Ora,  questa uguaglianza a sé si ridistribuisce a sua volta secondo la  distinzione ritmica tra l'ineguaglianza del giorno e l'uguaglianza della  notte. Il giorno è di per sé l'ineguale, il singolare; il giorno è  sempre un altro giorno, domani è un altro giorno. Tutte le notti sono  uguali; la notte riporta ostinatamente l'indifferenza nel differente,  ritrova il mondo precedente, il magma, il caos, la khora,  l'uguaglianza che riposa in sé; la notte depone le posizioni, disarma i  sistemi di attivazione, scioglie i nodi delle reti. Il sonno diventa la  notte stessa, ed esso stesso diventa il ritorno al mondo immemoriale, al  mondo al di qua del mondo, al mondo degli dèi oscuri che non  pronunciano alcuna parola creatrice.
La  notte identifica il fuori e il dentro, l'occhio vi vede il sotto delle  cose, il risvolto delle palpebre, lo strato invisibile dei contrari, dei  basamenti, delle cripte, delle pelli rivoltate. Il sonno è divino, e  ciò che vi si rivela di più propriamente divino è la sospensione della  parola creatrice. Non viene pronunciato più alcun "che ciò sia!", non ci  sono più comandamenti per far venire all'essere. C'è un'obbedienza  silenziosa alla differenza dell'essere. Quello che il dormiente vede è  proprio la cosa eclissata, il cuore perfettamente oscuro dell'eclisse  dell'essere. Tutti i pensieri, che siano dell'occhio o dell'orecchio,  del naso, della bocca o della pelle, dei nervi, delle viscere, delle  catene neuronali, dei muscoli e dei tendini, delle volontà o delle  immaginazioni, dei desideri o delle sofferenze, tutti i pensieri vengono  a giocarsi liberamente, indistintamente distinti. Così, a volte,  sopraggiunge il sogno, ossia forse qualcosa della notte che passa nel  giorno. L'esile filo del sogno trattiene le antenne prigioniere come fa  un ragno con quelle di un insetto nella sua tela. Così la tela dipinta e  mossa debolmente su questi palchi da giocolieri di strada si tramuta in  una ragnatela di filamenti argentei sui quali trema una goccia di  rugiada o una lacrima, la cui caduta imminente lacererà la tela e farà  precipitare il ragno con le zampe che si conficcano nel fondo degli  occhi addormentati, fino a colpire la retina sulla quale ben presto si  poserà la scintillazione, all'improvviso riconosciuta, del risveglio.  All'alba l'animale viene a succhiare il nettare dei fiori notturni.
 Il  tempo del dubbio, se sogno o son desto, è il tempo proprio della  coscienza che sa solo dubitare se fa notte attorno a lei o se il giorno  si è levato, così che può garantirsi di una cosa sola, ossia che nel più  profondo del suo essere o del suo stato c'è la notte più profonda, la  notte nera di cui essa stessa è la potente sonnambula. È lecito dire, come vorrebbe Freud,  che il sonno abbassa le difese? Non bisogna piuttosto tenere in  considerazione il notevole allargamento del nostro mondo che arriva fino  alla notte di un fuori dal mondo in seno al quale abbiamo fluttuato,  simili a cosmonauti?
Il  tempo del dubbio, se sogno o son desto, è il tempo proprio della  coscienza che sa solo dubitare se fa notte attorno a lei o se il giorno  si è levato, così che può garantirsi di una cosa sola, ossia che nel più  profondo del suo essere o del suo stato c'è la notte più profonda, la  notte nera di cui essa stessa è la potente sonnambula. È lecito dire, come vorrebbe Freud,  che il sonno abbassa le difese? Non bisogna piuttosto tenere in  considerazione il notevole allargamento del nostro mondo che arriva fino  alla notte di un fuori dal mondo in seno al quale abbiamo fluttuato,  simili a cosmonauti?(da Jean-Luc Nancy, Cascare dal sonno) 



 
 
 
 



 
 




 
 
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