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mercoledì 9 luglio 2014

piccola filosofia del glamour

Partendo dall'insegnamento nietzschiano di tenere in considerazione il proprio corpo - "possente sovrano" e "saggio ignoto" (Così parlò Zarathustra) che proprio il corpo abita -, Debora Dolci e Francesca Gallerani costruiscono in Glamoursofia una piccola filosofia della moda femminile, mostrando un amore per il glamour che supera l'obsoleta visione apocalittica di Adorno per cui la moda sarebbe un effetto alienante, narcotizzante e ingabbiante del consumismo sfrenato, dell'egemonia ideologica del capitalismo, per riconoscere, invece, che si comprano vestiti "perché è divertente, perché è un gioco che procura piacere" e che "non consiste solo nel possedere ma anche nel comunicare 'universi di senso', costruire 'pezzi' della nostra identità", rispondendo "non solo a un'esigenza di imitazione (e di uniformazione), ma anche di differenziazione e individuazione".
Così, le scarpe "non sono meri accessori ma veri e propri modi di essere", importanti non perché feticci ma perché "base su cui poggiamo e grazie a cui ci muoviamo, base dunque della nostra libertà", e il tacco, in particolare, ha sicuramente un significato polivalente e "da simbolo di subordinazione potrà diventare a pieno diritto strumento di empowerment (oltre che di piacere) scelto e non imposto". "Quello che per le femministe era oppressione diventa espressione di successo, la femminilità da coercizione si trasforma in armatura, il tacco 'scopami' subisce una mutazione e si ridefinisce come tacco 'killer'. Nasce la donna guerriera" che le figure femminili dei film di Quentin Tarantino rappresentano. Così, ancora, "il push-up è complice di una femminilità intrinsecamente mutevole, che fa del cambiamento e della temporaneità la sua jouissance", mentre il vintage incarna un processo di creatività, personalità, gioco. Si cambia identità cambiando vestito, "attraverso una ricerca di sé che è necessariamente una ricerca dello stile da indossare", attraverso una continua creazione e ri-creazione di se stessi in cui si è liberi di gioire della propria molteplicità.


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