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lunedì 28 gennaio 2013

lenin è (non) morto

Provando a interpretare il sogno che Trotskij stesso annota nel suo diario relativo a un incontro e dialogo con Lenin, da tempo morto, Slavoj Žižek, in uno scritto contenuto in Politica della vergogna, riconosce che possono esistere due diversi modi di leggerlo.
Un prima possibile lettura è quella per cui «Lenin morto che non sa di essere morto rappresenta il nostro ostinato rifiuto di rinunciare ai grandiosi progetti utopistici e di accettare le limitazioni della nostra situazione: Lenin era mortale e fece errori come chiunque altro, perciò è giunto per noi il momento di lasciarlo morire, di mettere a riposo questo osceno fantasma che ossessiona il nostro immaginario politico, e di affrontare i problemi in modo pragmatico e non ideologico».
Ma c'è un anche un altro senso in cui «Lenin è ancora vivo: è vivo in quanto incarna ciò che Alain Badiou chiama, in modo sfacciatamente platonico, l'"Idea eterna" dell'emancipazione universale, l'immortale lotta per la giustizia che nessuna disfatta e nessuna catastrofe riescono a uccidere».
Come Hegel poté definire la Rivoluzione francese "una splendida aurora" (Lezioni sulla filosofia della storia) senza che ciò gli impedisse una fredda analisi di come quell'esplosione rivoluzionaria di libertà dovesse necessariamente trasformarsi in un terrore autodistruttivo, così Žižek vuole fare con la Rivoluzione d'ottobre, non ritornare a Lenin ma ripetere Lenin. «Ripetere Lenin è accettare il fatto che "Lenin è morto", che la sua soluzione particolare è fallita, e anche in modo mostruoso, ma che c'era in essa una scintilla d'utopia degna di essere salvata. Ripete Lenin significa che si deve distinguere tra quanto Lenin ha effettivamente fatto e il campo di possibilità che ha aperto, la tensione tra ciò che fece concretamente e un'altra dimensione. Significa ripetere non ciò che Lenin HA FATTO, ma ciò che NON È RIUSCITO A FARE, le sue possibilità PERDUTE».  


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