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giovedì 20 marzo 2025

l'evoluzione delle stem

Nuovo set Lego è L'evoluzione delle STEM, cioè delle discipline scientifico-tecnologiche (science, technology, engineering, mathematics).
Il set realizza un libro in mattoncini pieno di scoperte, un’enciclopedia aperta piena di mini costruzioni che simboleggiano alcune delle più famose scoperte scientifiche e tecnologiche e celebrano l’evoluzione della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica.
Su una base a forma di libro aperto, appunto, trovano spazio il melo che ha ispirato la teoria della gravità, lo spettro visibile della luce che mostra i colori tra l'infrarosso e l'ultravioletto, il codice di trasmissione fatto di punti e linee inventato da Samuel Morse nel 1836, l'atomo di carbonio sul quale è basata tutta la vita sulla terra, il filamento di DNA, il modello di uno dei primi computer domestici, la sezione aurea derivante dalla serie di Fibonacci e visibile quasi ovunque in natura dalla struttura delle cellule all'orbita dei pianeti, la sonda Voyager 1 ovvero l'oggetto fatto dall'uomo più lontano dalla Terra e il primo veicolo spaziale a raggiungere lo spazio interstellare, il disco d'oro a bordo di tale sonda con i suoi saluti in 55 lingue e la sua selezione di musica e suoni naturali. lo space shuttle che rappresenta lo spirito pionieristico dell'umanità e segna gli incredibili risultati del volo spaziale con equipaggio, il calabrone vitale a mantenere un ecosistema globale sano e la biodiversità.
Inoltre, sono comprese le minifigures di Sir Isaac Newton (1643-1727) -  matematico, fisico, astronomo, filosofo naturale inglese, considerato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi e noto soprattutto per la fondazione della meccanica classica, la teoria della gravitazione universale e l'invenzione del calcolo differenziale, contribuì significativamente a più branche del sapere, occupando una posizione di preminente rilievo nella storia della scienza e della cultura -, George Washington Carver (1864-1943) - agronomo statunitense ed educatore nel campo dell'agronomia, insegnò sul campo a ex-schiavi le tecniche di agricoltura per l'autosufficienza -, Marie Curie (1867-1934) - fisica, chimica e matematica polacca naturalizzata francese, prima donna insignita del premio Nobel, una dei cinque vincitori del Nobel ad averne ricevuti due e sola a aver vinto il premio in due distinti campi scientifici.









sabato 30 aprile 2016

letture di aprile

Continuano le letture di Igort con i noir Alligatore. Dimmi che non vuoi morire, realizzato con Massimo Carlotto, e 5 è il numero perfetto, la dimenticata guerra del Caucaso dei Quaderni russi; poi, agli antipodi tra di loro, ci sono lo straordinario Kobane Calling di Zerocalcare e il pretestuoso e vuoto La bambina filosofica. No future di Vanna Vinci.

L'esperienza di lettura del primo volume - La morte del padre - dei sei che costituiscono La mia battaglia, dello scandinavo Karl Ove Knausgård, non mi ha dato validi motivi per avvertire il bisogno di continuare con gli altri libri.

Finiti un po' di saggi: l'Astrologia per intellettuali di Marco Pesatori, l'idea di progresso e le arti meccaniche nella filosofia del Seicento raccontate da Paolo Rossi in I filosofi e le macchine, i sette principi del genio che Michael J. Gelb illustra in Pensare come Leonardo, ma soprattutto lo scritto di Paul Veyne sul pensiero e l'uomo che è stato Foucault.

giovedì 31 marzo 2016

letture di marzo

Il romanzo di Julia Kristeva I samurai è una sorta di sequel de I mandarini di Simone de Beauvoir: la generazione degli intellettuali francesi tra gli anni Sessanta e Ottanta non sono tanto detentori del sapere e del potere culturale entusiasti del loro impegno quanto piuttosto guerrieri che considerano la vita come un'arte marziale, la scrittura come un atto di piacere e di guerra insieme: poesia, gioco di sciabole o calligrafia, ogni arte è un'arte marziale in cui ci si mette a morte per rifarsi un nuovo corpo, una nuova forma. Bellissimo romanzo, e romanzo d'amore: "Sono insieme perché sono separati. Chiamano amore questa mutua adesione alla propria rispettiva indipendenza. Questo li ringiovanisce, sembrano adolescenti: addirittura bambini. Che cosa vogliono? Essere soli insieme. Giocare da soli insieme, e a volte passarsi la palla, tanto per dimostrare che in quella solitudine non c'è dolore".

