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mercoledì 2 marzo 2011

indisciplinata alice

Alice, diversamente da altre eroine della favole, non ha bisogno di madrine, cacciatori o fatine buone, le bastano il suo spirito e la sua ingenuità per navigare attraverso il Paese delle Meraviglie con successo. Nella versione di Carroll o di Disney (come eroina disneyana Alice è la precorritrice delle forti figure femminili di Belle e Mulan), il viaggio di Alice attraverso il Paese delle Meraviglie è stato a lungo visto come un racconto di identità, autonomia, maturità, è stato interpretato come la storia di una giovane donna che ha il mondo davanti a lei, pronta a imbarcarsi nell’avventura della vita, che cambia se stessa, primariamente mangiando e bevendo, per adattarsi. Alice fa incontri di ogni tipo, si mette alla prova, assaggia la vita intorno a sé, e una volta che ha appreso le combinazioni giuste per adattarsi al mondo e stare bene con se stessa, è introdotta in un bellissimo mondo in cui lei possiede saggezza, potere e prestigio.
Come per istinto, Alice segue il Bianconiglio giù nella tana senza considerare neanche una volta come sarebbe potuta uscirne di nuovo. Mentre sta atterrando, non prova paura, ma piuttosto si impegna nel capire ciò che la circonda e si interroga su quanto in profondità sia caduta. Questa sicurezza, selvaggia e impetuosa, indomabile e intrepida, conduce Alice in salvo attraverso il Paese delle Meraviglie. Alice inizia a rifiutare la realtà femminile che sua sorella ha scelto, una passiva complicità, un compiuto ruolo tradizionale femminile: né starsene seduta a leggere, né fare collane di margherite, Alice segue il Bianconiglio giù per la sua tana e così sceglie di assumere un ruolo attivo nel mondo.
Nel capitolo VI, “Maiale e pepe”, Alice si ritrova davanti alla porta della Duchessa e bussa, ma senza profitto. Segue un dialogo con la Rana-Fante: “Ma cosa devo fare?”, chiede Alice. “Quello che vuoi”, risponde il Fante iniziando a fischiare. La risposta della Rana-Fante, “Quello che vuoi”, apre ad Alice ogni possibilità. Qui lei impara che le norme della società che potrebbe seguire in realtà significano molto poco. Lei ha in se stessa il potere di fare qualsiasi cosa.
Il mondo di possibilità per una donna che il Paese delle Meraviglie offre ad Alice include una prospettiva di indifferenza verso la maternità, che nell’Inghilterra vittoriana era la funzione primaria della donna. Il Piccione presenta ad Alice un primo sguardo sulla maternità, esprimendo le sofferenze che comporta il ruolo di madre. Il loro incontro inizia con il Piccione che becca un’Alice dal collo lungo, strillando “Serpente. Sei un serpente, non c’è modo di negarlo. Suppongo che adesso mi vorresti dire che non hai mai assaggiato un uovo”. “Ho assaggiato uova, certo”, risponde Alice, che è una ragazza molto onesta, “ma le ragazze mangiano le uova tanto quanto i serpenti”. In questo scambio, Alice  non riesce a provare compassione per lo stato del Piccione come una ragazza incline alla maternità dovrebbe fare. Il Piccione chiama Alice dal collo lungo “serpente”, non rifiutando questo ruolo per quello materno del Piccione, Alice si schiera con il serpente, predatore di piccioni e uova. Rifiuta la maternità, almeno per il momento, e rivendica la propria autonomia. Il successivo incontro con la vita materna per Alice è quello con la Duchessa, che accudisce uno strillante bambino in una fumosa cucina. In questo caso Alice non esibisce la “sindrome del bel bambino”, vedendo ogni infante come amabile, non importa quanto brutto, semplicemente perché è piccolo. Alice mostra una prospettiva razionale e moderna sulla maternità, che non è un requisito in sé.
Lo spirito indipendente di Alice la conduce nel mondo tutto maschile del tea party del Cappellaio Matto. Il misogino Cappellaio disprezza la metodica e contemplativa Alice, la cui decisione di abbandonare questo spazio sciovinistico segna l’arrivo nel giardino visto all’arrivo nel Paese delle Meraviglie, e con esso arriva il rispetto: una volta nel giardino, Alice è onorata per ciò che è, le carte si inchinano a lei. Ma un nuovo affronto all’intelligenza di Alice viene da un personaggio femminile che vuole che Alice mostri i tratti stereotipati di una donna passiva: la Duchessa. Molte volte Alice nota quanto sia molto brutta; la Duchessa è anche dell’altezza giusta per posare il suo mento sulla spalla di Alice, sprofondandocelo fastidiosamente. La Duchessa cammina con Alice proferendo una morale per ogni cosa, in realtà insensati cliché per riempire il tempo, infossando il mento nella spalla di Alice ogni volta. In due occasioni la Duchessa mette in questione i pensieri di Alice: “Stai pensando a qualcosa, mia cara, e questo ti fa dimenticare di parlare”. “Pensi di nuovo?”, chiede la Duchessa con un altro affondo del suo mento piccolo e affilato. “Ho diritto a pensare”, risponde Alice seccamente. “Tanto quanto ne hanno i maiali di volare”, dice la Duchessa.
Alice dà mostra della propria intelligenza un’ultima volta quando è chiamata a testimoniare al processo. Alice sfida le regole e alla fine dice alla corte quello che è: “Non siete altro che un mazzo di carte!”. La sua crescita fisica rispecchia il suo sviluppo sociale, psicologico ed emotivo. Alice è diventata una giovane donna pienamente realizzata che è pronta a sfidare chiunque, specialmente coloro che offuscano la verità.

(da Megan S. Lloyd, Unruly Alice: a feminist view of some adventures in Wonderland, in Alice in Wonderland and Philosophy)

1 interventi:

dreca ha detto...

dovrei rileggere Alice...sì sì...

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