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domenica 16 febbraio 2025

desiderare draghi con tutto il cuore (on fairy-stories 1di2)

Altro libro letto per il gruppo di lettura di questo mese è stato Albero e foglia di J.R.R. Tolkien. Il volume, pubblicato nel 1964, riunisce il racconto "Foglia", di Niggle e il saggio Sulle fiabe; nell'edizione da me letta sono inclusi anche la poesia Mitopoeia e un altro paio di racconti.

In On Fairy-Stories Tolkien si interroga innanzitutto su cosa sia una fiaba, non trovando adeguate le definizioni da dizionario che rimandano o a un racconto riguardante le fate, o a una storia irreale o incredibile ovvero una fola. Definizioni tanto meno adeguate se si guarda a come le fate siano a loro volta definite nei lessici: esseri soprannaturali di piccola statura. Ora, argomenta Tolkien, soprannaturale è un aggettivo ambiguo, comunque difficile da riferire alle fate: infatti, è l'uomo che, a paragone delle fate, è soprannaturale, laddove esse sono naturali, assai più naturali di quanto non sia lui. E quanto alla statura minuscola, la piccolezza non è una caratteristica del popolo fatato, degli abitanti di Feeria nel loro complesso, essa rientra piuttosto, a giudizio dell'autore, nell'amore tipicamente inglese per il delicato e il grazioso, e, pure, Tolkien ha il sospetto che questa minuzia di fiori e farfalle sia in parte il prodotto di una razionalizzazione che ha trasformato la malia del paese degli elfi in mera sottigliezza, e l'invisibilità in una fragilità tale da potersi celare in una primula: è una tendenza che sembra essere divenuta di moda non appena i grandi viaggi hanno cominciato a far apparire il mondo angusto per gli uomini e gli elfi assieme.
La definizione è troppo ristretta, le storie di fate non sono storie su fate o elfi, bensì vicende in cui si narra del mondo fatato, cioè Feeria, reame che contiene molte altre cose accanto a elfi e fate, gnomi, streghe, trolls, giganti e draghi: racchiude i mari, il sole, la luna, il cielo, e la terra e tutte le cose che sono in essa. Gran parte delle fiabe parlano di avventure di uomini nel Reame Periglioso o nelle sue incerte marche di frontiera. Ciò che una favola è non dipende da elfi o fate, bensì dalla natura di Feeria, del Reame Periglioso, dall'atmosfera che vi domina.
Così, non rientra nelle fiabe il genere dei racconti di viaggio, i quali riferiscono molte meraviglie, visibili però in questo mondo mortale. I racconti di Gulliver non hanno diritto d'accesso in questa categoria. In secondo luogo, oltre ai racconti di viaggio, Tolkien esclude e definisce non pertinente qualsiasi racconto che ricorra al meccanismo del sogno per giustificare le meraviglie che vi compaiono: per una fiaba è essenziale che essa sia presentata come vera, dunque le storie dell'Alice di Lewis Carroll non possono dirsi fiabe. C'è poi un altro tipo di racconto meraviglioso che Tolkien escluderebbe, ovvero le favole di animali puramente tali, quelle in cui la forma animale non è che una maschera su un volto umano, un espediente cui fa ricorso il satirico o il predicatore. I racconti di Beatrix Potter si situano al di qua dei confini di Feeria.

Tolkien si interroga poi sull'origine delle fiabe, argomentando che evoluzione indipendente, derivazione da un ceppo comune, oppure diffusione in varie epoche da uno o più centri, tutte e tre le possibilità riconducono a un inventore, a un narratore. La mente incarnata, la favella e il racconto sono, nel nostro mondo, coeve: la mente umana, dotata dei poteri di generalizzazione e astrazione, percepisce non soltanto erba verde distinguendola da altri oggetti, ma s'avvede che è sia verde sia erba. E quanto possente è stata l'invenzione dell'aggettivo, nessuna formula magica o incantesimo lo è di più. La mente che pensò leggero, pesante, grigio, giallo, immobile, veloce, concepì anche la magia atta a rendere cose pesanti, leggere e atte a volare, a trasformare il grigio piombo in giallo oro, l'immobile roccia in acqua veloce. Se possiamo distinguere il verde dall'erba, l'azzurro dal cielo, il rosso dal sangue, abbiamo già il potere di un mago, e si desta allora il desiderio di esercitare tale potere sul mondo esterno alla nostra mente: possiamo stendere un ferale verde sul volto di un uomo e generare un orrore, possiamo far germogliare boschi di argentee foglie e far indossare agli arieti velli d'oro, possiamo mettere fuoco caldo nel gelido ventre del drago. Ma tali fantasie sono la matrice di nuove forme, ha inizio Feeria, l'uomo diviene un subcreatore.

Opportuno poi per Tolkien passare ai bambini, per disinnescare la connessione istituita tra essi e fiabe. Le fiabe, nel moderno mondo alfabetizzato, sono state relegate nella stanza dei bambini, così come mobili sciupati o fuori moda vengono relegati nella stanza dei giochi. In tempi recenti è stato prodotto uno spaventoso sottobosco di racconti scritti o adattati - edulcorati, espurgati, spesso sciocchi, leziosi, paternalistici - a quello che è ritenuto essere il livello della mente e dei bisogni infantili, come può accadere con la musica, la poesia, la storia, i manuali scientifici,  concedendo così alla stanza dei bambini e all'aula scolastica assaggi e barlumi del mondo adulto che, nell'opinione dei grandi (spesso assai errata), sono adatti ai bambini stessi. Tutto questo nella convinzione che caratteristiche dei bambini siano la credulità e appetito per le meraviglie.
Ma, rammenta Tolkien di se stesso, non ho mai pensato che il drago appartenesse allo stesso ordine del cavallo, il drago portava il marchio Made in Feeria impresso a chiare lettere, e quale fosse il mondo in cui menava la sua esistenza era pur sempre un Altro Mondo. La fantasia, la creazione o il balenare di Altri Mondi costituiscono il nucleo del desiderio di Feeria. Desideravo draghi con tutto il mio cuore: il mondo che comprendeva un Fàfnir, sia pure soltanto immaginario, era più ricco e più bello, per quanto pericoloso fosse. L'abitante delle tranquille e fertili pianure può sentirsi raccontare delle colline impervie e dei mari infecondi, e desiderarli in cuor suo, perché il cuore è saldo anche se il corpo è debole.
Si deve sperare che i bambini potranno avere fiabe a loro misura, al di là anziché al di sotto della loro misura. I loro libri, al pari dei loro indumenti, dovrebbero tener conto della crescita, e in ogni caso i libri dovrebbero incoraggiarla.

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