I quattro racconti di Wu Ming che compongono L'invisibile ovunque raccontano, con stili di scrittura diversi, quattro diversi modi di sfuggire alla guerra, alla Grande guerra: da ardito che le corre incontro, da finto folle col rischio di rimanere vittima della propria finzione, da artista surrealista, da maestro del camouflage mimetico.  
Letture rapide, e assai poco significative, per la storia di un serial killer malato di Alzheimer narrata dal coreano Kim Young-Ha in Memorie di un assassino, e per i micro racconti raccolti in La vendetta di Agota Kristof.
Finito il romanzo di Charles Dickens La piccola Dorrit.

Poco filosofici i percorsi tracciati ne I mondi di Miyazaki dai contributi raccolti a cura di Matteo BoscarolConcluso il viaggio tra le Filosofie nel mondo, così come i saggi di Salvatore Natoli Soggetto e fondamento, la storia del volo ricostruita da Mirko Molteni ne Le ali di Icaro e  quella delle macchine, dalla loro infanzia alle moderne e inutili, raccontata in Tecnica curiosa da Paolo PortoghesiDella non convenzionale introduzione alla filosofia di Tommaso Ariemma, Niente resterà intatto, della Filosofia dell'umorismo di Lucrezia Ercoli, ho già scritto. Delle ottime storie incredibili dei meravigliosi materiali di cui è fatto il mondo raccontate con gran stile da Mark Miodownik in La sostanza delle cose scriverò magari più in là.

Molto belli il viaggi raccontati e disegnati da Igort nell'impero dei segni nei suoi Quaderni giapponesi e tra le memorie dai tempi dell'URSS nei suoi Quaderni ucraini. Dopo Golem, un altro graphic novel di LRNZ, Astrogamma, sempre con una grande capacità grafica, superiore a quella di scrittura della storia. Non particolarmente originale ma comunque gradevoli nella loro classicità le storie di samurai scritte da Roberto Recchioni e ben disegnate da Andrea Accardi in Chanbara. Ispirato all'omonimo racconto di Edgar Allan Poe, La maschera della Morte Rossa, graphic novel che ai temi della vanitas umana e dell'ineluttabilità della morte unisce quello sui vizi e peccati capitali e una storia di vendetta, è invece banalmente scritto da Marco Rocchi e non brillantemente illustrato da Giuseppe Dell'Olio.
Altri primi cicli narrativi dell'universo Marvel che arrivano a conclusione sono i superiori e più minacciosi - adatti a più minacciose minacce - oltre che incredibili X-Men guidati da Magneto e scritti da Cullen Bunn, l'ottima possente Thor - nelle cui vene scorre il tuono - scritta da Jason Aaron, il nuovamente in nero Daredevil di Charles Soule, i migliorabili nuovissimi e completamente differenti Avengers di Mark Waidla nuova Wolverine e le sue cloni/sorelle di Tom Taylor, la quanto meno originale squadra di mostri gestita dallo SHIELD e allestita in Howling Commandos da Al Ewing, autore anche dei cosmici Ultimates impegnati a cominciare con l'impossibile, l'eccezionale Hulk di Greg Pakgli Illuminati di Joshua Williamson con la loro vita criminale, gli incredibili Avengers pessimamente assemblati da Gerry Duggan in una nuova squadra unione, i nuovi X-Men originali, adolescenti e venuti dal passato cui Dennis Hopeless fa affrontare i fantasmi di Ciclope ma di cui si poteva francamente fare a meno, come si potevano evitare i nuovi Inumani impegnati da James Asmus in una reazione globale al loro proliferare.

venerdì 14 novembre 2014

letture di novembre (I)

