Engels e Marx scriveranno
praticamente La sacra famiglia usando
I Misteri come oggetto polemico e
come filo conduttore, come documento ideologico. Rodolphe scende tra il popolo,
cerca di capire il popolo. Il suo socialismo diventa sempre più partecipato,
ora piange sulle sventure su cui fa piangere. Certo il limite è tutto qui:
piange e fa piangere; proporrà rimedi, ma ne vedremo il limite
sentimentalistico, paternalistico e utopistico. Egli si augura che il popolo
non sia più nella miseria, che cessi di essere plebe affamata, spinta al
delitto suo malgrado, per diventare una plebe sazia, presentabile, che si comporti
come si deve, mentre il borghese e gli attuali fabbricanti di leggi resteranno
i padroni della Francia. Riformismo edulcorato, ci si augura che muti qualcosa
perché tutto resti come prima. La natura riformistico-piccolo-borghese
dell’opera è individuata con molta semplicità nella frase “Ah, se i ricchi lo
sapessero!”. La morale del libro è che i ricchi possono saperlo e intervenire a
sanare con atti di munificenza le piaghe della società. Ma Marx ed Engels vanno
oltre: non si accontentano di individuare in Sue la radice riformistica, ma
additano l’animo reazionario, subdolo, legittimista. Non possiamo escludere,
però, che I Misteri costituissero il
primo grado di rivolta che veniva formulato in modo accessibile e immediato,
secondo la migliore tradizione del socialismo utopistico. Sue non ha speculato
sul popolo. Vi ha creduto realmente. Vi ha creduto da socialista umanitario e
utopista, riflettendo i limiti e le contraddizioni di una ideologia confusa e
eminentemente sentimentale. Con Sue muore il feuilleton classico. Il barone
Haussmann ha già sventrato Parigi l’anno prima. Ha tolto lo scenario per futuri
misteri e soprattutto ha impedito che nelle nuove vie larghe e alberate si
possano fare barricate di sorta.
(Umberto Eco, Il superuomo di massa)
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