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mercoledì 29 giugno 2011

deviseificazione

«E adesso forza, facce, fatevi avanti! No, non vi dico addio, estranee sconosciute facciate dei tizi estranei e sconosciuti che mi leggeranno, anzi, vi do il benvenuto. Salve graziose ghirlande di parti del corpo, tutto comincia adesso: fatevi avanti, venite a me, rimpastatemi pure, fabbricatemi una faccia nuova, perché debba di nuovo fuggirvi e rifugiarmi in altre persone e correre correre correre attraverso tutta l'umanità».
(Witold Gombrowicz, Ferdydurke)

Il protagonista del romanzo di Gombrowicz accetta il tentativo di sfuggire al viso, sembrando in ciò seguire il suggerimento filosofico di Deleuze e Guattari sulla "deviseificazione": «essa libera per così dire teste cercanti che disfano gli strati al loro passaggio, forano i muri di significanza e balzano fuori dai buchi di soggettività, abbattono gli alberi per fare posto a veri e propri rizomi, e guidano i flussi verso linee di deterritorializzazione positiva o di fuga creatrice» (Gilles Deleuze, Félix Guattari, Millepiani).

witkiewiczE Stanislaw Ignacy Witkiewicz (aka Witkacy) - pittore, commediografo, filosofo, critico letterario, romanziere e amico di Gombrowicz - sembra mettere in pratica, con La Ditta dei ritratti,  proprio l'idea che
la personalità sia al limite afferrabile solo in molteplici sequenze, in molti ruoli-maschere, eseguendo infatti una serie di ritratti di uno stesso soggetto e in una varietà di stili - da quelli più “rileccati”, vicini al kitsch, fino a un groviglio di linee quasi astratto, e alcuni realizzati con l’ausilio di narcotici di qualità superiore (alcol, cocaina, caffeina, etere, tè, mescalina) e dal prezzo inestimabile.
Così, nell’anarchia totale di un disegno ribelle che, pur senza rifiutare il ritratto, gli dimostra ostentatamente la sua disistima, nel moltiplicarsi all’infinito della forma che confonde l’immagine e fa aumentare la tensione, il disegno raggiunge il limite oltre cui appare il “mistero”.


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