Ho trovato il libro molto corale e polifonico, senza un unico vero protagonista se non la storia stessa.
Il che è quasi alla Hegel, direi: la storia raggiunge i suoi fini attraverso la mediazione delle azioni spontanee dei personaggi, principali e secondari; tali azioni si convertono dialetticamente in un’opera universale, cosicché essi sono in realtà strumenti e membri inconsapevoli della storia, sono testimoni ed ornamento del suo splendido trionfo; manovrate da un'astuzia che è oltre i singoli soggetti, le passioni individuali sono semplici mezzi che conducono a fini diversi da quelli a cui esse esplicitamente mirano e per quanto i personaggi rechino in atto quel che a loro interessa, da ciò viene portato alla luce altro che non è nella loro coscienza o intenzione. Tutto in stile "filosofia della storia" hegeliana.
«Ciò che è caduto è caduto e doveva cadere. Lo Spirito del mondo non risparmia nessuno, non ha alcuna compassione. Nessun popolo ha mai subito un torto, bensì ciò che ha subito se lo è meritato», scrive Hegel nei suoi Lineamenti di Filosofia del Diritto, come a dire che la Storia, la Ragione, usa i suoi figli e poi se li mangia, come il Saturno del mito, dipinto tra l'altro da Goya proprio in quegli anni in cui il filosofo tedesco meditava su questi argomenti.
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