Prima parte del mese dedicata a brevi letture di saggistica filosofica.
Il saggio di Umberto Curi su La forza dello sguardo indaga l'intreccio tra visione e potere, e la sua costitutiva e ineliminabile ambivalenza, che sembra caratterizzare lo sviluppo della storia culturale dell'Occidente, in cui la volontà di conoscenza e il desiderio di appropriazione sembrano saldarsi nella riproposizione di immagini della "rapacità dell'occhio che tutto vuole vedere-conoscere, che tutto vorrebbe rinserrare nel proprio orizzonte" e della figura dell'onniveggente-invisibile.
Il percorso di Curi si apre con Freud e la sua analisi psicoanalitica della vista quale fondamento del perturbante e si chiude con Foucault e l'organizzazione degli spazi, la sorveglianza nella società disciplinare, la dittatura orwelliana dello sguardo panotiico dei dispositivi del Grande Fratello, ma è tutto lo sviluppo centrale a costituire la parte più interessante del saggio, sviluppo il cui tragitto si svolge tutto all'interno del mito e della filosofia antichi: dallo sguardo potente della terribile Medusa al potere dell'invisibilità dell'anello di Gige, dalla tragedia di Edipo e il mito di Narciso al racconto di Platone della caverna in cui l'educazione filosofica emerge quale lotta e combattimento, afflizione e costrizione verso la luce (e con ritorno finale nelle ombre), allenamento dell'occhio e dello sguardo.

Giuliano Torrengo offre una piacevolissima e competente (dal funto di vista scientifico e fantascientifico, filosofico e letterario) guida a I viaggi nel tempo. Dopo aver presentato le diverse teorie sul tempo che si contrappongono nel dibattito odierno (visione dinamica o statica del tempo, nelle loro varie formulazioni moderate e più radicali), valutando quali di esse rappresentano uno sfondo metafisico più favorevole alla posizione dei viaggi nel tempo e quali, invece, sembrano inconciliabili con essi, l'autore chiarisce l'idea della quadridimensionalità dello spaziotempo, le implicazioni della relatività speciale sul concetto di simultaneità e quindi di presente e quelle della relatività generale sulla curvatura gravitazionale dello spazio quadridimensionale. Poi vengono illustrati macchine e tunnel spaziotemporali, costruiti o ottenuti sfruttando le caratteristiche di particolari oggetti cosmici. Infine si affrontano i paradossi del viaggio nel tempo (catene causali circolari, autorapimenti, oggetti provenienti dal nulla, tentativi di cambiamento del passato), mostrando come sia scorretta l'idea che viaggiare nel tempo è impossibile perché ne nascerebbero delle vere e proprie contraddizioni. Il tutto in maniera piana ma non superficiale, da buona guida, efficacie anche nell'uso di esempi e di riferimenti a prodotti dell'immaginario fantascientifico popolare.

Inoltre, di quel femonemo di Slavoj Žižekle cronache del mondo rimosso Distanza di sicurezza e la filosofia dell'Evento; la Piccola filosofia dello Zombie di Maxime Coulombe.

sabato 9 agosto 2014

letture di agosto (I)

Proseguendo il filone delle neuroscienze, iniziato il mese scorso, con Il cervello infinito di Norman Doidge ho letto storie di persone, pazienti e medici, che hanno cambiato il proprio cervello, organo estremamente plastico, (ri)adattivo e dinamico, storie di grande speranza, fiducia, possibilità per l'avvenire. Davvero un interessante campo di ricerca.
Due libri "sullo sport", L'arte di correre di Murakami Haruki, in cui l'arte e la capacità di scrittura dell'autore resta formidabile anche quando si dedica a raccontarci di cosa parla quando parla di corsa, quando ci espone la sua filosofia della maratona e del triathlon, dando vita a un gradevole diario di allenamento e di vita. L'autobiografia del tennista Andre AgassiOpen, ancora una storia di allenamento e di vita, una vicenda di crescita, cambiamento, maturazione o meglio un romanzo di formazione, una filosofia del tennis, il tutto meglio di quanto ci si potrebbe aspettare dal punto di vista letterario e narrativo. 
Secondo libro letto per Dave Eggers, Le creature selvagge, una favola sull'adolescenza, sulla crescita - sulla selvaggia e composita e disordinata natura umana, mostruosa creatura policefala in perenne conflitto con se stessa -, che resta leggera e godibile, senza straordinarie qualità ma con il merito di evitare una facile morale conclusiva. 
Un breve scritto di Jacques Derrida su Antonin Artaud, sui suoi disegni che non sono disegni ma separazioni dall'arte del disegno, un breve scritto sull'arte e sul soggetto, complesso e affascinante, difficile e piacevole come lo è sempre la scrittura del filosofo francese.

giovedì 31 luglio 2014

letture di luglio (II)

