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sabato 30 agosto 2025

nietzsche in solo leveling

Oltre che nei romanzi fantascientifici di Warhammer, Friedrich Nietzsche è citato anche in un anime di cui ho recentemente recuperato la visione, Solo Leveling. Si tratta di una serie sudcoreana scritta e illustrata da Chugong, che narra le vicende dell'Hunter Sung Jinwoo e delle prove che deve affrontare per diventare più forte.

Ancora una volta, è citato l'aforisma nietzscheano della lotta coi mostri e dello sguardo nell'abisso. Inoltre, successivamente, si cita il detto per cui ciò che non ci uccide ci rende più forti.



mercoledì 9 aprile 2025

il dilemma del porcospino (filosofia di evangelion 2di2)

Terza domanda: essere nel mondo. Se l'identità è fortemente caratterizzata dalla narrazione che facciamo di noi stessi, questa autonarrazione si arricchisce con l'esperienza dei racconti altrui che entra a far parte della propria biografia. Geniale, in questo senso, la metanarrazione dell'episodio 26: nel momento in cui Shinji si rende consapevole di essere simbolo e immagine narrativa che mostra agli altri, assume forme statiche diverse proprio a sottolineare come lui sia tutte quelle narrazioni che devono essere rielaborate in un unico stile che è il proprio stile.
Nella serie gli angeli sono una contro-narrazione, un racconto diverso che scava e sfida l'animo umano. Innanzitutto, mettono in crisi la certezza nel progresso, secoli di fiducia verso il quale sono dissolti di fronte a qualcosa di alieno. Poi, mentre tutti i protagonisti umani sono profondamente convinti di bastare a se stessi, gli angeli li costringono a collaborare, dimostrando che nessuno si salva da solo. E ancora, mettono in crisi la convinzione di poter proteggere la propria intimità. Ma gli angeli sono uguali all'uomo al 99,89%, il vero nemico in Evangelion è l'altro in tutte le sue forme e gli angeli non sono che un artefatto narrativo per esemplificare l'alieno, ciò che è assolutamente altro da me, il diverso per eccellenza. Il conflitto è prospettico, e si fonda sull'errata credenza che solo un punto di vista sia quello corretto: l'unico modo di uscire da questo conflitto è abitare l'ultima domanda.

Quarta domanda: risolvere l'intricato e delicato dilemma del porcospino. Tre sono le possibili soluzioni.
La fuga. L'A.T. Field - Absolute Terror Field - difende dagli altri grazie al terrore che provoca l'intimità. La solitudine è innalzata come muro difensivo che impedisce di essere alla mercé di chicchessia, proteggendo dal dolore. Ma non può essere questa la soluzione, poiché l'obiettivo principale è quello di scaldarsi insieme ai propri simili: fuggendo ci si preserva dal dolore della relazione solo per accettare una lenta morte per congelamento.
La compenetrazione. Dissolversi e unirsi per diventare una sola cosa. Si ottiene la cessazione del dolore ma non la felicità, solo il riposo della morte dell'io. Anche il ricongiungimento, quindi, come la fuga dal dolore, non è perseguibile, neanche questa seconda soluzione è soddisfacente, poiché è l'eliminazione del problema per mezzo della cessazione dei soggetti coinvolti. Si deve, invece, accettare la propria esistenza e, con essa, il proprio dolore per risolvere il dilemma del porcospino.
La coesistenza. Accettare la sofferenza generata dall'altro. Non è possibile risolvere il dilemma del porcospino senza che ci siano altri porcospini. La soluzione è affrontare il rischio e esporsi agli altri: superare il timore di essere ferito andando verso il prossimo e provando a aprire una soglia di felicità, vivere una vita piena di esperienze rischiando di essere feriti.

lunedì 7 aprile 2025

essere se stessi, essere per gli altri (filosofia di evangelion 1di2)

Di Fausto Lammoglia avevo già letto e apprezzato Filosofia di L'attacco dei giganti, un saggio popfilosofico che non è una lezione di filosofia in cui si studiano i grandi filosofi attraverso un prodotto della cultura pop, ma un dialogo con un prodotto di pop culture per fare insieme a esso e al lettore filosofia. Dello stesso tenore e valore si rivela anche questo appena uscito Filosofia di Neon Genesis Evangelion, che non spiega la filosofia attraverso la serie televisiva anime sceneggiata e diretta da Hideaki Anno e prodotta dallo studio Gainax - capolavoro denso e terribile quanto Essere e tempo di Martin Heidegger -, piuttosto fa attraversare al suo lettore domande profonde da abitare.

