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lunedì 6 gennaio 2014

letture di gennaio (I)

Finiti in rapida successione i tre brevi saggi iniziati a leggere negli ultimi giorni del 2013, allettato dal mal di schiena.
Interessanti i dialoghi con Habermas e Derrida di Giovanna Borradori sulla Filosofia del terrore, riflessioni sul traumatico evento dell'11 settembre, del 9/11, che - secondo Derrida - rimane terribile e ferita "infinita" perché non si sa che cosa sia, perché destabilizza lo stesso "sistema di interpretazione, l'assiomatica, la logica, la retorica, i concetti e le valutazioni che si crede permettano di comprendere e di spiegare" la realtà, visto che - dalla fine della Guerra fredda - l'apparato concettuale, semantico, ermeneutico che avrebbe dovuto neutralizzare il trauma e così attenuarlo attraverso l'elaborazione del lutto, dipende con tutto quello che possiamo chiamare l'ordine mondiale in larga parte dalla stessa solidità degli Stati Uniti. La ferita è "infinita" anche perché mantenuta aperta sull'avvenire, segno premonitore "di ciò che potrebbe ancora accadere e che sarà peggio di tutto ciò che è successo", male assoluto e minaccia assoluta che è un terrificante rimettere in gioco niente di meno che l'esistenza del mondo.

Lo straordinario artista Pablo Echaurren omaggia il gruppo musicale, o meglio la happy family, dei Ramones con il suo imperativo Chiamatemi Pablo Ramone, non una cronaca o storia dei Fast Four (da non confondere con i Fab Four) ma con un personalissimo e idiosincratico tributo pagato alla propria passione musicale (che cerca, però, anche di concettualizzarsi e richiamarsi, così, a motivazioni universali e necessarie e non solo soggettive) e, insieme, un elogio della mazza da baseball, come recita il sottotitolo, del fare arte contro l'accademia: "quando sento Tommy o Marky stantuffare e picchiare come magli sulla batteria e sui miei più intimi frattagli con quella cadenza poderosa-cavernosa che pare scaturire da tamburi in vera cotenna d'elefante, mi chiedo come sia stato possibile che l'intero universo non abbia ancora recepito e di conseguenza non abbia ancora tributato la propria eterna riconoscenza a loro, ai Ramones. Per l'opera prestata e quella pestata. Con una mazza da baseball".

Purtroppo un po' deludente la lettura di Mostri, draghi e vampiri, analisi proposta da Emma Palese sul passaggio dal mostro come simbolo del meraviglioso totalizzante alla naturalizzazione delle differenze. Attraverso un processo di polarizzazione, il mostro gradualmente perde il proprio significato più primitivo e universale - il drago, guardiano di un tesoro o di un luogo sacro, simbolo del transito dall'uomo vecchio a quello nuovo, di slancio vitale ed energia che divora e rigenera insieme - e da tutto si fa parte, il cui grande corpo è razionalisticamente ridotto al diverso, al piccolo perverso - adottando una visione funzionale e organicistica/organica/organizzata del corpo -, finendo nel vaso dell'embiologo. Infine, ora che gli strumenti della tecnica permettono di agire sulla propria fisicità, tutti possono diventare mostri, cyborg - "emblema della perfettibilità umana e del desiderio di superamento di se stessi, ma presenta anche un triste schiacciamento da parte del potere, che si sostanzia nell'intuizione foucaltiana secondo cui i corpi si governano attraverso i loro desideri", perché l'uomo, essere dai desideri illimitati, è perciò stesso altamente vulnerabile - e vampiri - dal mancato appagamento, vittime e consumatori di se stessi, della propria fame e brama che rinasce e si moltiplica tormentandoli.

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