Seconda metà del mese ampiamente dedicata alla lettura di saggistica: ho già scritto sia su Il corpo preso con filosofia di Tommaso Ariemma,  sia su Immagini e figure della metropoli di Valeria Giordano, sia infine su Noi che abbiamo l'animo libero di Giulio Giorello ed Edoardo Boncinelli
Sempre di quest'ultimo ho letto anche Il cervello, la mente e l'anima, interessante, semplice ma non superficiale introduzione di un biologo e genetista alle scoperte scientifiche sull'intelligenza umana. 
Sullo stesso genere di argomento mi sono dedicato anche alla lettura di L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, gli interessanti, divertenti e commoventi racconti di Oliver Sacks sui suoi pazienti con deficit, eccessi, trasporti o semplicità neurologici; e anche a quella di di Anelli nell'io, per scoprire cosa c'è al cuore della coscienza secondo Douglas Hofstadter, autore di cui otto anni fa avevo estremamente apprezzato il bel volume in cui intrecciava in una eterna ghirlanda brillante i fili della logica contemporanea e dell'intelligenza artificiale (Gödel), della musica (Bach), dell'arte bizzarra (Escher). Il risultato è stato deludente, forse anche per le alte aspettative, non so. Ma il saggio mi è sembrato ridondante, eccessivamente prolisso (per quanto la scrittura possa non essere di fredda saggistica, ma avere uno stile più letterario, comunque Hofstadter non scrive da romanziere e dopo un po' i suoi lunghi elenchi e i suoi racconti mi risultano pesanti) a livello formale, e, forse peggio, a livello contenutistico forzoso, con un argomentazione che procede per analogie capziose e non sempre stringenti. Davvero un peccato.
Di tutt'altra valutazione la lettura dei brevi saggi e frammenti di G.W.F. Hegel raccolti in Il bisogno di filosofia (1801-1804) e, soprattutto, la rilettura del Crepuscolo degli idoli di Friedrich Nietzsche, ancora e sempre un capolavoro.

Ma spazio anche alla narrativa, con Le correzioni di Jonathan Franzen, gran bel romanzo
sull'educazione dei figli e l'emancipazione dai genitori, i cambiamenti e le abitudini, le imposizioni e le rivolte, la ristrutturazione neurale e la riscrittura di sceneggiature, le rivoluzioni politiche e i riassesti del mercato globale, le riparazioni casalinghe e le riconversioni industriali.
E con Nove gradi di libertà, di David Mitchell, romanzo d'esordio dell'autore di quell'Atlante delle nuvole trasposto in un meraviglioso film dai fratelli Wachowski. Storie - ambientate in Giappone, Asia centrale, Russia, Europa, New York - in cui a dominare è l'effetto farfalla, l'estrema sensibilità e dipendenza dalle condizioni iniziali dello svolgersi degli eventi, il caos che è il vero ritmo del mondo, l'intreccio e l'incrocio di tutte le vite umane che non sono poi così separate come il loro grande numero potrebbe far supporre, la serendipità e l'imprevisto che può determinare svolte inattese, improbabili.

lunedì 10 marzo 2014

letture di marzo (I)

Con la sua ricostruzione documentata e ipotesi letteraria su La scomparsa di Majorana, Leonardo Sciascia fa del geniale ed enigmatico fisico siciliano, rifiutando la più o meno ufficiale tesi del suicidio, una figura che sintetizza la visione che della scienza danno il Galileo di Brecht - "E quando, coll'andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall'umanità. Tra voi e l'umanità può scavarsi un abisso così grande, che ad ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale" - o i fisici di Dürrenmatt - "Siamo giunti, nella nostra scienza, ai confini dello scibile... Abbiamo raggiunto i traguardi del nostro cammino. Ma l'umanità non c'è ancora arrivata... La nostra scienza è diventata tremenda, la nostra ricerca pericolosa, la nostra conoscenza mortale". Nella versione letteraria proposta da Sciascia, Ettore Majorana avrebbe previsto, grazie alla sua genialità e al suo naturale rapporto con la fisica, il futuro grido di dolore che gli studi sull'atomo avrebbero provocato, ricerca tremenda, pericolosa e mortale, e turbato da questa visione avrebbe deciso di abbandonare la scienza e, come il fu Mattia Pascal di Pirandello, cambiar identità e vita, magari ritirandosi e rifugiandosi in un monastero certosino.

La distopia ideata e narrata da Margaret Atwood ne Il racconto dell'ancella colpisce soprattutto per l'attenzione e la capacità dell'autrice nel descrivere cosa avviene al corpo di chi vive inquadrato e irregimentato in una società dove il potere biopolitico - concentrato, cioè, sul controllo e la gestione dei corpi, appunto - è capillare, diffuso, totalizzante e totalitario. Buona narrazione di dettagli e particolari in cui il 'diavolo', il nuovo regime dittatoriale, si nasconde, in realtà neanche troppo.

