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mercoledì 10 agosto 2011

metafisica dei tubi

Prendo le gallette di riso dalla rimessa. Vado allo stagno di pietra. Il sole perpendicolare fa scintillare l'acqua come se fosse alluminio. Tre salti in successione non tardano a rovinare quella superficie liscia e brillante: Gesù, Giuseppe e Maria mi hanno vista e saltano; è il loro modo di chiamare gli altri a tavola.
Quando hanno finito di credersi pesci volanti, cosa che, data la loro grossezza, è veramente oscena, installano le loro bocche aperte a pelo dell'acqua e aspettano.
Lancio frammenti di cibo. L'ammasso di bocche vi si getta sopra. I tubi aperti ingoiano. Quando hanno deglutito ne chiedono ancora. La gola è così spalancata che, se solo si inclinassero un po', si potrebbe vedere il loro stomaco. Mentre continuo a distribuire la pietanza, sono sempre più sconvolta da ciò che la trinità mi mostra: in genere le creature tengono nascosto l'interno del proprio corpo. Cosa accadrebbe se la gente esibisse le proprie viscere?
carpa
Le carpe hanno infranto questo tabù primordiale: mi impongono la visione del loro tubo digestivo all'aria.
Lo trovi ripugnante? L'interno del tuo ventre è identico. Se questo spettacolo ti ossessiona tanto, forse è perché ti ci rivedi. Credi che la tua specie sia diversa? I tuoi mangiano in modo meno sporco, ma mangiano, e anche dentro tua madre, dentro tua sorella, è la stessa cosa.
E tu, che cosa ti credi di essere? Sei un tubo venuto fuori da un altro tubo. In questi ultimi tempi hai avuto la gloriosa impressione di evolvere, di diventare materia pensante. Tutte fesseri. La bocca delle carpe potrebbe davvero farti stare così male se non ci vedessi il tuo ignobile specchio? Ricordati che tubo sei e tubo ritornerai.
(Amélie Nothomb, Metafisica dei tubi)

Questo passo mi ha fatto pensare al disgusto provato dal protagonista de La Nausea di Sartre davanti ad una radice di castagno.

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