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martedì 12 aprile 2011

barbara gordon e la perfettibilità morale

La storia di Barbara Gordon illustra i temi chiave della perfettibilità morale, teoria filosofica rintracciabile ovunque ci siano vicende relative al progresso morale di individui. Il tema centrale della perfettibilità morale è che il sé può migliorare e che una vita veramente morale è quella in cui il sé tenta continuamente di progredire. Altre tematiche riguardano il ruolo che i modelli e gli amici giocano nella propria ricerca di un progresso morale, e i continui pericoli di un inappropriato conformismo nella propria avventura morale, nello sviluppo di un sé morale ben distinto.
In Batgirl: Anno uno, abbiamo un accesso diretto ai pensieri di Barbara Gordon: «Voglio entrare in azione. Qualcosa che mi faccia uscire da dove sono, da dove non voglio essere». Questo momento nella vita di Barbara è accostabile a un passaggio del saggio Sulla libertà del filosofo John Stuart Mill: «In questi tempi, dalle classi più alte alle più basse della società, ognuno vive come sotto l’occhio di un ostile e terribile censore. Non ci si chiede cosa preferisco? Cosa si adatta al mio carattere e alle mie attitudini? Cosa permetterebbe al meglio che c’è in me di avere spazio e possibilità per crescere e prosperare?». La via di uscita da questa condizione meno che desiderabile è porre attenzione ai propri desideri. Barbara Gordon chiaramente fa esperienza di una pressione a conformarsi a ciò che suo padre vuole e che la società in generale si aspetta da una giovane donna della sua età, e trova questa condizione indesiderabile: «Devo trovare un altro cammino. Indovinare il mio proprio futuro, uno unicamente mio. Non una pagina del libro di un altro. Posso diventare qualcosa di più, qualcosa di più alto. Uscita dal guscio in cui ero, emergerò migliore. Mi alzerò con nuove ali. Come una falena, o un pipistrello».
Barbara ha bisogno, come tutti, di un modello, un paradigma, un mentore che la aiuti a rappresentarsi chi è, o meglio chi vorrebbe essere. Il ruolo di un modello nella ricerca per una vita morale ha una lunga storia che può essere fatta risalire almeno a Socrate e ai suoi seguaci. Questi erano essenzialmente giovani che percepivano nella vita di Socrate un orientamento verso il bene verso cui anche loro erano trascinati. Ma ci sono dei pericoli nel basarsi su un simile rapporto. Fondamentale è che il modello non deve essere emulato. Friedrich Nietzsche nel suo saggio su Schopenhauer come educatore afferma: «È difficile creare in qualcuno una condizione di intrepida autoconoscenza perché è impossibile insegnare l’amore; perché è solo l’amore che può concedere all’animo non solo una visione chiara, discriminante e auto-sprezzante di sé, ma anche il desiderio di guardare oltre se stesso e ricercare con tutte le proprie forze un più alto sé ancora celato». Ricercare un sé più alto ma ancora celato è esattamente ciò che Barbara Gordon sta facendo. La parola iniziale di Batgirl: Anno uno è “maschere”. La maschera rivela l’identità. La maschera metaforica che indossa all’inizio è precisamente quella che nasconde il suo più alto sé. È ciò che potremmo chiamare la maschera da “Barbara Gordon”, il guscio che circonda la bibliotecaria e nipote del tenente James Gordon. È solo quando indossa la maschera da Batgirl che inizia il suo viaggio verso un più alto sé, il sé futuro, quello che non conosce ancora. È in Batman che Barbara cerca un riconoscimento, gli chiede di accettare il suo desiderio per un sé migliore. Ha bisogno che il suo desiderio venga riconosciuto, ha bisogno di sapere che esso ha un senso per gli altri come sorta di conferma che ne abbia per lei. Allo stesso tempo, mentre è chiaro che Batman è il suo modello, è altrettanto chiaro che il cammino individuale di Barbara non può essere semplicemente una copia di quello di Batman. il percorso di ognuno deve essere radicato nelle esperienze e nei desideri individuali, e il ruolo di Batman come modello è quello di rimandare indietro a Barbara l’immagine della legittimità e della specificità del suo proprio desiderio per un sé migliore.
Sarebbe un malinteso, però, ritenere che esista un unico giusto sé, un unico sé più alto e migliore che è l’obiettivo finale della ricerca, che la ricerca possa finire, il gioco terminare. Perché tanta gente dovrebbe lottare con forme inappropriate e in autentiche di conformismo se la genuina individualità fosse così chiara e semplice da raggiungere? Barbara – anche una volta divenuta Batgirl – riconosce che il sé che spera di raggiungere, che è in cammino per raggiungere, è provvisorio. L’ultima frase di Batgirl: Anno uno esprime la fragilità del presente e ironicamente presagisce il futuro: «Nonostante il mio grande e immutato rispetto per gli oracoli, ho deciso di rinunciare a predizioni e portenti. C’è ciò che potrebbe essere e c’è la vita che conduco in questo momento». In Oracle: Anno uno, Barbara inizia il lungo processo di recupero dalle ferite inferte dal Joker – sulla graphic novel di Alan Moore The Killing Joke – al suo corpo e alla sua mente e di trasformazione in Oracolo, e questo passa necessariamente attraverso un allontanamento da Dick Grayson, precedentemente assistente di Batman come Robin che ha ora assunto la nuova identità di Nightwing. Barbara decide che non può più vederlo, avendo compreso che Dick è diventato semplicemente un altro Batman. Barbara ha diagnosticato la possibilità latente in una versione deformata della perfettibilità morale, quella in cui la ricerca per un sé più alto si trasformi nel divenire niente più che una semplice copia del sé più alto di un’altra persona. Vedere Nightwing non smette di ricordarle ciò che era prima, le presenta qualcosa come un modello retrogrado che la spinge indietro verso il cammino passato. Così Barbara riconosce il modo in cui il passato stesso può intrappolarci in una sorta di conformismo, o ciò che John Stuart Mill chiamava un costume, uno schema  abituale.
A volte non è il riconoscimento e la guida di un modello ciò di cui abbiamo bisogno, ma qualcuno che semplicemente ascolti i nostri tentativi di capire noi stessi, di arrivare a una qualche misura di autocoscienza. Un amico è precisamente quella persona che in ogni momento sa accompagnarti nel tuo viaggio ascoltandoti con orecchie limpide, incoraggiandoti e supportandoti quando è ciò che ti serve. L’amicizia stimola a migliorare, spinge nella direzione della crescita, verso un sé non raggiunto ma raggiungibile.

(da James B. South, Barbara Gordon and moral perfectionism, in Superheroes and philosophy)

 

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