Dopo il genere hard-boiled, di Jonathan Lethem ho provato anche il romanzo dalle atmosfere fantascientifiche Ragazza con paesaggio. Più che di alieni, è sempre di uomini che comunque scrive e racconta Lethem, ma dimostra ancora una volta di saperci proprio fare con la scrittura, di cavarsela egregiamente con l'arte di scrivere, le sue regole, i suoi generi.

venerdì 16 dicembre 2011

correre su ruote quadrate


Due incoerenze la cui unione, contro ogni attesa, genera armonia.

Per un approfondimento scientifico, qui.

 

lunedì 5 dicembre 2011

universi paralleli, sogni, fantasie surrealiste

In seguito alla rivoluzione della meccanica quantistica, alla teoria per cui a livello sub-atomico la realtà non è solida e fissa, ma ha una struttura di tipo probabilistica, così che ogni volta che una determinata particella si trova a dover "prendere una decisione" l'universo intero finisce per ramificarsi in più linee spazio-temporali distinte, la letteratura fantascientifica ha finito per produrre e sviluppare il concetto di universo parallelo. 
Così – ci ricorda Roberto Manzocco nel suo saggio – ne La svastica sul sole di Philip K. Dick abbiamo un mondo in cui il Terzo Reich nazista ha vinto la guerra, ne I mondi dell'Impero di Keith Laumer un mondo in cui i neanderthaliani hanno sterminato l'homo sapiens, nel Ciclo degli Ylanè di Harry Harrison una Terra in cui i dinosauri hanno sviluppato l'intelligenza e sono la specie dominante. Anche il mondo dei comics – aggiungo io – non è rimasto insensibile al fascino degli universi paralleli e alternativi: ne sono esempi il crossover Marvel L'Era di Apocalisse, in cui si narra ciò che sarebbe successo se il prof. Xavier fosse morto prima di creare gli X-Men – sostituendo la linea temporale di Terra 616 con quella alternativa di Terra 295, di recente ripresa dalla serie Uncanny X-Force – e la serie Exiles, in cui supereroi Marvel di varie dimensioni – tra cui, per un certo periodo, anche Psylocke –  vigilano sui rapporti tra linee spazio-temporali parallele – un po' come in Lord Kalvan d'Altroquando di H. Beam Piper, ricordato da Manzocco.
Anche nella serie di Dylan Dog non mancano gli albi in cui sono presentate realtà di questo tipo: in Storia di Nessuno e Gente che scompare entrano in azione delle versioni alternative dell'Indagatore dell'Incubo, in L'ultimo uomo sulla Terra e I killer venuti dal buio compare, invece, un Dylan Dog del futuro, o di un possibile futuro.
Oltre alla presenza di universi paralleli, a rendere meno solida la realtà dell'universo dylaniato è l'idea, messa in pratica nella serie a fumetti, che il sogno non costituisca un fenomeno esclusivamente interiore, ma sia alla radice stessa della realtà. Dylan Dog presenta una visione onirica dell'essere che Manzocco accosta a quella del drammaturgo spagnolo Pedro Calderòn de la Barca, autore di La vita è sogno, di Jorge Luis Borges, di Macedonio Fernàndez, autore di No toda es vigilia la de los ojos abiertos, dello psicanalista Ignacio Matte Blanco, che ne L'inconscio come insiemi infiniti distingue tra la logica asimmetrica e aristotelica della coscienza e quella simmetrica peculiare dell'inconscio e dei sogni. Si può continuare l'elenco, ad esempio, ricordando l'idea del filosofo tedesco Schopenhauer, che argomenta «non è forse tutta la vita un sogno? – o piú precisamente: esiste un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, fantasmi ed oggetti reali? L’unico criterio sicuro per distinguere il sogno dalla realtà è in effetti quello affatto empirico del risveglio, col quale in verità il nesso causale fra le circostanze sognate e quelle della vita cosciente viene espressamente e sensibilmente rotto», e poeticamente esprime la similitudine secondo cui «la vita e il sogno sono le pagine di uno stesso libro. La lettura continuata si chiama la vita reale. Ma quando l’ora abituale della lettura (il giorno) è terminata e giunge il tempo del riposo, allora noi spesso seguitiamo ancora pigramente, senza ordine e connessione, a sfogliare ora qua ora là una pagina: ora è una pagina già letta, ora una ancora sconosciuta, ma sempre dello stesso libro. Una pagina letta cosí isolatamente è invero senza connessione con la lettura ordinata: tuttavia non rimane molto indietro a questa, se si pensa che anche il complesso della lettura ordinata comincia e finisce parimenti all’improvviso, e si deve quindi considerare solo come un’unica pagina più lunga. Siamo cosí costretti a concedere ai poeti che la vita è un lungo sogno» (Il mondo come volontà e rappresentazione).
Nella serie a fumetti si realizza, secondo l'autore, una «sovrapposizione tra concezione dei sogni e teoria degli universi paralleli» e la produzione di un infinito novero di mondi possibili, il cui scopo viene riconosciuto nella rappresentazione della fantasia come strategia esistenziale per sfuggire agli orrori della vita reale: «Ho bisogno di un mistero!» – sostiene Dylan Dog ne La bellezza del demonio – «Che cos'è la vita, la mia vita, senza la speranza che un incubo diventi realtà?». La fantasia è la sensibilità superiore e aliena – attrattiva e repulsiva insieme – tipicamente infantile, un pensare il mondo in termini di categorie essenzialmente diverse da quelle adulte che rappresenta uno status gnoseologica privilegiato, un «momento di unità stuporosa più profonda con il reale» perché – secondo le parole di Elémire Zolla – «è nell'esperienza dell'infanzia che nasce la conoscenza senza dualità, la filosofia spinta al di là delle parole» (Lo stupore infantile). Il riferimento più diretto presente in Dylan Dog ad un metodo d'indagine alternativo a quello razionale e ad una apertura verso il mondo onirico e fantastico è probabilmente quello al movimento artistico del surrealismo, citato in più di un'occasione in tavole e copertine della serie, come quella dell'albo Golconda!, in cui il rimando piuttosto esplicito è a Magritte, o come nelle tavole de La clessidra di pietra in cui un personaggio entra nel quadro di Dalì La persistenza della memoria.