Prima domanda: essere se stessi. Partendo dall'imprescindibilità del corpo: Shinji e tutti i piloti non guidano gli Eva da remoto, ma entrano in simbiosi con la loro unità provando dolore fisico tanto da passare più tempo in ospedale che a bordo, e sotto la corazza delle unità Evangelion non ci sono cavi ma carne e sangue tanto che la loro vera natura è la loro animalità e fisicità. Shinji dovrà imparare da e con il suo corpo, riconoscere ciò che sente e prova, per potersi impossessare della sua persona, per imparare a essere se stesso. Rivelatore il fatto che le entry plug siano posizionate nella nuca e che il quinto chakra che connette anima e corpo sia proprio quello del collo (come avviene, del resto, anche in Attacco dei giganti, noto è il debito di stima che Isayama ha con l'opera di Anno).
Per essere se stessi è anche però necessario il riconoscimento attraverso l'altro - come ha chiaramente spiegato Hegel -, e infatti i piloti degli Eva cercano continuamente di essere riconosciuti come portatori di valore. Shinji, pur volendo continuamente fuggire, affronta le prove quali tentativi di recuperare un significato esistenziale agli occhi degli altri - quasi che implori preoccupatevi per me, prestatemi attenzione, siate gentili con me, abbiate cura di me. Asuka cerca di ottenere il suo posto nel mondo brillando in ciò che fa (a scuola, come pilota) e cercando di imporsi come donna (anche se così perde in partenza la sua possibilità di essere riconosciuta come persona poiché alla fine presenta se stessa come oggetto). 

L'incontro con l'altro diventa esperienza di limite e confronto, di revisione e ricostruzione della propria identità. E così la seconda domanda è: essere per gli altri. Come insegna il dilemma del porcospino presentato da Schopenhauer, è molto complesso trovare la distanza adeguata per poter essere se stessi insieme agli altri. La soluzione più semplice per essere riconosciuti sarebbe quella di assecondare l'altro, ma il rischio è così quello di non trovare una propria identità autonoma. Identificando se stessi con le aspettative altrui e sociali, con comportamenti culturalmente codificati, con funzioni strumentali ed etichette lavorative o legate al genere, si finisce per convogliare le energie vitali nella performatività, in modo da aderire quanto più perfettamente ad un ruolo, e ciò porta l'individuo pericolosamente vicino a esplodere o implodere, soverchiato dalla pressione sociale come spiega Marcuse. Si semplifica la vita, si rinuncia a scegliere per evitare le responsabilità che ne conseguono, ma si rimane ingabbiati in un'esistenza inautentica.
I piloti delle unità Eva fanno tutto ciò che fanno per essere riconosciuti e, di conseguenza, per riconoscersi. Convinti di non aver valore di per sé, i piloti trovano un loro significato nelle etichette che hanno ricevuto: l'Eva, la loro funzione, è tutto ciò che hanno, ossia tutto ciò che sono. Combattono per mettersi in mostra, per eccellere, per poter essere lodati, riducendo il loro essere alla loro funzione - ad eccezione di Toji che mostra invece una dimensione relazionale dell'esistenza e non prestazionale. Ma ridursi alla propria performatività, al bisogno di apparire e soddisfare una richiesta proveniente da altri, dissolve la possibilità di essere per sé, come spiega Sennett.
In fondo è tutta questione di distanze. Il cammino di Shinji è il tentativo di trovare un equilibrio tra l'isolamento e la dissoluzione negli altri; l'equilibrio necessario a non ferirsi senza per questo rimanere solo.

