche (moralistiche)  e indagandolo, invece, con "uno sguardo più indulgente e meno paranoico di quello dei maestri del sospetto e assieme più rigoroso"; ma non si cade, ovviamente, neanche in posizioni integrate. Si riconosce, piuttosto, che il desublimato universo morale della pubblicità è perfettamente analogo ad altre forme di morale pubblica, esposta sui muri o in spazi pubblici, che nulla hanno di tratti sublimi: "la celebrazione di una battaglia di sterminio di un popolo nei bassorilievi romani non è necessariamente più nobile e sublime che l'invito a riconoscere in una borsa il segreto della nostra felicità".   
Proprio dai muri parte l'analisi di Coccia, perché è su di essi che storicamente vita spirituale e vita materiale divengono inseparabili, è su di essi che si incarnano la memoria e l'autocoscienza di una città, che è soprattutto "un essere di superficie che non smette di darsi a vedere, di comunicare l'immagine di sé, di parlare di se stessa". Se la politica è la forma suprema di architettura (Aristotele) e l'architettura è sempre l'organo di un sogno pubblico, i muri sono "cosa politica" e "fantasmagoria diventata pietra" (Benjamin), sono lo "spazio di proiezione e di produzione fantasmagorica" pubblica e condivisa - tanto per scritture e immagini ufficiali, quanto per umori del popolo, opinioni individuali, proteste e ribellioni - nel quale insieme la città si costituisce materialmente e si fa autocoscienza, riflettendo su se stessa, sul proprio ethos collettivo e sulla propria moralità concreta (Hegel): "è in questo spazio che ogni cittadino apprendeva i saperi politici condivisi, le regole pubbliche, i valori civici universalmente riconosciuti, l'assiologia della polis". In questa antica tradizione di una "morale su pietra" si iscrive, dunque, la pubblicità, essendo l'ultima trasformazione di questo sapere pubblico del bene e del male che oriente le nostre scelte e definisce i nostri costumi. 
Ancora, secondo Coccia la pubblicità è il dialetto principale con cui le città della nostra epoca formulano la morale contemporanea che ha ormai "assunto il fatto che il destino dell'uomo è una vita tra le cose e che questa vita tra le cose non potrà, mai, essere trascesa". Essa è, quindi, il sintomo della rivoluzione morale che afferma la vita ordinaria, l'immanenza della felicità, la presenza del bene sulla terra, "un bene che coincide con l'infinità delle forme che la materia e gli elementi possono assumere", con le cose stesse, la loro forma e colore e profumo: "la pubblicità è la moralizzazione integrale del mondo umano". "Quella veicolata dalla pubblicità è una morale integralmente intramondana: non promette salvezza da questo mondo ma definisce i modi in cui le cose del mondo si fanno felicità oggettiva".

lunedì 10 marzo 2014

letture di marzo (I)

Con la sua ricostruzione documentata e ipotesi letteraria su La scomparsa di Majorana, Leonardo Sciascia fa del geniale ed enigmatico fisico siciliano, rifiutando la più o meno ufficiale tesi del suicidio, una figura che sintetizza la visione che della scienza danno il Galileo di Brecht - "E quando, coll'andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall'umanità. Tra voi e l'umanità può scavarsi un abisso così grande, che ad ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale" - o i fisici di Dürrenmatt - "Siamo giunti, nella nostra scienza, ai confini dello scibile... Abbiamo raggiunto i traguardi del nostro cammino. Ma l'umanità non c'è ancora arrivata... La nostra scienza è diventata tremenda, la nostra ricerca pericolosa, la nostra conoscenza mortale". Nella versione letteraria proposta da Sciascia, Ettore Majorana avrebbe previsto, grazie alla sua genialità e al suo naturale rapporto con la fisica, il futuro grido di dolore che gli studi sull'atomo avrebbero provocato, ricerca tremenda, pericolosa e mortale, e turbato da questa visione avrebbe deciso di abbandonare la scienza e, come il fu Mattia Pascal di Pirandello, cambiar identità e vita, magari ritirandosi e rifugiandosi in un monastero certosino.

La distopia ideata e narrata da Margaret Atwood ne Il racconto dell'ancella colpisce soprattutto per l'attenzione e la capacità dell'autrice nel descrivere cosa avviene al corpo di chi vive inquadrato e irregimentato in una società dove il potere biopolitico - concentrato, cioè, sul controllo e la gestione dei corpi, appunto - è capillare, diffuso, totalizzante e totalitario. Buona narrazione di dettagli e particolari in cui il 'diavolo', il nuovo regime dittatoriale, si nasconde, in realtà neanche troppo.

Dopo il genere hard-boiled, di Jonathan Lethem ho provato anche il romanzo dalle atmosfere fantascientifiche Ragazza con paesaggio. Più che di alieni, è sempre di uomini che comunque scrive e racconta Lethem, ma dimostra ancora una volta di saperci proprio fare con la scrittura, di cavarsela egregiamente con l'arte di scrivere, le sue regole, i suoi generi.

ShareThis