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giovedì 5 aprile 2012

pillole amare

Virtualmente tutti i filosofi esistenzialisti parlano in maniera diffusa del tipo di scelta operata da Neo fra onestà e ignoranza, verità e illusione, una scelta fra l’autenticità e l’inautenticità. I personaggi di Matrix e La nausea, romanzo esistenziale di Sartre, illustrano bene i pro e i contro dei due stati.
Come i classici della letteratura esistenzialista, anche Matrix illustra sia le spiacevoli conseguenze dell’autenticità sia il fascino dell’inautenticità. Il personaggio Neo è emblematico dell’agonia che accompagna il movimento verso l’autenticità e la realizzazione di questa. Neo è come il prigioniero che esce dalla caverna di Platone. Cypher, invece, illustra l’attrazione dell’inautenticità optando per l’ignoranza: «Vede, io so che questa bistecca non esiste… so che quando la infilerò in bocca, Matrix suggerirà al mio cervello che è succosa e deliziosa. Dopo nove anni, sa che cosa ho capito? Che l’ignoranza è un bene».
Nel romanzo La nausea, Sartre dimostra come l’autenticità sembri insopportabile e l’inautenticità stessa si presenti come un rifugio. Il protagonista, Roquentin, diviene con riluttanza consapevole della vera natura della realtà. Per esempio, nello stringere la mano di un amico, la lascia andare terrorizzato perché gli dà la sensazione di “un grosso verme bianco”. Analogamente, è paralizzato dalla paura quando afferra la maniglia di una porta che sembra a sua volta afferrarlo. Quando guarda nello specchio per riprendersi, non trova alcun sollievo, alcun conforto, perché “non capisce nulla del suo volto”. Vede invece solo qualcosa “al confine col mondo vegetale, al livello dei polipi, una carne scipita che si chiude e palpita con abbandono". Inoltre, quando guarda la sua mano e al suo posto vede un crostaceo, l’impressione è talmente insopportabile che si pugnala alla mano. In tram un semplice sedile assume l’aspetto della pancia gonfia di un animale morto. Anche se pare che Roquentin stia perdendo contatto con la realtà, alla fine diviene evidente che, in effetti, sta diventando consapevole della sua vera natura. Ciò che le esperienze di Roquentin rivelano è che “la diversità delle cose e la loro individualità non sono che apparenza, una vernice” e che gli uomini esistono – e sono confinati – in un mondo essenzialmente privo di ordine e significato. Ai piedi del castagno “questo Mondo, il Mondo nudo e crudo si mostra d’un tratto”.
Sia Matrix sia La nausea dimostrano che l’autenticità è difficile non solo perché la verità che rivela è dura per lo stomaco, ma anche perché l’inautenticità è la norma della maggior parte della gente. Gli esistenzialisti imputano il prevalere dell’inautenticità tanto alla resistenza psicologica quanto all’indottrinamento sociale. Tuttavia, poiché l’inautenticità rappresenta una fuga davanti a se stessi e noi non possiamo sfuggire a ciò che siamo, una vita inautentica è caratterizzata da un certo disperato fervore e da uno sforzo perpetuo. Oltre a non riuscire a sradicare l’ansietà e a essere costretti a una sorta di “vita in fuga”, vivere in modo in autentico comporta anche la conseguenza negativa di limitare la libertà di un individuo. Anziché abbracciare l’opportunità di creare se stessi, gli individui inautentici preferiscono adottare identità predeterminate, calarsi in ruoli che gli sono stati imposti anziché ritagliarseli da se stessi. Quando accetta la vera natura dell’esistenza, Roquentin smette di correre e comincia a vivere, si impegna nell’arduo e poco attraente compito di esistere giorno per giorno ingiustificabile e senza scuse.

(Jennifer L. McMahon, Ingoiare una pillola amara: l’autenticità esistenziale in Matrix e nella Nausea, in Pillole rosse. Matrix e la filosofia)


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