sabato 12 novembre 2011

povero cartesio

Dopo le aspre critiche di Newton lette nella sua biografia romanzata finita qualche giorno fa, ora mi imbatto in quelle di uno dei personaggi del romanzo L'archivio di Dalkey, di quel Flann O'Brien autore, tra l'altro, di Una pinta d'inchiostro irlandese  di cui ho già parlato qui. L'oggetto di queste comuni accuse è il povero filosofo e scienziato Cartesio.
Se l'ambiguo sir Isaac attacca lo pseudo-filosofo – così è definito Cartesio – per le sue ipotesi gratuite e per di più pagane sull'universo, il teologo e fisico De Selby creato da O'Brien definisce il francese un fifone per aver chiuso il suo manoscritto di fisica in un cassetto quando era venuto a sapere della condanna di Galilei da parte dell'Inquisizione, e un esempio di fede cieca che corrompe l'intelletto, tanto che, invece del celebre motto cogito ergo sum, avrebbe potuto dire ineptias scripsi, ergo sum
Infine, secondo De Selby, anche la morte di Cartesio è stata ridicola: «per assicurarsi una crosta di pane, accettò di recarsi tre volte a settimana dalla regina Cristina di Svezia, alle cinque del mattino, per darle lezioni di filosofia. Le cinque del mattino a quelle latitudini! Naturalmente non resse». E morì di polmonite. 

giovedì 10 novembre 2011

la parrucca di newton

La biografia romanzata che Jean-Pierre Luminet dedica a sir Isaac "scienziato, alchimista o psicopatico?", recita la copertina – non riesce a convincere fino in fondo, quasi incapace di produrre nel lettore quella volontaria sospensione di incredulità che sola può permettere la godibile fruizione di un testo letterario. E ciò è piuttosto paradossale, trattandosi di una biografia, eppure questa è stata la mia sensazione durante tutta la lettura.
La figura di Newton che è tratteggiata dall'autore è quella piuttosto ambigua di un uomo costantemente in bilico tra il puro e disinteressato ricercatore della Verità migliore amica dell'uomo, più di quanto lo possano essere Platone e Aristotele – e l'avido e irriconoscente ricercatore di gloria, onori e benefici; tra l'unto dal Signore intento a compiere una missione divina che lo fa diretto erede dei profeti del Vecchio Testamento giganti sulle cui spalle lui si erge per vedere più lontano di chiunque – e lo scienziato che si sente come un bambino capriccioso, egoista e fantasioso, che «gioca in riva al mare, felice di trovare di tanto in tanto un ciottolo più levigato o una conchiglia più bella del consueto»; tra il geniale scopritore che la Luna "cade" verso la Terra come una mela dall'albero al suolo e il tiranno della Royal Society, «vecchio leone che instaur[a] nel campo della filosofia naturale un regime di terrore» e che organizza «la sparizione del solo ritratto esistente di Hooke [–  suo rivale in campo scientifico, appena morto, e il cui nome aveva dato alla sua cagnetta ] e di tutti i dispositivi scientifici da lui costruiti». Insomma, un «mostro così pieno di sé, vanitoso, subdolo, bugiardo, instabile, ipocrita e tuttavia circondato da quell'aura da cui eman[a] una luce che è propria solo dei santi... o dei demoni».

