Davvero bello e tremendo il romanzo Jezabel di Irène Némirovsky, impossibile non identificarsi nella protagonista, con la quale si arriva a scoprire che alla fine, tutte le passioni sono tragiche, tutti i desideri maledetti, perché si ottiene sempre meno di quel che si è sognato.
Lei, la mano ancora infantile, magra e senza anelli, il braccio snello su cui vi erano lividi e graffi perché, in certi momenti, si comportava come un maschiaccio, era brutale e amava i cavalli focosi, gli ostacoli, i pericoli. La sua è davvero la voce della giovinezza che chiede di essere eterna, che il piacere del ballo non finisca mai.
«Ho avuto anch'io diciott'anni, Gladys,» disse «e neanche tanto tempo fa... Capisco che il ballo vi appassioni, ma occorre saper abbandonare il piacere prima che sia lui ad abbandonarci... È tardi. Non vi siete divertita abbastanza?...»
«Sì, ma questo è già il passato» mormorò Gladys suo malgrado.
«Per non aver voluto rientrare all'ora giusta, domani sarete pallida e stanca... Questo ballo non è l'ultimo, la stagione non è ancora finita...»
«Ma presto lo sarà» disse Gladys e i suoi grandi occhi neri brillarono di desiderio e di disperazione. Gladys chinò il capo, ma non ascoltava; nel suo cuore si levava una voce interiore, ardente e selvaggia, che copriva tutte quelle vane parole, una voce forte e crudele che gridava: «Lasciami stare!... Lasciami al mio piacere!». Non sentiva nient'altro che quella fanfara inebriante, la voce stessa della sua giovinezza.
Lei, la mano ancora infantile, magra e senza anelli, il braccio snello su cui vi erano lividi e graffi perché, in certi momenti, si comportava come un maschiaccio, era brutale e amava i cavalli focosi, gli ostacoli, i pericoli. La sua è davvero la voce della giovinezza che chiede di essere eterna, che il piacere del ballo non finisca mai.
«Ho avuto anch'io diciott'anni, Gladys,» disse «e neanche tanto tempo fa... Capisco che il ballo vi appassioni, ma occorre saper abbandonare il piacere prima che sia lui ad abbandonarci... È tardi. Non vi siete divertita abbastanza?...»
«Sì, ma questo è già il passato» mormorò Gladys suo malgrado.
«Per non aver voluto rientrare all'ora giusta, domani sarete pallida e stanca... Questo ballo non è l'ultimo, la stagione non è ancora finita...»
«Ma presto lo sarà» disse Gladys e i suoi grandi occhi neri brillarono di desiderio e di disperazione. Gladys chinò il capo, ma non ascoltava; nel suo cuore si levava una voce interiore, ardente e selvaggia, che copriva tutte quelle vane parole, una voce forte e crudele che gridava: «Lasciami stare!... Lasciami al mio piacere!». Non sentiva nient'altro che quella fanfara inebriante, la voce stessa della sua giovinezza.
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