sabato 19 aprile 2014

estetica e immaginario dei manga

Nell'analisi dell'estetica e dell'immaginario nel Giappone contemporaneo affrontata in Filosofia nei manga, Marcello Ghilardi rintraccia nel fenomeno dell'amalgama tra l'est e l'ovest, il vecchio e il nuovo, la lunga eredità culturale nipponica e la modernizzazione occidentale, l'origine del manga moderno: "la fascinazione, l'interesse e la volontà di apprendere le tecnologie dell'Europa e dell'America, di incorporare l'esteriorità di questi mondi, si scontra con una tendenza contrapposta, che si può definire 'essenzialista'" e che intende garantire la specificità della cultura nazionale, il che porta a un'ibridazione espressa dalle formule 'spirito giapponese, cultura occidentale' (wakon yōsai), o 'moralità giapponese, tecnica occidentale' (tōyō dōtoku, seiyō gijutsu). Il risultato estetico di tale commistione è uno stile definibile superflat (come il movimento artistico fondato da Takashi Murakami), "una nuova modalità di integrazione di culture e subculture, forme di crasi tra universi di significato distinti e dimensioni iconiche che pescano ovunque riferimenti, citazioni, prestiti visuali. Se dunque la situazione culturale del Giappone contemporaneo è questa (con)fusione e tensione insieme di elementi tradizionali e futuristici, orientali e occidentali, conservatori e progressisti, i manga moderni con le loro narrazioni e immagini integrano queste forme e le ricombinano, prestazione sociale e culturale con cui si saggia la possibilità di tenuta dell'identità dell'odierno Giappone.
Ancora oggi i manga - immagini (ga) frammentate, rapsodiche, sciolte, libere (man) - "continuano a privilegiare la figurazione tradizionale in bianco e nero, seguendo l'estetica della pittura tradizionale cinese e giapponese" che si preferisce libera dalla bassa intenzione mimetica del colore e che si costituisce, invece, come esercizio quasi ascetico, percettivo e mentale, di riduzione e intensificazione insieme, di massima espressività con il minimo dei mezzi, in un'immagine dalle infinite tonalità di grigi, integrando pittura e calligrafia, disegno e scrittura. Ma già l'opera di Hokusai, apprezzata in Europa come esempio di un'arte tipicamente nipponica, è informata da elementi occidentali e gli artisti giapponesi di inizio Novecento si fanno ispirare dalle opere dell'impressionismo europeo, a loro volta influenzate dalle stampe giapponesi di metà Ottocento, producendo un "circolo iconografico" di ibridazione e contaminazione che origina forme e contenuti a un tempo nuovi e antichi. 
"Il rapporto tra il mantenimento del legame con la tradizione e la capacità di rinnovarla, facendola così continuare a vivere, è stato descritto da una sequenza di tre termini, tre gesti o momenti che nelle arti tradizionali descrivono il passaggio dal noviziato alla maturità di un artista. Questi tre termini sono shu, che significa 'difendere, proteggere, custodire'; ha, ovvero 'rompere, spezzare, distruggere'; ri, cioè 'lasciare, abbandonare, liberare'. A testimoniare la pervasività nella cultura giapponese di questi temi si può citare un esempio tratto da un famoso manga, Rurōni Kenshin (Kenshin, samurai vagabondo), in cui la dinamica di shu-ha-ri è riproposta nella versione di un duello tra maestro e allievo. La presenza minacciosa del Maestro, che deve essere affrontato, è al centro della scena, è il motore intorno a cui ruotano le possibilità di sviluppo e di crescita del protagonista. È una Alterità interiorizzata, che guida nella tensione verso l'ideale di perfezione; [ma] l'allievo deve sganciarsi da quella presenza schiacciante, imparando a costruire una sua propria 'forma', che non sia più imitazione di quello ereditato ma sia il suo proprio; deve 'rinascere' a sé e creare qualcosa di nuovo. Adesione a modelli trasmessi, rottura con quei modelli (attraverso l'incorporazione di elementi estranei), liberazione sia dai modelli che dalla rottura nei loro confronti per aprirsi a un nuovo orizzonte e creare una nuova forma". Questa la filosofia giapponese che emerge nei manga.

venerdì 9 novembre 2012

eroico godimento

«Qui [un primo piano ci mostra Callaghan che guarda verso la banca e mastica, punta la pistola verso uno dei rapinatori che esce dalla banca e, con la bocca piena, gli intima di fermarsi, mentre un frammento di pane gli esce dalla bocca], come in Kung Fu Panda, il cibo ci dice qualcosa di importante: i nostri eroi non mettono in atto pratiche di rinuncia: non sono degli asceti. Il cibo rappresenta la cifra di un eroismo come eroismo del godimento che si alimenta dell'eccesso.» 

