Mishima mette in scena ne Il padiglione d'oro, narrazione letteraria di un fatto realmente accaduto, i tormenti di un giovane combattuto tra l'ideale e la vita: il pensiero dell'ideale, della bellezza perfetta (rappresentato, appunto, dal Padiglione d'oro), si intrufola sempre nella sua mente e gli impedisce di godere appieno della vita, arriva a fargliela disprezzare.
Non gli resta che rinunciare all'azione e concentrarsi sul pensiero, rifuggiarsi nella fantasia - di essere uno spietato tiranno o un sommo artista - oppure ha ancora una possibilità di riscattarsi dall'opprimente ideale?
Forse sì, quella di distruggerlo, quella di farsi giovane criminale contro l'ordine del mondo e dar fuoco alla somma bellezza del Padiglione d'oro. Per il bene suo e dell'umanità tutta.
Non gli resta che rinunciare all'azione e concentrarsi sul pensiero, rifuggiarsi nella fantasia - di essere uno spietato tiranno o un sommo artista - oppure ha ancora una possibilità di riscattarsi dall'opprimente ideale?
Forse sì, quella di distruggerlo, quella di farsi giovane criminale contro l'ordine del mondo e dar fuoco alla somma bellezza del Padiglione d'oro. Per il bene suo e dell'umanità tutta.
"Se incendio il Padiglione", mi dicevo, "compirò un'opera di grande importanza pedagogica. Impareranno che l'indistruttibilità dedotta per via meramente analogica non ha senso. Impareranno che il solo fatto d'aver continuato ad esistere, d'essere stato per cinquecentocinquanta anni dritto presso lo stagno Kyoko, non costituiva per il Padiglione una garanzia di eternità. Impareranno, e questo li turberà, che le premesse ritenute assiomatiche, su cui poggia la nostra esistenza, possono crollare da un giorno all'altro".
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