Che il romanzo di Anthony Burgess da cui Kubrick aveva tratto uno spettacolare film fosse un capolavoro me lo potevo anche aspettare, in realtà. E invece Arancia meccanica mi ha stupito, in positivo. Immergersi ed entrare nel gergo privato della voce narrante di Alex è tanto ostico (almeno all'inizio) quanto affascinante e coinvolgente, e la difesa contro "il tentativo d'imporre all'uomo, una creatura capace di sviluppo e di dolcezza, capace alla fine di attingere il succo delle barbute labbra di Dio, di cercare d'imporre leggi e condizioni appropriate a una creazione meccanica" - che è ciò contro cui si alza la penna-spada dell'autore - è tanto poco retorica da risultare credibile ed efficace. La questione della scelta - etica e politica, individuale e collettiva - tra libertà e sicurezza, tra io e Stato, è posta, ragionata, vissuta, argomentata, combattuta tra le pieghe della narrazione in maniera esplicita e profonda: ci si può ridurre, o si può essere ridotti, ad "essere soltanto un'arancia meccanica", a orologeria, ma anche - dimensione che forse nella trasposizione cinematografica non emerge altrettanto chiaramente - si può all'opposto non essere soltanto "dei piccoli martini fatti di latta e con una molla dentro e una chiavetta fuori"? Da individuale l'alternativa tra meccanicismo e libertà si fa cosmica: possibile che "sarebbe andata avanti così fino alla fine del mondo, gira e rigira, come un tamagno martino gigantesco tipo Zio in Persona che girava e rigirava tra le granfie gigantesche una lezzosa arancia saloppa"?
Altro classico, e dai classici qualcosa di buono non può che derivarne sempre e comunque, anche inaspettatamente: Il libro della giungla di Rudyard Kipling. Divertente e interessante leggere le avventure e le vicende di Mowgli, cucciolo d'uomo allevato dal popolo libero dei lupi, come una messa in scena e decostruzione della classica dicotomia tra natura e cultura. Mowgli è un lupo? - "Io sono nato nella Giungla; io ho obbedito alla Legge della Giungla e non c'è lupo dei nostri al quale non abbia levato qualche spina dalle zampe. Essi sono i miei fratelli, non c'è dubbio!" -.Oppure è un uomo? - "Tu sei un piccolo uomo e dovrai tornare fra gli uomini, fra gli uomini che sono i tuoi fratelli. Gli altri ti odiano, perché i loro occhi non possono sostenere il tuo sguardo, perché tu sei scaltro, perché hai levato le spine dai loro piedi, perché sei un uomo" -. Ma se i lupi non lo vogliono più tra loro perché è un uomo, neanche gli uomini, tra i quali per breve tempo farà ritorno, lo vorranno a lungo con loro perché è un lupo. Così a Mowgli - scacciato tanto dal branco degli uomini quanto da quello dei lupi, a cui sono chiuse tanto la giungla quanto le barriere del villaggio - non resterà che cantare: "Come Mang vola tra le belve e gli uccelli, così io fuggo tra il villaggio e la giungla". Come Mang, il pipistrello, non è belva perché vola ma non è uccello perché ha i denti, così Mowgli non è lupo e non è uomo, ma è definito solo dalle sue azioni - "Tutta la giungla sa che io ho ucciso Shere Khan" - e in lui, nel suo cuore, convivono ambigui e contrastanti sentimenti che "si combattono come i serpenti in primavera": danza sulla pelle della tigre e ride, e insieme piange ed è ferito. Mowgli è il solo - eccezzionale vincitore della feroce mangiatrice di buoi e uomini - ed è solo - solitario, privo di fratelli, di compagnia, di appartenenza.
Non pienamente bella l'esperienza di lettura de La strada di Cormac McCarthy. La narrazione delle vicende di padre e figlio in marcia con un carrello del supermercato verso sud attraverso territori e scenari post-apocalittici - in cui non puoi mai sapere cosa la strada ti riserva e in cui l'atto più coraggioso è svegliarsi la mattina, in cui sembra discesa una inspiegabile (e inspiegata)pestilenza e in cui i rifiuti, le marginali cose ultime, sono testimonianze di un mondo in dissolvimento, che sta cancellando i referenti di un linguaggio che presto potrebbe perdere di significato, e dell'inadempiuta utopia della società, delle attese e delle aspirazioni da essa disattese e tradite, della sua promessa inappagata di felicità, costituendo un universo di aspettative ancora pulsante - procede avvincente e ben ritmata, ma la conclusione è eccessivamente improvvisa e, secondo me, incoerente rispetto alla costruzione della storia portata avanti fino ad allora. Mi attendevo e auspicavo un finale diverso, insomma. Peccato non poter giudicare il romanzo come più che discreto.
