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martedì 21 giugno 2011

occhi di gatto

«Agli occhi del gatto tutto è del gatto» è un proverbio inglese che mi ha inconsapevolmente citato una studentessa l'anno scorso mentre la interrogavo sull'immagine dell'uomo nel periodo umanistico/rinascimentale. 
Discutendo della critica mossa da Montaigne nei suoi Saggi alla visione presuntuosa e arrogante di un uomo che è «la piú disgraziata e la piú fragile di tutte le creature e tuttavia la piú orgogliosa», che «s'immagina di porsi al di sopra della sfera lunare e di poter mettere il cielo sotto i suoi piedi»  e che «per la vanità di questa stessa immaginazione  si eguaglia a Dio, si attribuisce le possibilità divine, attribuisce a se stesso ogni privilegio e si separa dalla massa delle creature», ricordavo di come il filosofo francese avesse fatto proprio l'esempio della sua gatta per spiegare tutto ciò: «quando gioco con la mia gatta chissà se essa mi prende come suo passatempo cosí come faccio io per essa?».
 

Leggendo Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf, mi imbatto in un «gatto dell'isola di Man, fermo al centro del prato come se anche lui interrogasse l'universo».
 

Solo piccole risonanze.

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