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lunedì 3 gennaio 2022

l'istante e la libertà

Uno degli ultimi libri letti nel 2021 è stato l'ultimo lascito scritto, il progetto incompiuto e pubblicato postumo (nel 1950), di Rachel Bespaloff, autrice nota soprattutto per uno splendido saggio sull'Iliade.
In L'istante e la libertà la Bespaloff giustappone le descrizioni che dell'istante fanno Agostino (Confessioni), Montaigne (Saggi) e Rousseau (Fantasticherie del passeggiatore solitario), così da rivelarci le somiglianze e le divergenze tra questi tre poeti della soggettività e dell'istante, tre filosofi che partono dall'individuo che sono in prima persona, dalla loro propria vicenda in una svolta decisiva della storia, e che presentano l'istante quale dimensione temporale di pienezza, pace, possesso di sé in un presente autentico.
Se Agostino nella conversione si strappa da un mondo che ha nutrito, se non colmato, la sua brama appassionata, e attraverso un reale sacrificio, una lotta all'ultimo sangue, scambia i piaceri con la felicità e il rientro in sé; per Montaigne, invece, rientrare in se stessi non vuol dire lasciare il mondo quanto, piuttosto, riscoprirlo e farlo proprio mediante l'intelligenza e i sensi, non vuol dire la sottomissione dell'io ma la sua educazione attraverso il dubbio e il tempo. La grazia, nel filosofo francese, è quella della creatura padrona di se stessa. 
Montaigne fa proprio l'ideale di bellezza in cui la perfezione promette il piacere, quale le arti, la poesia e la cultura del suo tempo fanno a gara a celebrare, ma vi aggiunge ciò che gli impedisce di diventare una menzogna: la prova del tempo; la vecchiaia, la malattia, la singolarità dei destini individuali, la crudeltà, la morte.

E con Rousseau ascoltiamo tutt'altra voce, quella di un essere senza rifugio, che la realtà oltraggia, che si allontana dal mondo che vorrebbe rifare, che trova l'estasi dell'istante né attraverso la grazia divina né attraverso uno sforzo di attenzioni ma per un concorso di circostanze favorevoli che porta al puro sollievo della consapevolezza di esistere e della felicità di essere.
Abbiamo, così, il pellegrino e la bellezza sacra, l'esploratore e la bellezza umana, l'esiliato e la bellezza magica. Abbiamo, tuttavia, anche il fondo comune di un senso dell'esistere come modo privilegiato di svelamento dell'essere attraverso la conoscenza di sé che sorge nel rapimento di una pienezza che mette in gioco una libertà indipendente dal fare, unicamente legata all'evidenza interiore dell'essere e del nulla - senso dell'esistere che, all'opposto può affiorare anche nell'angoscia dell'intuizione della finitezza come nella ennui di Pascal, nello spleen di Baudelaire, nella nausée di Sartre.

2 interventi:

dreca ha detto...

Decisamente un testo interessante!

nicce ha detto...

Sì, è un bel testo, chiaro e lucido, che poi si concentra soprattutto su Montaigne.

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