Di questa seconda parte di Fauna d'arte del weekend postmoderno di Tondelli ho trovato interessante l'idea di teatro portata avanti da molti dei personaggi incontrati e raccontati dall'autore.
Mi è piaciuto il riferimento a Jean Genet, che adoro, al suo stile narrativo – «Genet è uno di quegli autori che danno la loro letteratura come "corpo straziato" e allora, quando li avvicini, non puoi far altro che prendere dei brani, coinvolgerti in una frammentazione continua...» – e alla sua idea di teatro "cimiteriale" – «i teatri dovrebbero essere costruiti a ridosso, o addirittura dentro, i cimiteri. Il rapporto del teatro con la morte, le apparizioni degli attori come fantasmi della morte eccetera».
Mi è piaciuta l'idea di teatro come opera d'arte totale – «nel panorama della "nuova spettacolarità" italiana in cui sempre più spesso il teatro si fonde con il cinema, con le arti visive, la musica rock, dove gli attori sono più acrobati o mimi o danzatori che altisonanti dicitori di testi letterari, dove lo spazio scenico assomiglia sempre più a monitor televisivi in cui si cambia canale e programma ogni cinque secondi, non poteva mancare il tentativo di sposare il teatro con l'architettura, dando luogo a performance altamente spettacolari in cui la multimedialità fila dritta dritta verso l'opera d'arte totale» –, che tanto mi ricorda, per parlare dei nostri giorni, gli spettacoli di Antonio Latella (che, casualità?, ha spesso messo in scena Genet).
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