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lunedì 26 agosto 2013

capezzoli e altre struggenti mutazioni

Nel romanzo di Dave Eggers L'opera struggente di un formidabile genio, il ventenne Dave si ritrova improvvisamente a fare da genitore al fratellino di otto anni Toph, cui, in uno dei passaggi iniziali del libro, predice il suo imminente futuro pre-adolescenziale di mutazioni fisiche.

"Ehi."
"Cosa, cosa c'è?"
"Ma che cos'hai ai capezzoli?"
"In che senso?"
"Non so, sporgono."
Lo guardo dritto negli occhi.
"Toph, voglio dirti qualcosa. Qualcosa sui miei capezzoli. Voglio dirti dei miei capezzoli e più in generale dei capezzoli dei maschi della nostra famiglia. Perché un giorno, figliolo (facciamo spesso questo gioco, e lui mi dà corda, il gioco in cui io lo chiamo figliolo e lui mi chiama papà, e ci parliamo un po' come tra padre e figlio, scherzandoci su ma al tempo stesso sentendoci intimamente a disagio a usare quei termini), un giorno i miei capezzoli saranno i tuoi capezzoli. Un giorno anche tu avrai capezzoli che protrudono in modo innaturale dal tuo petto, capezzoli che si irrigidiranno alla più lieve sollecitazione, impedendoti di indossare altro che pesanti magliette di cotone."
"Ma va'."
"Sì, Toph" dico osservando l'oceano con fare pensoso, come a cercarvi il futuro. "Erediterai questi capezzoli, come erediterai una struttura ossuta e scheletrica che non si riempirà fino a dopo i vent'anni, oltre al fatto che la pubertà ti coglierà in scandaloso ritardo e ben presto quella lunga chioma bionda e liscia che ti fa assomigliare vagamente a un River Phoenix giovane, quella chioma dicevo, si infittirà, si indurirà, diventerà più scura e si arriccerà in modo talmente intricato e selvaggio che al tuo risveglio ti sembrerà di avere fatto tre permanenti e di aver poi guidato per sei ore in una decapottabile. Lentamente ma inesorabilmente diventerai brutto, e la tua pelle sarà solcata da un'acne talmente feroce che, a parte la generica brufolosità che ti devasterà le guance e il mento, sottopelle ti verranno anche delle palline - il tuo dermatologo le chiamerà 'cisti' - che ogni paio di settimane si formeranno negli interstizi esterni delle tue narici, e saranno talmente grosse e rossastre che gli estranei trasaliranno a dieci metri di distanza e i bambini vedendoti ti indicheranno e scoppieranno a piangere."
"No."
"Oh, sì."
"Non esiste. Scommetto che sarò diverso, io."
"Prega fin d'ora."

A scopo decorativo e protettivo, Dave dipinge quindi due enormi supereroi, per l'esattezza due mutanti, due X-Men (Wolverine e Cable), sui muri della camera del fratellino. "Toph dorme per l'intera durata del lavoro, mentre la vernice sgocciola sul copriletto e sulla sua gamba sinistra scoperta". 
Il tema del cambiamento, della metamorfosi, della muta, della mutazione, torna anche nelle riflessioni del fratello maggiore sul raccontare la propria esistenza, anche nei dettagli, anche nelle cose più intime: "Queste cose, i dettagli, le storie e quant'altro, sono come la pelle di cui i serpenti si spogliano, lasciandola a chiunque da guardare". Dave, che scrive questa struggente opera della sua vita, è il serpente "e dunque, il serpente dovrebbe portare la pelle con sé, tenersela sempre sotto braccio? Dovrebbe farlo? No, certo che no! Non ha braccia, un serpente! Come cazzo fa a portarsi in giro la pelle? Per favore".
E vwerso la fine del romanzo, come avviene per il tredicenne protagonista de L'estate alla fine del secolo di Fabio Geda, poi, uno dei segni e delle tracce della mutazione di Toph è il cambiamento del vocabolario con cui ci si rivolge agli altri, l'adozione di un linguaggio nuovo, diverso, espressione di nuovi sentimenti e di diverse emozioni, di mutate tensioni.

Toph come sempre non guarda giù, il che è comprensibile, visto che non apprezza la mia guida senza mani, usando per un po' solo le ginocchia, guarda un po' qui, guarda che figata ah ah ah!
"Testa di cazzo, non fare così."
"Cosa?"
"Usa le mani."
"Non puoi chiamarmi in quel modo."
"Va bene. Testa di cavolo."
E per quanto preoccupante possa essere udire la sua prima parolaccia nei miei confronti - perlomeno è la prima volta che gliene sento usare una -è anche abbastanza emozionante. Meravigliosamente emozionante. Sentirgli esprimere della rabbia è un vero sollievo. Mi sono sempre preoccupato della sua mancanza di rabbia, del fatto che io e lui andassimo troppo d'accordo, del fatto che forse non gli avevo dato sufficienti occasioni di conflitto. Avrebbe bisogno di conflitti, avevo cominciato a dirmi. Dopo tanti anni di armonia e coccole, era giunto il momento di dare al ragazzo qualcosa di cui potesse incazzarsi. Altrimenti come ce l'avrebbe fatta nella vita? Da dove avrebbe attinto motivazione, se non dal desiderio di farmi a pezzetti? Fino a quel momento non c'era stata che mutua devozione e complicità e quei suoi occhioni gentili e quella sua saggezza pura da bambino... ma adesso! Sono una testa di cazzo! Che sollievo. Un via d'uscita, finalmente la verità, infine, limpida e inevitabile! E forse avrei dovuto notarne i segni premonitori. Quando avevamo fatto la lotta, poco prima sul pavimento di casa, e qualche giorno fa al campo da tennis quando gli avevo tirato a forza le mutande su per il culo, non aveva reagito combattendo con insolita convinzione? Non aveva raggiunto in effetti una buona presa, e non l'aveva mantenuta per un po' con inedita tenacia, molto più a lungo di quanto solitamente gli sarebbe stato possibile? Il suo corpo non si era teso in modo nuovo, la stretta delle sue mani non si era rafforzata, i suoi occhi non hanno ora un non so che di abbandono, non tradiscono una certa rabbia che arriva da chissà quali luoghi lontani? Sì, sì! Ormai siamo onnipotenti.
Finalmente!
"Non puoi dirmi nemmeno testa di cavolo."
"Va bene."
"Testa di cavolo è persino peggio di testa di cazzo."
"Va bene. Stronzo."
"Stronzo va benissimo."





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