Pages

sabato 30 aprile 2016

letture di aprile

Continuano le letture di Igort con i noir Alligatore. Dimmi che non vuoi morire, realizzato con Massimo Carlotto, e 5 è il numero perfetto, la dimenticata guerra del Caucaso dei Quaderni russi; poi, agli antipodi tra di loro, ci sono lo straordinario Kobane Calling di Zerocalcare e il pretestuoso e vuoto La bambina filosofica. No future di Vanna Vinci.

L'esperienza di lettura del primo volume - La morte del padre - dei sei che costituiscono La mia battaglia, dello scandinavo Karl Ove Knausgård, non mi ha dato validi motivi per avvertire il bisogno di continuare con gli altri libri.

Finiti un po' di saggi: l'Astrologia per intellettuali di Marco Pesatori, l'idea di progresso e le arti meccaniche nella filosofia del Seicento raccontate da Paolo Rossi in I filosofi e le macchine, i sette principi del genio che Michael J. Gelb illustra in Pensare come Leonardo, ma soprattutto lo scritto di Paul Veyne sul pensiero e l'uomo che è stato Foucault.

martedì 19 aprile 2016

un nuovo canto di guerra

Conservare la propria allegria in mezzo alla responsabilità per il crepuscolo di un racconto, di cui si stanno radendo al suolo le radici, e alla tracotanza di dargli una nuova aurora, reinventandolo, riscrivendolo, non è cosa dappoco. Ma niente accade, nessun evento ha luogo, senza un atto di forza – una prova di generosità e di gioiosa, serena forza. Il compito di riavviare le condizioni per una trasvalutazione di tutti i valori, di rimettere in atto, in scena, un pensiero così inattuale, costringe a abbandonare ogni grave serietà, ogni distesa pesantezza, per forgiare invece nuove armi e intonare un nuovo canto di guerra. La guerra e le sue ferite sono il nascimento e l’etica della filosofia. Già da tempo una freccia, di cui tengo celato l’arciere all’erudizione intellettuale, ha prodotto la ferita intorno a cui mi sono dato uno stile:

Si è fecondi soltanto a prezzo d’essere ricchi di contrasti; si resta giovani soltanto se si presuppone che l’anima non si distenda, non brami la pace.

Nessuna distensione dell’anima, quindi, nessuna brama di pace, ma un grido di battaglia prima dello scontro, una grande dichiarazione di guerra contro quegli idoli già auscultati, cui già son state poste domande con il martello, cui già si è imposto di risuonare fragorosamente laddove essi avrebbero voluto rimanere in silenzio. Ma le orecchie dei più devono essere state cattive e devono non aver colto quel suono cavo emesso dalle interiora dei gonfi idoli.
Idoli vecchi e nuovi, idoli boriosi di eternità, sono ancora incredibilmente creduti. Questo scritto – piccolo svago – vuole osare un riavvio del loro crepuscolo, vuole di nuovo colpirli e auscultarli con il martello, vuole questa volta tagliarli ed esporne i visceri con la katana.

Questa la premessa, la dichiarazione di intenti, dell’esercizio di riscrittura dell’opera di Friedrich Nietzsche Il crepuscolo degli idoli. Come si filosofa con il martello. Filosofare con la katana non è il solito saggio, introduzione, guida alla lettura con oggetto il filosofo tedesco, il suo pensiero o una sua specifica opera, ma l’impegno a farne fruttare l’eredità, a rispondere all’appello della sua filosofia, a mettere alla prova i denti del tempo attuale sulla nuova forma data alla forza di un pensiero inattuale per la sua epoca. Questo reboot del testo nietzschiano ricalca la sua struttura, riscrive le sue forme stilistiche e i suoi materiali concettuali, fa convivere la fedeltà all’originale con la messa in moto di un suo riavvio e rilancio. Il pensiero di Nietzsche è una sfida che coinvolge tutto il mondo degli uomini e ogni tempo, sfida degna di essere eternamente accettata, sfida che ha un’azione illimitata in lontananza e che impone anche all’uomo contemporaneo di partecipare alla gara proposta dal filosofo, provando a impugnare un martello o brandire una katana e darsi uno stile che spacca.

ShareThis