Osservando i fatti da questa prospettiva, appare chiaro che l'arte di strisciare è senz'altro la più difficile da praticare. Tale sublime disciplina è forse la più grande conquista fatta dallo spirito umano. Solo al cortigiano è dato di trionfare su se stesso e di riportare una vittoria assoluta sugli impulsi del cuore. Guardate come si umilia, si riduce a un niente; attende di ricevere dal proprio padrone la propria essenza, cerca di individuare nei suoi tratti caratteri che lui stesso deve assumere; è come una cera malleabile pronta a ricevere qualsiasi calco le si voglia imprimere. Certi mortali sono affetti da una rigidità di spirito, un difetto di elasticità nei lombi, una mancanza di flessibilità nella cervicale; quest'infelice funzionamento impedisce loro di perfezionarsi nell'arte di strisciare e li rende incapaci di carriera a Corte. Serpenti e rettili guadagnano cime e rocce su cui neanche il cavallo più impetuoso riesce ad issarsi. La Corte non è per niente adatta a quei personaggi alteri, tutti d'un pezzo, incapaci di cedere a capricci, di assecondare fantasmi e nemmeno, se necessario, approvare o favorire crimini che il potere giudica necessari al benessere dello Stato.
Un buon cortigiano non deve mai avere un'opinione personale ma solamente quella del padrone. Un buon cortigiano non deve mai avere ragione, non è in nessun caso autorizzato ad essere più brillante del suo padrone. Il cortigiano ben educato deve avere uno stomaco tanto forte da digerire tutti gli affronti che il suo padrone vorrà infliggergli.
Su questa base si può ben giudicare se la vita del perfetto cortigiano non è da considerarsi un'infinita serie di penosi impegni. Tutti i tesori del popolo bastano a malapena per remunerare questi eroi, martiri volontari all'interesse collettivo. Quanto rispetto, quale venerazione siamo tenuti a dimostrare verso tali esseri, vedendo con quale generosità sacrificano costantemente fierezza, nobiltà e amor proprio!
(Paul H.D. d'Holbach, Saggio sull'arte di strisciare ad uso dei Cortigiani)
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