«Durante i tre anni trascorsi al Trinity College, Newton non aveva avuto altri maestri oltre a se stesso. Si era imposto un programma di studi che il più esigente dei professori non avrebbe mai osato proporre al suo miglior discepolo. Era arrivato a fare l'inventario delle conoscene e delle scoperte accumulte dall'uomo a partire dalla Creazione, di cui aveva confermato la data, 4004 a.C., ricalcolando una serie di eventi. E soprattutto aveva compilato l'elenco di tutto ciò che non era stato scoperto, di quello che lui, Isaac Newton, doveva ancora scoprire. O, meglio, dimostrare. Di qui il suo odio per Descartes. Non potendo provare la meccanica di questo o quel mistero dell'universo, l'erudito francese lo spiegava avanzando l'ipotesi che gli sembrava più plausibile, finendo poi per considerarla un dato di fatto, una legge naturale. Quello pseudo-filosofo parte dal presupposto che tutti i fenomeni naturali possano essere spiegati attraverso il movimento e la materia. Ipotesi, ipotesi gratuite e soprattutto pagane! Perché la meccanica cartesiana non ha bisogno di Dio per funzionare. Da tutto ciò emana un forte odore di libero pensiero, di ateismo! Newton invece sente di essere stato investito da una missione divina, quella di scoprire, attraverso la filosofia della natura, l'armonia universale stabilita dal Signore, di rivelare "come vadia il cielo" per essere in grado di salirci quando verrà la sua ora».

Newton è presentato come una figura piuttosto ambigua anche nella serie a fumetti della Marvel SHIELD. Gli architetti del domani, scritta da Hickman parallelamente alla sua gestione de I Fantastici Quattro e con le vicende di questi intrecciata.

 

venerdì 4 novembre 2011

kant e l'ornitorinco

More about Kant e l'ornitorincoSpesso, di fronte a un fenomeno sconosciuto, si reagisce per approssimazione: si cerca quel ritaglio di contenuto, già presente nella nostra enciclopedia, che bene o male sembra rendere ragione del fatto nuovo. Un esempio lo troviamo in Marco Polo, che a Giava vede dei rinoceronti. Ma si tratta di animali che lui non ha mai visto. Siccome la sua cultura gli metteva a disposizione la nozione di unicorno, come appunto di quadrupede con un corno sul muso, egli designa quegli animali come unicorni.
L’ornitorinco viene scoperto in Australia a fine Settecento. Nel 1798 un naturalista invia al British Museum la pelle impagliata di un animaletto che i coloni australiani usavano chiamare watermole, duck-mole, o duckbilled platypus. L’animale fa pensare subito al becco di un’anatra innestato sulla testa di un quadrupede e ritenuto opera dei diabolici tassidermisti cinesi, abilissimi nell’innestare, per esempio, una coda di pesce in corpi di scimmia per creare dei mostri sirenoidi. Nel 1800 viene descritto come un animale con triplice natura di pesce, di uccello e di quadrupede e nominato paradoxus perché incategorizzabile. Nel 1802 si vede che l’animale viene a galla per respirare e si pensa a un mammifero, ma non ha ghiandole mammarie con capezzoli ed è oviparo come uccelli e rettili. Nel 1803 si crea la categoria dei monotremi: non sono mammiferi perché non hanno ghiandole mammarie (in realtà vengono scoperte nel 1824, ma sono senza capezzoli, hanno dei pori che secernono latte), non sono uccelli perché non hanno ali, non sono rettili perché sono a sangue caldo e non possono essere neppure pesci. Il dibattito continua e solo nel 1884 si stabilisce che i monotremi sono mammiferi e ovipari.
Il primo tentativo di capire quello che si vede è inquadrare l’esperienza in un sistema categoriale precedente. Ma allo stesso tempo le osservazioni mettono in crisi il quadro categoriale, e allora si cerca di riadattare il quadro. Kant dice che i concetti empirici non possono venire definiti una volta per tutte come i concetti matematici, ma ammettono un primo nucleo intorno al quale poi si raggrumeranno (o si ordineranno armoniosamente) le successive definizioni.
Se lo schema dei concetti empirici è un costrutto che cerca di rendere pensabili gli oggetti e se dei concetti empirici  non si può dare sintesi mai compiuta, perché nell’esperienza si possono scoprire sempre nuove note del concetto, allora gli schemi stessi non potranno che essere revisibili, fallibili, destinati a evolversi nel tempo. Se i concetti puri dell’intelletto potevano costituire una sorta di repertorio intemporale, i concetti empirici non possono che diventare storici, o culturali.
Kant non ha detto questo, ma pare difficile non dirlo se si porta alle sue ultime conseguenze la dottrina dello schematismo. Naturalmente a questo punto anche il trascendentalismo subirà la sua rivoluzione copernicana. La garanzia che le nostre ipotesi siano giuste non sarà più cercata nell’a priori dell’intelletto puro bensì nel consenso, storico, progressivo, temporale, della Comunità. Il trascendentale si storicizza, diventa un accumulo di interpretazioni accettate dopo un processo di discussione, selezione, ripudio.