Al panda gigante e bulimico Po e all'hot dog di Dirty Harry, si può accostare la vertiginosa lista degli eroi di manga e anime che non si lasciano sfuggire occasione per ben nutrirsi, quali Naruto, Goku in DragonBall e Monkey D. Luffy (o Rufy o Rubber) in One Piece...



... e si può aggiungere all'elenco anche qualche supereroe dei comics come il mutante (X-Men e X-Force) e vendicatore Wolverine (il cui nome di battaglia, tradotto, sta per quel muscoloso mustelide carnivoro simile a un piccolo orso noto come gulo gulo, volverina o, appunto, ghiottone, dotato di una forza e una ferocia apparentemente sproporzionati alla sua taglia, un po' proprio come il nostro "tappo").
  



giovedì 12 gennaio 2012

un viaggio in occidente

Saiyuki, un manga di Kazuya Minekura, è una interpretazione/rimediazione della famosa leggenda cinese, dello scrittore Wu Ch' eng-en, dello scimmiotto di pietra Sun Wukong, narrata nel libro Viaggio in Occidente (in giapponese, appunto, Saiyuki): i protagonisti di questo fumetto sono, infatti, il monaco Sanzo, che equivarebbe appunto al monaco della storia inizale; Son Goku, appunto la scimmia protagonista della storia; Sha Gojyo e Cho Hakkai, coloro che accompagnano i due nel loro viaggio e che prendono i ruoli dei due accompagnatori della leggenda originaria (un demone fluviale, dai giapponesi recepito come affine al kappa, ed un maiale).
Uno dei kanji che la Minekura usa per scrivere Saiyuki è diverso da quello usato per "Viaggio in Occidente" e, con un gioco di parole, pur leggendosi allo stesso modo, cambia il significato in "Viaggio all'Estremo".



La leggenda cinese del Viaggio in Occidente era già stata ripresa da un vecchio anime, The Monkey, e il personaggio di Son Goku, con la sua potente arma, il nyoibo, un bastone che si allunga a suo piacimento, è alla base anche dell'omonimo personaggio protagonista della serie Dragon Ball.



Anche un anime fantascientifico, Starzinger, è una rimediazione della stessa storia cinese: narra, infatti, il viaggio verso il Grande Pianeta della principessa Aurora, accompagnata da Cogh (che lottare nello spazio sa, col cerchietto d'oro in testa e il bastone allungabile), Gorgo (che sotto i mari lotterà, come un kappa, creatura marina) e Hakka (che in terra ci difenderà, massiccio come un maiale).


Edito il post perché ieri mi è stata segnalata da un mio ex studente l'uscita di un altro manga che riprende la leggenda del viaggio in Occidente, Saiyukiden di Katsuya Terada. Oggi stesso l'ho comprato.


venerdì 4 novembre 2011

actarus

More about ActarusCon Actarus Claudio Morici ci racconta la vera storia di un pilota di robot, tra problemi di alcolismo, incomprensioni sul lavoro,  costruzione mediatica del personaggio, voglia di prendersi una vacanza perché non si può costantemente pensare a salvare il mondo, è logorante. Qualche momento ironico e divertente il libro ce l'ha, è vero, ma le sue qualità non vanno molto oltre a questo.

- C'è una cosa in effetti che volevo chiederle...
Goldrake avanti! Si è buttato. Ormai è difficile tornare indietro. Oh, magari non succede niente. Oh, stavolta ci provo, in fondo è lui che me l'ha chiesto, no? Ma che me ne frega a me.
- Dottore, è da un po' che penso di prendermi una vacanza... Una piccola vacanza di dieci quindici giorni. Credo di meritarmela dopo anni di lavoro ininterrotto. Anche Gundam si è preso una settimana, lo scorso anno.
Il Dottore non si scompone, non perde la patina di grande dignità, impegno, attenzione ai problemi dell'universo. Se ci fosse un campionato mondiale della dignità lui di certo andrebbe in finale. S'è incazzato? Si volta verso la montagna, con le mani dietro la schiena, riflette. Rimane in silenzio per qualche secondo. C'è una musica particolare, quella dei momenti finali, una musica che ti fa capire che si chiude un capitolo, che la guerra non è finita ma che oggi la Terra non verrà spazzata via grazie alla passione di un pugno di eroi. Il Dottore, rivolto ad Actarus:
- Per la richiesta delle ferie non devi rivolgerti a me. C'è l'ufficio amministrativo apposta, compila il modulo e calcoleremo le ferie maturate.


mercoledì 17 agosto 2011

il barboncino di schopenhauer

«La pietà per gli animali è talmente legata alla bontà del carattere che si può a colpo sicuro sostenere che un uomo crudele verso gli animali non può essere un uomo buono».

