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sabato 10 giugno 2017

socratico gandalf

Nella Terza Età, il concilio degli dei decise di inviare dall’Ovest nella Terra di Mezzo gli Istari, un gruppo di “stregoni”, al fine di contrastare la crescita dell’ombra di Sauron. Uno, l’ultimo venuto, all’Ovest si chiamava Olorin, che vuol dire sogno, immaginazione, memoria, chiara visione di cose non fisicamente presenti. Tra gli Elfi, nella Terra di Mezzo, fu chiamato Mithrandir, il Pellegrino Grigio, poiché non dimorava in nessun luogo e non ambiva a ricchezze né a seguaci, ma andava sempre di qua e di là per la Terra di Mezzo facendo amicizia con tutte le genti in tempo di bisogno. L’Elfo Guardiano, Cirdan, indovinò in lui il massimo spirito e il più realmente sapiente, e gli affidò il Terzo Anello, Narya il Rosso. Cordiale e sollecito era infatti il suo spirito, egli era colui che si opponeva al fuoco che distrugge con il fuoco che illumina e soccorre.

Pur essendo uno degli Istari Gandalf non si è mai fermato, e si è mescolato a tutte le razze e a tutte le storie degli abitanti della Terra di Mezzo. Amico dei signori degli Elfi e dei re degli Uomini, nemico epocale del maledetto Sauron, godeva molto della compagnia degli Hobbit; nei loro curati giardinetti, dopo un pasto abbondante, amava fumare la pipa e chiacchierare su tutto un po’, mentre il sole dei pomeriggi autunnali sarebbe calato solo – lentamente aprendo le ombre sull’erba appena innaffiata – per dar spazio all’allegria della cena con gli ospiti.
Gandalf sapeva affrontare molte situazioni e trattare con molti caratteri, perché si coinvolgeva ma non si imponeva, perché era profondamente democratico, senza ombra di snobismo ed alterigia. Sapeva cavalcare veloce, maneggiare terribile la spada, amava i boschi verde cupo e i candidi ghiacciai aperti sul cielo infinito, amava i giochi e le fantasie, le leggende e i poemi romantici d’amore e morte.

Nella Contea tutti gli Hobbit sono ignoranti attuali: ma tra di loro alcuni sono anche ignoranti potenziali – coloro che chiudono occhi e orecchie ai grandi avvenimenti della Terra di Mezzo, avvenimenti che però, volenti o nolenti, comunque li coinvolgono – mentre altri sono potenziali sapienti: sono Frodo, Sam, Merry e Pipino, che ascoltano Gandalf, consultano gli Elfi, ammirano gli Uomini, imparano e crescono e saranno gli unici a saper fronteggiare la marea che arriverà a sommergere la stessa pacifica Contea. D’altra parte, ci sono i sapienti attuali, per esempio gli Istari (gli “stregoni”), e tra essi c’è chi è ignorante potenziale, come Saruman Curunir, che corrompe la sapienza posseduta e diventa progressivamente cieco, incapace di imparare dall’esperienza, e c’è chi è anche potenziale sapiente, come Gandalf Mithrandir, che tutti ascolta e da tutti impara, e nel suo socratico “so di non sapere” vive la sua vocazione di ricercatore e di testimone della verità.

Il contrasto tra la suggestione narcisistica e l’esemplarità buona è quello – nel romanzo di Tolkien – tra Saruman e Gandalf. La voce idealizzata di Saruman era un’illusione, ma con tutta la potenza dell’illusione:

«Per alcuni l’incantesimo durava solo finché la voce si rivolgeva a loro personalmente, e quando parlava a qualcun altro essi sorridevano come chi ha indovinato il trucco di un prestigiatore, mentre gli altri sono ancora sbalorditi. A molti bastava udirne il suono per esserne avvinti; vi erano infine i succubi, coloro che rimanevano vittime dell’incantesimo e che ovunque fossero udivano la dolce voce bisbigliare istigandoli».

Pensa, invece, a Gandalf, “capo” senza attributi vistosi, senza pompe né misteri né sceneggiate né minacce né vanità né esibizionismi né uffici prestabiliti né liturgie sacre.
Il re Aragorn Elessar lo sa bene e, alla fine della guerra, si fa incoronare da Gandalf dicendo:

«Lui è stato il fautore di tutto ciò che è stato compiuto e questa vittoria è sua».

Il potere di Gandalf è il dire la verità e – a partire dalle massime universali fino ad arrivare ai consigli pratici e necessari occasione per occasione – il permettere che gli altri abbiano intorno a sé l’ambiente idoneo per pensarla in proprio. Alla fine delle singole storie dei membri della Compagnia, nessuno dipende da Gandalf o cerca di imitare Gandalf: gli hobbit rimangono hobbit, ma più felicemente e pienamente hobbit; gli uomini rimangono uomini ma più pienamente uomini; chi doveva portare l’Anello riesce a portarlo; chi doveva diventare re lo diventa; chi voleva sposarsi si sposa; chi voleva vivere e non morire vive.

E Gandalf parte dai Rifugi Oscuri senza portare via niente dalla Terra di Mezzo: il suo “potere”, veramente efficace, non è, alla fine, nel far dipendere gli altri da sé, ma nel contribuire a farli vivere non dipendenti da nessuno e sempre più amici tra loro.

(da Franco Manni, Lettera ad un amico della Terra di Mezzo)

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