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lunedì 5 marzo 2012

the walking dead

Non terrorizzare i lettori, ma presentare loro un argomento estremamente serio e tragico è l'intento esplicito di Robert Kirkman, autore della serie a fumetti The Walking Dead. La sua storia di zombie non vuole essere una "festa splatter di violenza sanguinolenta", ma un modo di affrontare la messa in discussione di chi siamo e del nostro ruolo nella società, così come ogni buona storia e film di zombie è, oltre a un sacco di "figate", una critica e riflessione sociale. Nella presentazione al primo volume, Kirkman afferma che intende «indagare i modi in cui le persone reagiscono di fronte alle situazioni estreme e come ne escono cambiate», vedere il protagonista "mutare e maturare" e osservare «come riuscirà a sopravvivere, piuttosto che stare a vedere quanti zombie» spuntano da dietro l'angolo per spaventare il lettore. Insomma, scrivere una sorta di "racconto epico" che sia una "cronaca di anni e anni" della vita del protagonista, una storia di zombie "che non finisce mai"... «o che almeno continua per un bel po' di tempo...»


4 interventi:

Shelidon ha detto...

Sono ferma al decimo volume italiano, perché è lì che la pubblicazione italiana è ferma, e confesso di aver snobbato totalmente la serie tv. Indubbiamente il fumetto si presenta come un prodotto maturo, che si concentra sulle psicologie e sulle dinamiche tra i personaggi, ma devo confessare che continuo a riscontrare una certa carenza nell'originalità di suddette situazioni, come se toccare certi argomenti fosse imprescindibile quando si tratta di zombi. E mi permetto di dissentire.

nicce ha detto...

beh, io ho letto solo e appena il primo volume e la serie tv, come al solito, non l'ho seguita. non so se continuerò con il fumetto, forse sì, ma senza urgenza.

Shelidon ha detto...

Se decidi di proseguire, poi fammi sapere cosa ne pensi.

Paolopaoli ha detto...

ah questo mi manca. proverò a recuperare qualcosa. la serie tv non l'ho visto (ma si può sempre avere).

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