Così scriveva Schopenhauer, filosofo che amava molto i cani, condannava la caccia, la corrida e la vivisezione e sosteneva le teorie vegetariane.
Brahma, il barboncino del filosofo, - al quale egli dava nell'intimità il nome di Atma (l'anima del mondo) - ha avuto nella sua vita un posto non indifferente, al punto che il suo testamento conteneva una menzione speciale per l'avvenire dell'animale.
Il filosofo tedesco proponeva un'etica dell’abnegazione, consistente nell’attingere al nirvana (estinzione), una pace definitiva fatta di rassegnazione, negazione individuale, ascesi che porta dal desiderio al riposo e dalla noia all’indifferenza; l’ideale era quello del santo o del buddista, nei quali «la volontà si stacca ormai dalla vita. L’uomo perviene ormai allo stato di rinuncia volontaria, alla rassegnazione, alla vera tranquillità, all’assenza completa di volere».


È per questi due motivi che mi piace immaginare Schopenhauer come Shaka di Virgo personaggio del manga e anime Saint Seiya (I Cavalieri dello Zodiaco) ispirato al mondo del buddismo – con in braccio un tenero barboncino bianco.

martedì 16 agosto 2011

la dialettica dei veicoli getter


Mentre sta studiando le peculiarità dei misteriosi Raggi Getter per usarli come fonte di energia, il Professor Saotome si rende conto che la Terra è in gravissimo pericolo. Il popolo-rettile del Regno dei Dinosauri, rimasto in ibernazione sin dal Mesozoico, si sta risvegliando e si prepara a riconquistare il pianeta che un tempo comandava col pugno di ferro. Saotome, quindi, costruisce un robot alto circa 37 metri, il Getter Robot, e si mette alla ricerca di tre piloti in gradi di utilizzarne a pieno le 3 diverse configurazioni.
Getter Robot è il capostipite dei robot trasformabili, con più piloti che pilotano più veicoli in grado di combinarsi in un unico robot (infatti il nome del robot ricorda, nella sua pronuncia, la parola giapponese che indica la "combinazione", ovvero "gattai"), e l'idea di tre veicoli in grado di combinarsi in altrettante configurazioni, originando diversi automi, risultò essere un'autentica innovazione nel campo delle serie robotiche, venendo accolta dal pubblico con grande entusiasmo. L'originale modello di base insito in questo automa è stato ripreso e sviluppato in moltissimi anime televisivi di successo, aventi per protagonisti giganteschi robot trasformabili: da Voltes V (Vultus 5) a Daltanias (Daltanious), da Baldios ad Aquarion.

La dialettica di Hegel è un movimento triadico, un processo di negazioni sempre determinate, ordinate in una processualità che ha una meta ben precisa: la negazione non abolisce, ma elimina la separatezza e ricompone l’unità, supera l’astrattezza e l’unilateralità e conduce alla realizzazione concreta, supera conservando e trasferendo su un piano più alto (aufhebung).
Dunque l'ordine conta, tant'è che, a conclusione della sua Enciclopedia delle scienze filosofiche, Hegel presenta tre distinti sillogismi, contenenti i termini fondamentali della sua dialettica ma ognuno in un ordine diverso, ed ognuno, quindi, con un significato diverso.

1. Idea – Natura – Spirito. Corrisponde allo sviluppo dell’Enciclopedia stessa, all'andamento necessario dei passaggi della scienza, del sapere. 

2. Natura – Spirito – Idea. Corrisponde alla riflessione sulla conoscenza soggettiva portata avanti nella Fenomenologia dello spirito.

3. Spirito – Idea – Natura. È il movimento del concetto che si scinde nei suoi estremi – spirito e natura – e che si attua, si genera e si gode eternamente; rappresenta una sorta di autoriflessione della filosofia sulla sua intrinseca razionalità ed articolazione.