Altro classico, e dai classici qualcosa di buono non può che derivarne sempre e comunque, anche inaspettatamente: Il libro della giungla di Rudyard Kipling. Divertente e interessante leggere le avventure e le vicende di Mowgli, cucciolo d'uomo allevato dal popolo libero dei lupi, come una messa in scena e decostruzione della classica dicotomia tra natura e cultura. Mowgli è un lupo? - "Io sono nato nella Giungla; io ho obbedito alla Legge della Giungla e non c'è lupo dei nostri al quale non abbia levato qualche spina dalle zampe. Essi sono i miei fratelli, non c'è dubbio!" -.Oppure è un uomo? - "Tu sei un piccolo uomo e dovrai tornare fra gli uomini, fra gli uomini che sono i tuoi fratelli. Gli altri ti odiano, perché i loro occhi non possono sostenere il tuo sguardo, perché tu sei scaltro, perché hai levato le spine dai loro piedi, perché sei un uomo" -. Ma se i lupi non lo vogliono più tra loro perché è un uomo, neanche gli uomini, tra i quali per breve tempo farà ritorno, lo vorranno a lungo con loro perché è un lupo. Così a Mowgli - scacciato tanto dal branco degli uomini quanto da quello dei lupi, a cui sono chiuse tanto la giungla quanto le barriere del villaggio - non resterà che cantare: "Come Mang vola tra le belve e gli uccelli, così io fuggo tra il villaggio e la giungla". Come Mang, il pipistrello, non è belva perché vola ma non è uccello perché ha i denti, così Mowgli non è lupo e non è uomo, ma è definito solo dalle sue azioni - "Tutta la giungla sa che io ho ucciso Shere Khan" - e in lui, nel suo cuore, convivono ambigui e contrastanti sentimenti che "si combattono come i serpenti in primavera": danza sulla pelle della tigre e ride, e insieme piange ed è ferito. Mowgli è il solo - eccezzionale vincitore della feroce mangiatrice di buoi e uomini - ed è solo - solitario, privo di fratelli, di compagnia, di appartenenza.
Non pienamente bella l'esperienza di lettura de La strada di Cormac McCarthy. La narrazione delle vicende di padre e figlio in marcia con un carrello del supermercato verso sud attraverso territori e scenari post-apocalittici - in cui non puoi mai sapere cosa la strada ti riserva e in cui l'atto più coraggioso è svegliarsi la mattina, in cui sembra discesa una inspiegabile (e inspiegata)pestilenza e in cui i rifiuti, le marginali cose ultime, sono testimonianze di un mondo in dissolvimento, che sta cancellando i referenti di un linguaggio che presto potrebbe perdere di significato, e dell'inadempiuta utopia della società, delle attese e delle aspirazioni da essa disattese e tradite, della sua promessa inappagata di felicità, costituendo un universo di aspettative ancora pulsante - procede avvincente e ben ritmata, ma la conclusione è eccessivamente improvvisa e, secondo me, incoerente rispetto alla costruzione della storia portata avanti fino ad allora. Mi attendevo e auspicavo un finale diverso, insomma. Peccato non poter giudicare il romanzo come più che discreto.
4 interventi:
Non ho letto nessuno dei tre.
Però ho visto "Arancia meccanica".
Letture un po' troppo "maschili" per i miei gusti.
Adesso viaggio tra le pagine di Zweig. Rassicurante, sempre.
P.S. I tuoi commenti prevedono i "chapta": piuttosto detestabili. Ma si possono rimuovere. Ammesso che ti interessi.
Zweig mi sembra un'ottima lettura davvero.
Grazie del suggerimento sui "chapta" che provo subito a rimuovere, visto che non mi interessano affatto.
Ti ringrazio.
Sia per l'apprezzamento su Zweig, sia per aver rimosso i "chapta".
I tuoi commentatori apprezzeranno, sono sicura.
grazie a te e buone letture ;-)
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