Sui muri la vita spirituale e materiale di una società divengono inseparabili: è su di essi che si incarnano la memoria e l'autocoscienza di una città, essere di superficie che non smette di darsi a vedere, di comunicare l'immagine di sé, di parlare di se stessa. I muri sono una cosa politica, sono lo spazio di proiezione e di produzione fantasmagorica pubblica e condivisa - tanto per scritture e immagini ufficiali, quanto per umori del popolo, opinioni individuali, proteste e ribellioni - nel quale insieme la città si costituisce materialmente e si fa autocoscienza spirituale. Sui muri una comunità riflette su se stessa, sul proprio ethos collettivo e sulla propria moralità concreta: è su di essi che ogni cittadino apprende i saperi politici condivisi, le regole pubbliche, i valori civici universalmente riconosciuti, l'assiologia della città.
In questa che è un'antica tradizione - della morale su pietra - si iscrive anche la pubblicità, che rappresenta l'ultima trasformazione di questo sapere pubblico del bene e del male che oriente le nostre scelte e definisce i nostri costumi. Bene, quindi, se la street art riporta il colore nel grigio delle città, se la creatività urbana rivitalizza i muri dei centri storici stagliandosi sul quartiere, o se si fonde con le vite di periferia, partecipa ad esse e fa prendere forma alle visioni dei suoi abitanti, ai giochi dei suoi ragazzi, alla morale dello sport che vi si pratica.
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