Nonostante l'estatica inutilità, l'uomo, secondo Sloterdijk, mette in atto, pur dopo questa liberazione, una forma di auto-oppressione, una sorta di sartriano engagement, come un attore disoccupato che vada in cerca di un ingaggio. Perché? Né per necessità, né per impulso, né per nevrosi, né per mancanza, secondo l'autore di Stress e libertà, ma come conseguenza della libertà stessa, che si rivela quale sfondo di orgogliosa e generosa disponibilità ad elevarsi sopra l'ordinario, di nobile slancio verso l'alto.
Anche in questa svolta verso l'attività, la praticità, la libertà mantiene comunque la propria sostanziale negatività, in quanto si esprime quale «rifiuto della tirannia del probabile», ribellione contro un'intollerabile meschinità: «in realtà, “libertà” è solo un altro nome
per “nobiltà”, ovvero quella disposizione d’animo che, in qualsiasi condizione,
si orienta al meglio, a ciò che è più difficile, proprio perché è abbastanza
libera per quello che è meno probabile, meno volgare, meno comune. In tal
senso, libertà è disponibilità all’improbabile».
In quanto elevazione spontanea
sull’ordinarietà e sulla mediocrità, disponibilità
all’inaspettato e al più impegnativo, "libertà" è allora un altro nome anche per "verticalità", quella con cui sono alle prese tutti gli uomini (non solo quelli che i paladini americani della correttezza, ricorda Sloterdijk in Devi cambiare la tua vita, hanno chiamato vertically challenged people): «"persone alle prese con la verticalità". Bisognava parlare dei disabili, di chi ha una complessione diversa, per arrivare a una formulazione che esprimesse la costituzione universale degli esseri soggetti alla tensione verticale». L'acrobatica è una delle categorie da utilizzare quando si riflette sulla condizione umana, su quell'animale instabile, privo di protezione, condannato al funambolismo che è l'uomo.
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