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giovedì 5 maggio 2011

il triste tropico del dottor manhattan (2di2)

È del tutto evidente, a questo punto, che in Watchmen l’alternativa tra il cinismo amorale del Comico e la ragione calcolante di Ozymandias è più apparente che reale. Anche per Ozymandias gli uomini non sono in grado di governarsi: sono la malattia, non il sintomo. L’umanità deve essere assoggettata ad una “luminosa trasformazione”. E anche tra Ozymandias e Rorschach, al di là delle differenze espressive, ciò che è comune è l’essenziale. Il motto kantiano fiat lex, pereat mundus potrebbe essere il loro: la coerenza della ragione è tutto, i mezzi e i costi sono irrilevanti o sopportabili. La similitudine tra i due spiega molto bene l’affinità tra il Despota totalitario che cerca di costringere e immobilizzare la totalità di ciò che è significabile e conoscibile all’interno della propria verità, e il tecnocrate che pretende di dettare, con il proprio sapere tecnico-funzionale, il ritmo della società e del senso che al suo interno si produce. Nel caso di Rorschach l’annuncio della fine del mondo come punizione per i peccati dell’Umanità, nel caso di Ozymandias la nuova Utopia dell’umanità salvata dall’inferno dalla nuova guida. In ambedue i casi la cifra del significante è la dimensione religiosa: si tratta di sapere solo se questo dio sia vendicativo o misericordioso.
Per rimuovere la sofferenza, l’ingiustizia, la miseria, scriveva il giovane Marx, non basta studiare il mondo: bisogna cambiarlo. Nella prassi. A loro modo, gli eroi mascherati di Watchmen hanno cercato l’anello che non tiene in questa catena: il rigore senza mediazione del “kantiano” Rorschach, il decisionismo cinico del Comico, l’illuminismo imperialistico di Ozymandias. Ma, ribatte l’etnologo Lévi-Strauss, «a che serve agire se il pensiero che guida l’azione conduce alla scoperta dell’assenza di senso?» (Tristi tropici). Ma la sofferenza di un singolo essere umano – Laurie Juspeczyk/Silk Spectre II –, l’improbabile catena combinazione di eventi che determina la sua sofferenza, il “miracolo termodinamico”, è ciò che conferisce senso alla sua esistenza, e con la sua a quella di chiunque al mondo: è questa scoperta del senso che si genera a dispetto della sua improbabilità a spingere Manhattan a lasciare Marte e ritornare sulla Terra per cercare di fermare Ozymandias. Il senso è creazione, è un prodotto, un effetto scaturito dalla combinazione di elementi che di per sé non sono significanti. Il non-senso, il casuale, l’imprevedibile non è la negazione del senso, ma ciò che lo precede, ciò che lo produce. C’è sempre un eccesso, una sovrapproduzione di senso, come sanno lo sguardo di Manhattan e la scienza di Lévi-Strauss: proprio per questo, ciò che chiamiamo “senso” è una scelta che dev’essere fatta, un gesto. Il senso non viene prima, dev’essere prodotto proprio perché non viene, ma c’è. Viene dopo, non va riconosciuto come Verità, ma creato. Creare un mondo nel quale sia possibile pensare questo senso – nel quale nessuno sarà guardato da un Guardiano – è un compito politico, dunque culturale.

(da Girolamo De Michele, Watchmen (Il triste tropico del Dottor Manhattan), in Pop filosofia)

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