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lunedì 10 gennaio 2022

da koons a nietzsche

A dicembre ho organizzato una uscita didattica per portare le mie due classi quinte alla visita guidata della mostra, presso Palazzo Strozzi a Firenze, dell'artista contemporaneo Jeff Koons.
Uno degli interessi era la connessione dell'opera di Koons con la filosofia di Nietzsche, che l'artista stesso considera come uno dei riferimenti per la sua arte.

A partire dal titolo della mostra, Shine. La brillantezza, la lucentezza. Ma anche allusione al pressoché omofono tedesco schein, che è il sembrare, quindi l'apparenza, la parvenza. Le opere di Koons sono spesso costituite da o contengono superfici lucenti, sculture in acciaio inossidabile colorato dall'effetto brillante e riflettente. Brillantezza e parvenza che possono rimandare all'idea nietzschiana. Che cos'è per il filosofo tedesco "parvenza" ce lo dice lui stesso nell'aforisma 54 del primo libro della Gaia scienza
In verità, non l’opposto di una sostanza – che cos’altro posso asserire di una sostanza qualsiasi se non appunto i soli predicati della sua parvenza? In verità, non una maschera inanimata che si potrebbe applicare ad una x sconosciuta e pur anche togliere! Parvenza è per me proprio ciò che opera e vive, che si spinge tanto lontano nella sua autoderisione da farmi sentire che qui tutto è parvenza e fuoco fatuo e danza di spiriti e niente di più – che tra tutti questi sognatori anch’io, l’«uomo della conoscenza», danzo la mia danza; che l’uomo della conoscenza è un mezzo per prolungare la danza terrena e con ciò appartiene ai sovrintendenti alle feste dell’esistenza; e che la sublime consequenzialità e concomitanza di tutte le conoscenze è, forse, e sarà il mezzo più alto per mantenere l’universalità delle loro chimere di sogno e la generale comprensione reciproca di questi sognatori e con ciò appunto la durata del sogno.
Non una negativa superficialità o un'ingannevole apparenza, anzi tutto ciò che è profondo ama la maschera, sostiene sempre Nietzsche.

In tutte queste s
culture in acciaio colorato brillante e riflettente, nella serie delle Gazing Ball con le sue sfere di vetro soffiato blu, questa parvenza lucente riflette l'ambiente in cui le opere sono collocate e lo spettatore che le sta guardando, includendoli nell'opera. Così, nessuno in realtà vedrà mai la stessa opera. Anche questo può far pensare a Nietzsche e a come, secondo la sua filosofia, non vi sia nulla di ultimo e definitivo, non si possa condividere la fiducia nell’esistenza di fatti incontrovertibili, perché il fatto è sempre qualcosa che prende forma soltanto all’interno del complesso processo interpretativo di volta in volta attuato dal soggetto conoscente (Non esistono fatti, solo interpretazioni), così che ogni conoscenza ha solo una natura prospettica (prospettivismo), perché legata al punto di vista del singolo soggetto conoscente, ai suoi particolari interessi e bisogni. E a ciò non esiste assolutamente scampo, né alcuna strada per scivolare e sgattaiolarsene via nel mondo reale! Siamo nella nostra rete, noi ragni, e qualunque cosa venga da noi imprigionata qua dentro, non la potremmo acchiappare se non in quanto è ciò che si fa appunto prendere nella nostra rete (Aurora).

Ancora, infine, includendo lo spettatore nell'opera stessa, elevandolo alla dignità di evento estetico, l'arte di Koons gli svela il segreto 
secondo cui ogni uomo è un miracolo irripetibile, osa mostrare che nella propria unicità egli è bello e degno di considerazione, nuovo e incredibile.
Ogni uomo in fondo sa benissimo di essere al mondo solo per una volta, come un unicum, e che nessuna combinazione per quanto insolita potrà mescolare insieme per una seconda volta quella molteplicità così bizzarramente variopinta nell’unità che egli è (Schopenhauer come educatore).
L'uomo lo sa, sostiene Nietzsche, ma lo nasconde come una cattiva coscienza. Koons ce lo ricorda e ci invita alla felicità di questa liberazione.

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