(da Umberto Eco, Kant e l'ornitorinco

Oppure si può dare il caso che, come ho visto su un'immagine postata da un mio ormai ex-studente su facebook, questa paradossale creatura che è l'ornitorinco derivi da una fusione à la Dragonball tra un'anatra e un castoro. O l'esito di un matrimonio inter-specie.




sabato 17 settembre 2011

frasi senza senso?

Il problema del big-bang, perfezionato dal contributo di conoscenza proveniente dalla ricerca spaziale e tenuti nella dovuta considerazione i casi eccezionali, senza pregiudicare la generalità dei risultati, ammette una verifica critica di quanto viene affermato in proposito e un'adeguata valutazione del peso da attribuire alla presenza dei neutrini, la cui importanza teorica è stata confermata recentemente in modo inequivocabile.

(dal generatore di decine di milioni di frasi senza senso (o no?) contenuto in Bernardini, De Mauro, Contare e raccontare, libro regalatomi ieri)

sabato 20 agosto 2011

la verità è figlia del tempo

L’idea originaria di Gian Lorenzo Bernini per questa scultura (1646-52) era quella di un gruppo raffigurante La Verità svelata dal Tempo (ma egli realizzò solamente la figura della Verità), inteso come rivendicazione della propria professionalità dopo l’umiliazione subita con l’abbattimento del campanile di San Pietro (1646), a indicare, cioè, che il tempo avrebbe dato ragione alla sua idea, al suo progetto.
Non ha invece il senso di una rivendicazione personale l’affermazione di Bacone che la Verità è figlia del Tempo, ma è comunque un motto contro il principio e il potere di un’autorità che, forte del suo peso, pretende di imporre la propria visione, la propria verità.
Anche se forse Galilei non ha mai veramente pronunciato parole analoghe a questo motto baconiano, gliele ha però fatte dire Bertolt Brecht nel suo bellissimo testo teatrale sulla vita dello scienziato
Vita di Galileo, appunto: «La verità è figlia del tempo, non dell'autorità. La nostra ignoranza è infinita: diminuiamola almeno di un millimetro cubo. Perché voler essere adesso tanto intelligenti, se potremo alla fine essere un pochino, un nonnulla meno sciocchi?».

martedì 26 luglio 2011

l'ultimo insegnante di scienze sulla faccia della terra

Okay, ricapitoliamo. Cosa abbiamo imparato oggi? Abbiamo imparato che il tempo non è una costante, che la materia è malleabile e che la gravità... la gravità può essere sfidata. A volte, almeno. Qualche domanda?
Okay, ricordate di leggere i capitoli 3 e 4! Domani parleremo della legge della gravitazione universale di Newton. In altre parole, getteremo cose dal tetto e le vedremo rompersi.
(da Astonishing: Spider-Man & Wolverine 2, settembre 2010, in Astonishing: Spider-Man & Wolverine 1di3, luglio 2011)



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