Quindi, filosoficamente parlando, sebbene i tre veicoli getter siano sempre gli stessi, combinandosi in determinati ordini diversi danno origine a robot differenti.
A riprova che in un rapporto dialettico l'ordine dei termini è fondamentale, si può ricordare anche che benché i tre Getter robot siano composti dagli stessi pezzi, variano nel peso, e mentre Getter 1 e 2 pesano 200 tonnellate, Getter 3 ne pesa 250.


venerdì 29 aprile 2011

un anime per tutti e per nessuno (2di2)

Per l’ultimo angelo, il diciassettesimo, Tabris, la missione, come per i suoi simili, è arrivare nel cuore sotterraneo di Neo Tokyo 3 per entrare in contatto con Adam – il principio –, scatenando così, però, la fine del mondo e l’estinzione della razza umana. Non ha scelta, deve farlo, come hanno provato a farlo gli altri Angeli prima di lui.
Che scelta si ha? Scegliere è assurdo, non c’è azione moralmente migliore e, per dirla con Sartre, ai fini dell’essere «è la stessa cosa ubriacarsi in solitudine o guidare i popoli» (L’essere e il nulla). Essere Angelo o essere umano è ugualmente assurdo, ma se gli Angeli, che compulsivamente sono attratti dal sottosuolo di Neo Tokyo 3, sembrano non possedere il libero arbitrio, gli esseri umani sembrerebbero averlo a portata di mano. Eppure alla domanda “perché piloti l’Eva?” Shinji non sa rispondere. Cosa rimane dunque? La morte, anzi la possibilità della morte.
Una volta arrivati al cuore di Neo Tokyo 3, dopo uno scontro con l’Eva 01, l’angelo Tabris scardina le regole e sceglie, si fa responsabile del suo destino e si libera: l’Angelo sceglie di suicidarsi – lasciandosi stritolare dall’Eva 01 – per affrancarsi dalle catene dell’eternità e della non scelta, per stanchezza, un grado di spossatezza così elevato da portare all’abolizione dello spirito di sopravvivenza e di autoconservazione.
L’assurdità della vita e l’altrettanto assurdità di quella finzione che chiamiamo male non hanno modo di essere affrontate in chiave morale? Vale la pena lottare, anche quando spingere il masso su per la collina è impossibile? Davvero Sisifo è felice? (Albert Camus, Il mito di Sisifo).
L’istinto di conservazione, la volontà di vivere, non sono una mera questione di specie, ma sono il fulcro stesso dell’individualità e Shinji fa un passo da oltreuomo scegliendo, innescando la volontà di potenza. Il corpo appena abbozzato del ragazzo fluttua nel vuoto, un tratto disegna una linea che fa da terreno: «Guarda, con questo sono nati il sopra e il sotto. Però, con questo è sparita una libertà. Ora sei costretto a stare in piedi sul sotto. Però, questo ti tranquillizza. Perché il tuo stesso animo ha ottenuto un po’ di semplificazione. E così puoi camminare. Tale è la tua volontà. Il mondo che ti circonda è il mondo in cui esistono il sopra e il sotto. Ma in questo mondo tu puoi camminare liberamente. E se lo volessi, potresti anche cambiare la posizione del mondo. Quindi anche la posizione del mondo non resta sempre la stessa. È qualcosa che muta nello scorrere del tempo. E anche tu stesso puoi cambiare. Poiché a dare forma a te stesso sono il tuo stesso animo e il mondo che lo circonda. D’altronde, questo è il tuo mondo. È la forma della realtà che tu percepisci. Senza un altro essere distinto da te stesso, tu non puoi comprendere la tua stessa forma. È nel guardare la forma delle altre persone, che si conosce la propria forma. È nel guardare le mura tra sé e le altre persone, che si conosce l’immagine della propria forma. Senza l’esistenza delle altre persone, tu stesso sei invisibile a te stesso. Prendendo coscienza delle differenze tra te e gli altri, dai forma a te stesso». Shinji, individuo, sceglie, sceglie di vivere, di affermare la sua particolarità, nonostante l’assurdo, nonostante l’illusione, e manda in frantumi il Progetto per il perfezionamento dell’uomo con il quale la SEELE si apprestava ad affrontare l’Armageddon – l’unico modo per scongiurare l’estinzione della razza umana è costringerla a evolvere, a uscire dal tempo e ricercare una nuova eternità, a compiere un salto verso un unico essere di natura divina, un’unica forma di coscienza che elimini gli individui, che elimini l’altro, inverta l’AT-Field così che i confini dell’individualità siano aboliti.
In questo è sartriano. Allo stesso modo, la scelta di Shinji è una rivolta, e in questo è camusiano. Tornando alla sua individualità, scegliendo di vivere, esercita la volontà di vivere, quella che agli Angeli è sconosciuta, e si ritrova proprio nella condizione di Sisifo, in lotta ma felice. La rivolta di Shinji – un percorso inverso rispetto a quello della SEELE – ha un valore individuale e al contempo universale: è il dovere morale della rivolta nonostante l’assurdo.

