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giovedì 30 gennaio 2014

letture di gennaio (IV)

Il classico della fantascienza Starship Troopers si è rivelato ben altro e ben più che un romanzo sci-fi. Il libro di Robert A. Heinlein è la lettura non di un racconto di guerra tra le stelle e le galassie ma di un'iniziazione, di un addestramento - ben più che militare e marziale - alle lacrime, al sudore, alla devozione, alla fatica e all'agonia che sono il prezzo necessariamente richiesto per ottenere qualcosa di valore, che veramente valga, "e il prezzo richiesto per la più preziosa di tutte le cose della vita è la vita stessa, costo ultimo per un valore assoluto"; è una narrazione sulla violenza indirizzata e mirata, sulla moralità e l'inconsistenza di diritti senza il dovere, sulla polarità tra autorità e responsabilità, quasi un libro di etica e filosofia morale, insomma. Un'ottima e sorprendente esperienza di lettura.

Dopo aver adorato La fortezza della solitudine e letto con passione i saggi de L'estasi dell'influenza e poi ancora, invece, aver un po' sofferto nel leggere Non mi ami ancora fino ad arrivare a mettere in dubbio cosa dovevo veramente pensare di Jonathan Lethem, con Brooklyn senza madre mi sono convinto del valore straordinario di questo autore. Non solo Lethem gioca con incredibile sapienza e maestria con gli stilemi e gli archetipi del genere hard-boiled scrivendo una storia poliziesca avvincente, intrigante e coinvolgente, non solo ha uno stile ironico e accattivante, ma soprattutto crea e inserisce in questa trama, in questo contesto, un protagonista assolutamente atipico, incredibile (ma niente affatto non credibile) e straordinario: un orfano, affetto dalla sindrome di Tourette, "allevato" da un pesce piccolo della malavita newyorkese, spinto dagli eventi ad essere un investigatore privato. Davvero un bellissimo romanzo. Sullo stesso stile e atmosfere, anche se riuscite in tono decisamente minore, ho letto anche Concerto per archi e canguro.

Non è affatto brutto, anzi è una gradevolissima lettura, il romanzo di Julian Barnes Il senso di una fine. E però qualcosa non è riuscito a convincermi fino in fondo, fino a farmelo giudicare bellissimo. Le meditazioni sul tempo della vita, sulla memoria, sui ricordi, il modo in cui è descritta la loro persistenza, durata, il loro essere vissuti, è decisamente riuscito. Quello che non mi ha totalmente convinto e coinvolto, forse, è che l'autore sembra dare un eccessivo credito di sorpresa, trovata, colpo di scena alle vicende che narra, quando a me, in realtà, il contenuto e i fatti della storia sembravano grosso modo scontati e prevedibili. Comunque un bel libro davvero.

Meno positiva, invece, l'esperienza di lettura del romanzo di John Williams Stoner. Anche in questo caso, non che il libro sia brutto, davvero, ma almeno per me è stato decisamente lento nella partenza, non riuscendo a coinvolgermi dall'inizio, ed è proseguito meglio ma non certo in maniera eclatante, straordinaria. Ben scritto, con pacatezza e sensibilità adatte alla vicenda di una storia ordinaria di un uomo comune, ma, non potendo certo essere avvincente, il libro non è riuscito però neanche ad essere commovente, toccante o altro.

2 interventi:

Mia Euridice ha detto...

Ecco, di Stoner sarei curiosa. Ma anche tu non lo giudichi granché.
Dovrei comunque tentarlo, prima o poi.

nicce ha detto...

io finora ne ho letto e sentito parlare solo più che bene, quindi il problema potrei benissimo essere io o le circostanze e i momenti (non tutti i libri sono giusti/buoni da leggere in qualunque momento).
certo leggerlo non è male, non è un brutto libro di sicuro. immagino senza problemi che possa piacere e molto. quindi non me lo precluderei.

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