Metello (1955) di Vasco Pratolini appartiene a quella letteratura neorealistica che fa propria, dopo l'esperienza della chiusura fascista e i generi dell'evasività nella rappresentazione letteraria e cinematografica, l'esigenza di un nuovo contatto del letterato con la realtà storica e sociale, sulla spinta della teoria di Gramsci della necessità di costruire una letteratura nazional-popolare per garantire il progresso civile e raggiungere, attraverso una prima egemonia intellettuale e culturale, una successiva egemonia politica. Questa esigenza di realismo è ottenuta attraverso una trascrizione fonografica della lingua parlata, una rappresentazione fotografica degli ambienti e l'utilizzo e la presentazione di documenti.
Metello rappresenta il primo capitolo di una trilogia che, seguito da Lo scialo (1960) e Allegoria e derisione (1966), racconta Una storia italiana che va dal 1872 al 1966. In Metello si individua nel periodo post-unitario (1872-1902) il momento privilegiato per portare all'evidenza i difetti insiti nella società italiana che renderanno poi possibile la vittoria del fascismo. Attraverso un personaggio "tipico" si traccia la storia di una nazione, in particolare relativamente agli albori del movimento socialista, dallo spontaneismo degli anarchici all'organizzazione del partito, presentando un parallelismo tra la maturazione del protagonista e quella della classe operaia cui appartiene, in una sorta di romanzo di formazione ed educazione del giovane operaio.
La prima cosa che Metello impara è la solidarietà con gli "altri" che compongono il "noi" dei compagni di lotta e di lavoro, delle loro famiglie, della classe, di un'unità nella miseria in cui si riconosce una patria più vera di quella ufficiale. Poi, in prigione, sente per la prima volta «parlare di socialismo, di uguaglianza, di lavoro che andava pagato "secondo il sudore"» e sente dire che «ora che si è fondato questo nuovo partito, gli resterà sempre più difficile farci del male».
La crescita fisica, naturale, di Metello, innocente e forte come una giovane pianta o un animale e il cui «sangue è una rosa che stioppa», va di pari passo con quella spirituale, intellettuale: «come il suo corpo fioriva nella piena maturità, così il suo modo di agire e di pensare si era rafforzato». La sua è una maturazione politica e umana insieme, perché il socialismo è una forma di umanesimo integrale, e il suo progresso è inarrestabile: «si poteva fargli segnare il passo, spingerli indietro non era più possibile. Le macchine che gli erano state messe nelle mani, e che producevano ricchezza, col loro rumore forse, li avevano destati».
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