Cosa voleva dire Badiou quando disse che uno dei nostri problemi oggi è che c’è troppa libertà? Forse un esempio estremo di quello a cui voleva arrivare lo possiamo vedere nella vacuità morale ritratta nel documentario Freemen: When Killers Make Movies, girato in Indonesia nel 2007. il film racconta di un caso di oscenità che raggiunge proporzioni estreme: un film, girato da Anwar Congo e i suoi amici, che sono oggi uomini politici rispettati, ma che erano un tempo gangster e leader di squadroni della morte che giocarono un ruolo chiave nell’uccisione nel 1966 di circa 2,5 milioni di presunti simpatizzanti comunisti. Freemen tratta di «assassini che hanno vinto, e del tipo di società che hanno costruito». Dopo la loro vittoria, i loro crimini non vennero relegati allo status di «sporchi segreti», il crimine fondatore le cui tracce devono essere cancellate; al contrario, gli assassini millantano apertamente i dettagli dei loro massacri. Nell’ottobre del 2007, la televisione statale indonesiana produsse un talk show che esaltava Anwar e i suoi amici; nel mezzo dello show, dopo che Anwar dice che i loro omicidi erano ispirati da film di gangster, la raggiante presentatrice si volta verso la telecamera e dice: «Stupefacente! Un grande applauso per Anwar Congo!». Quando chiede a Anwar se teme la vendetta dei parenti delle vittime, lui risponde: «Non possono. Appena alzano la testa li annientiamo!». Il pubblico in studio esplode in applausi esuberanti.
Il punto sono gli effetti dissestanti della globalizzazione capitalistica che, minando l’«efficacia simbolica» delle strutture etiche tradizionali, crea un tale vuoto morale. Qui uno sguardo all’Italia di Berlusconi può essere istruttivo. Siamo certamente ben distanti dai freemen dell’Indonesia, ma i primi passi in questa direzione sono stati compiuti: l’ostentazione pubblica di oscenità private, le confessioni indecenti in show televisivi, il miscuglio senza vergogna di politica e interessi affaristici privati, tutto questo crea poco a poco un pericoloso vuoto morale. Il 4 settembre 2009 Niccolò Ghedini, l’avvocato di Berlusconi, disse che Berlusconi «è pronto ad andare in tribunale a spiegare che non solo non è un gran porco, ma non è nemmeno impotente». Dà i brividi immaginare come esattamente Berlusconi potrebbe «spiegare» la sua potenza sessuale.
L’attuale «ubuismo» del potere – il termine fu coniato da Foucault, che si riferiva a Ubu roi di Alfred Jarry, per caratterizzare la sovranità oscena/stravagante di un potere decadente – sta in forte contrasto con i «totalitarismi» del ventesimo secolo, che insistevano sull’intoccabile dignità di coloro che stavano al vertice del potere. Nell’odierna politica «ubuizzata» l’impossibile diventa possibile, e questo tipo di autoderisione avviene sempre, mentre il potere continua a funzionare senza intoppi. Il compito è di ripristinare la cortesia: la cortesia supplisce alla mancanza o al collasso della sostanza dei costumi, la cortesia sta per la consuetudine dopo la caduta del grande Altro, assume il ruolo principale quando i soggetti incontrano una mancanza di etica sostanziale. Quanto più manca il «profondo» contesto etico sostanziale, tanto più abbiamo bisogno di una cortesia «superficiale».
Nell’Italia di Berlusconi, dove un autoproclamato clown gode di popolarità, alcune forme di violenza dovranno chiaramente essere riabilitate.
(da Slavoj Žižek, Vivere alla fine dei tempi)
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