(da Jadel Andreetto, Neon Genesis Evangelion (Un anime per tutti e per nessuno), in Pop Filosofia)

giovedì 28 aprile 2011

un anime per tutti e per nessuno (1di2)

Evangelion ha una complessità drammatica che implica una stratificazione concentrica di possibili interpretazioni e comprende un’altrettanto intricata serie di riferimenti ipertestuali e interdisciplinari, ha una fabula e un intreccio che si fanno talmente ingarbugliati e densi, da renderlo un’opera bifronte, essoterica ed esoterica come lo Zarathustra di Nietzsche, che il suo autore sottotitolò un libro per tutti e per nessuno.
Già da subito, lo scontro tra l’angelo Sachiel e l’Eva 01 guidato dal protagonista della serie Shinji, potrebbe essere letto, parzialmente ma legittimamente, come una riflessione sul tema dell’altro. Chi è l’altro? Cosa comporta venire in contatto con l’altro? Cosa cerca nell’altro? In Evangelion sembrerebbe un topos centrale, tanto da ritornare quasi in ogni episodio e venire esplicitato nel terzo da uno scambio tra due personaggi in cui, parlando di Shinji, si dice che il ragazzo sta vivendo il dilemma del porcospino, secondo cui tanto più due esseri si avvicinano tra loro, molto più probabilmente si feriranno l’uno con l’altro: «Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione» (Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena). Allegoricamente potrebbe succedere proprio questo nello scontro: l’Eva 01 si avvicina all’Angelo, all’altro, ne supera la barriera emotiva, l’AT-Field – Absolute Terror Field, lo scudo protettivo generato da Eva e Angeli, e anche la barriera dell’animo, il confine dell’individualità umana, è termine preso a prestito dalle teorie psichiatriche relative all’autismo e allo stato di terrore assoluto in condizioni di violazione grave del dominio dell’io –, e viene in contatto con il nucleo, con l’essenza intima dell’altro. La cosa però è molto, molto dolorosa. Addirittura letale per uno dei due. A restare in piedi sarà il più adatto a vivere. Gli Angeli, i “mostri”, i nemici, gli altri, non sono che diverse possibilità di esistenza, ma il più adatto a vivere non significa il più forte, non è una questione darwiniana, è semmai una questione di volontà, al limite del nietzschiano. Il più adatto alla vita è colui il quale vuole vivere. Shinji non sa perché vive e non sa se vuole vivere, perché la vita fa male. Vivere significa entrare in contatto con gli altri, e allora la felicità è fare quello che agli altri fa piacere, fare quello che dicono gli altri per piacere agli altri ed essere accettati appagando il proprio bisogno di consolazione.
Affrontando l’angelo Leliel, l’Eva 01 viene inghiottito nel Mare di Dirac (la zona dei numeri immaginari, un modello teorico del vuoto visto come un mare infinito di particelle di energia negativa). Shinji rimane ore all’interno del nulla e si trova a fare i conti con la sua vita ma soprattutto con se stesso: «Ciascun individuo ha dentro se stesso un altro se stesso; ogni individuo è in effetti costituito da due diversi se stessi. Il se stesso che è soggetto osservante e il se stesso che è oggetto osservato. Ogni oggetto d’osservazione ha però natura molteplice ed esistono quindi molteplici Shinji Ikari. Ognuno di essi è un diverso Shinji Ikari, ma sono tutti il vero Shinji Ikari. Tu hai paura degli Shinji Ikari contenuti nelle altre persone».

(da Jadel Andreetto, Neon Genesis Evangelion (Un anime per tutti e per nessuno), in Pop Filosofia)

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