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giovedì 2 maggio 2013

la filosofia di topolino

Ne La filosofia di Topolino Giulio Giorello accosta il Topo della Disney - "per spregiudicatezza nel mettere in discussione la costellazione degli stereotipi", per il suo essere "un maestro di libertà creativa" contro ogni gabbia metafisica, per il suo "sguardo 'arduo e fecondo'" con cui "riesce a cogliere in qualsiasi situazione quegli aspetti del mondo che i pregiudizi rischiano sempre di occultare" - ai più importanti filosofi, scienziati, antropologi e intellettuali del Novecento. Se agli esordi Topolino è "una sorta di ragazzaccio anarcoide" e col tempo, invece, si "è tramutato gradualmente in un buon borghese, che affronta mostri e criminali in difesa della 'società aperta'", il Topo pensante "tutto legge-e-ordine" conserva comunque i tratti della propria nascita ribelle, presentandosi come "giustiziere anche al di sopra della legge, Topo d'ordine e insieme ribelle in nome di quegli ideali di giustizia che le autorità sono state le prime a violentare", come "un ostinato dissenziente capace di battersi contro ogni forma di prevaricazione, anche se l'esito non è affatto scontato e la vittoria non è sempre dietro la porta. La sua parabola risulta, allora, filosofica nel senso pieno del termine: quello che Gottfredson e i suoi sceneggiatori hanno modellato è un Topo sempre più dubbioso sul significato dell'Universo e il complicato mondo che uomini e topi hanno costruito".
Un Topo che pensa, che dubita, per cui ricerca e avventura - "il piacere della scorribanda intellettuale e il desiderio di esperienze sempre nuove" - non hanno mai fine, che unisce alla "spregiudicatezza nell'affrontare fisicamente il pericolo" anche una certa "audacia intellettuale", che è sempre pronto a imparare un po' da tutte le diversità che le varie forme di vita presentano, sfruttando la ricchezza che tale pluralismo comporta, che è capace - citando James Joyce - di "liberare la mente dalla schiavitù della propria mente".

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