Evangelion ha una complessità drammatica che implica una stratificazione concentrica di possibili interpretazioni e comprende un’altrettanto intricata serie di riferimenti ipertestuali e interdisciplinari, ha una fabula e un intreccio che si fanno talmente ingarbugliati e densi, da renderlo un’opera bifronte, essoterica ed esoterica come lo Zarathustra di Nietzsche, che il suo autore sottotitolò un libro per tutti e per nessuno.
Già da subito, lo scontro tra l’angelo Sachiel e l’Eva 01 guidato dal protagonista della serie Shinji, potrebbe essere letto, parzialmente ma legittimamente, come una riflessione sul tema dell’altro. Chi è l’altro? Cosa comporta venire in contatto con l’altro? Cosa cerca nell’altro? In Evangelion sembrerebbe un topos centrale, tanto da ritornare quasi in ogni episodio e venire esplicitato nel terzo da uno scambio tra due personaggi in cui, parlando di Shinji, si dice che il ragazzo sta vivendo il dilemma del porcospino, secondo cui tanto più due esseri si avvicinano tra loro, molto più probabilmente si feriranno l’uno con l’altro: «Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione» (Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena). Allegoricamente potrebbe succedere proprio questo nello scontro: l’Eva 01 si avvicina all’Angelo, all’altro, ne supera la barriera emotiva, l’AT-Field – Absolute Terror Field, lo scudo protettivo generato da Eva e Angeli, e anche la barriera dell’animo, il confine dell’individualità umana, è termine preso a prestito dalle teorie psichiatriche relative all’autismo e allo stato di terrore assoluto in condizioni di violazione grave del dominio dell’io –, e viene in contatto con il nucleo, con l’essenza intima dell’altro. La cosa però è molto, molto dolorosa. Addirittura letale per uno dei due. A restare in piedi sarà il più adatto a vivere. Gli Angeli, i “mostri”, i nemici, gli altri, non sono che diverse possibilità di esistenza, ma il più adatto a vivere non significa il più forte, non è una questione darwiniana, è semmai una questione di volontà, al limite del nietzschiano. Il più adatto alla vita è colui il quale vuole vivere. Shinji non sa perché vive e non sa se vuole vivere, perché la vita fa male. Vivere significa entrare in contatto con gli altri, e allora la felicità è fare quello che agli altri fa piacere, fare quello che dicono gli altri per piacere agli altri ed essere accettati appagando il proprio bisogno di consolazione.
Affrontando l’angelo Leliel, l’Eva 01 viene inghiottito nel Mare di Dirac (la zona dei numeri immaginari, un modello teorico del vuoto visto come un mare infinito di particelle di energia negativa). Shinji rimane ore all’interno del nulla e si trova a fare i conti con la sua vita ma soprattutto con se stesso: «Ciascun individuo ha dentro se stesso un altro se stesso; ogni individuo è in effetti costituito da due diversi se stessi. Il se stesso che è soggetto osservante e il se stesso che è oggetto osservato. Ogni oggetto d’osservazione ha però natura molteplice ed esistono quindi molteplici Shinji Ikari. Ognuno di essi è un diverso Shinji Ikari, ma sono tutti il vero Shinji Ikari. Tu hai paura degli Shinji Ikari contenuti nelle altre persone».
(da Jadel Andreetto, Neon Genesis Evangelion (Un anime per tutti e per nessuno), in Pop Filosofia)
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