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mercoledì 9 marzo 2011

indovinelli nell'oscurità

Visto che una delle forme più antiche di filosofia è l'enigma, come sostiene tra gli altri Giorgio Colli ne La nascita della filosofia - nonché io nella mia tesi di laurea Le frecce di Apollo. La cultura dell'enigma nell'antica Grecia -, lotta umana per la sapienza dal carattere prettamente agonistico, ecco un po' di oscuri indovinelli che si lanciano Bilbo e Gollum - «porre, e talvolta risolvere, gli indovinelli era stato l'unico gio­co cui avesse mai giocato con altre buffe creature che sedevano nelle loro caverne in un passato lontano lon­tano, prima di perdere tutti i suoi amici e di essere scacciato via, solo, e di scendere furtivamente nelle tenebre, sotto le montagne» - ne Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien, per conoscersi/studiarsi con prudenza e timore appena si incontrano nel buio delle caverne sotto la montagna degli orchi.

Radici invisibili ha,
più in alto degli alberi sta,
lassù fra le nuvole va
e mai tuttavia crescerà.

Trenta bianchi destrier su un colle rosso battono e mordono, ma nessun si è mosso.

Non ha voce e grida fa, non ha ali e a volo va, non ha denti e morsi dà, non ha bocca e versi fa.

Un giorno un occhio in un azzurro viso vide un altr'occhio dentro un verde viso: «Quell'occhio è come me, però è laggiù, mentre il mio occhio se ne sta quassù».

Vedere non si può e neanche sentire, fiutare non si può e neppure udire. Sta sotto i colli, sta dietro le stelle ed empie tutti i vuoti, tutte le celle. Per primo viene, ultimo va, a vita e a riso termine dà.

Senza coperchio, chiave, né cerniera uno scrigno cela una dorata sfera.

Vive senza respirare, freddo come morte pare, beve ma non è assetato, non tintinna corazzato.

Questa cosa ogni cosa divora, ciò che ha vita, la fauna, la flora; i re abbatte e cosi le città, rode il ferro, la calce già dura; e dei monti pianure farà.

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